Chernobyl, suolo svedese ancora contaminato

di Redazione 3

Quando il reattore della centrale nucleare di Chernobyl esplose nel 1986 in quella che era allora la repubblica sovietica dell’Ucraina, elementi radioattivi furono liberati in aria e dispersi oltre l’Unione sovietica, in altre aree dell’Europa orientale e addirittura in alcune zone del Nord America.
A distanza di più di vent’anni da quei tragici eventi, un team di ricercatori della Case Western Reserve University, ha ripercorso il territorio contaminato della Svezia e della Polonia, per studiare la migrazione attraverso il suolo, verso le profondità della terra dei radionuclidi scaturiti dall’incidente di Chernobyl.

Tra i risultati dello studio, uno particolarmente allarmante è costituito dal fatto che nel suolo svedese è stata trovata un’ingente quantità di plutonio ad una profondità che corrispondeva con l’esplosione nucleare, diversamente da quanto registrato in Polonia.
I radionuclidi si trovano nel suolo sia a causa di processi naturali sia come conseguenza di esperimenti o incidenti nucleari.

Gerald Matisoff, presidente del dipartimento di scienze geologiche alla Case Western Reserve Universit, Lauren Vitko e altri ricercatori hanno preso in analisi campioni di terreno in varie località dei due Paesi, misurando la presenza e la localizzazione di cesio (137Cs), plutonio (239, 240Pu) e piombo (210Pbxs).
Dai dati raccolti emerge che la nube radioattiva scaturita dal disastro di Chernobyl ha provocato un maggior rilascio di plutonio in Svezia che non in Polonia.

Uno studio che risale al 2004 aveva individuato proprio nella radioattività cui era stata esposta l’area del Nord della Svezia la causa di un incremento dei tumori.
Attorno alla ricerca si erano sollevate numerose polemiche sull’attendibilità dei dati e della certezza che esistesse effettivamente una relazione tra gli aumentati casi di cancro e l’incidente nucleare di Chernobyl. Questo recente studio sembra però aprire nuovi interrogativi sulle pesanti conseguenze, alcune manifeste, altre meno, provocate da quell’immane tragedia e che, ancora oggi, si avvertono nelle zone colpite e a distanza di centinaia di chilometri dalla Russia.

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