Primo no alla corrida in Spagna, ma la battaglia per salvare i tori è ancora lunga

di Redazione 6

La buona notizia: il Parlamento Regionale della Catalogna ha abolito ieri la corrida con 68 voti a favore, 55 contrari e 9 astenuti, con decorrenza a partire dal 2012. Niente più spargimenti di sangue a Barcellona, ma la battaglia per salvare i tori da una fine così triste è ancora tutta da giocarsi nelle altre regioni della Spagna, nei Paesi dell’America latina, in primis il Messico, e addirittura in insospettabili nazioni come la Francia, dove la fiesta è apprezzata da Sarkozy.

Ma fiesta per chi? Non certo per i tori, che vengono allevati appositamente per morire nell’arena. Scendono in sei a combattere uno scontro dal quale non hanno alcuna speranza di uscire vivi. Ce ne sono due per ogni matador: il tutto ha inizio indebolendo l’animale barbaramente ovvero procurandogli delle ferite con fuoriuscite di sangue, inferte dalle lance dei picadores, ben al sicuro sul cavallo.


La tortura prosegue con i  banderilleros, che feriscono allo stesso modo dei primi il toro, stavolta però utilizzando acuminatissime bandierine con punta d’acciaio. Infine, quando l’animale è già mezzo fritto, il torero cerca di finirlo, dopo volteggi e giravolte varie, con una stoccata nel collo.
Nel caso in cui il torero quel giorno fosse particolarmente magnanimo o incapace, scegliete l’opzione che preferite, il toro verrebbe fatto fuori comunque nel mattatoio. Lo scorso anno sono stati uccisi in questo modo 14 mila tori. E non dimentichiamo che a rimetterci sono spesso anche i cavalli, benché protetti da armature, che vengono infilzati dai tori furenti: solo l’uomo riesce ad aizzare due erbivori l’uno contro l’altro! Che fiesta, eh?

Ma per carità, se animalisti, cittadini un po’ più razionali, e persone sensibili alle sofferenze dei tori osano lamentarsi la risposta è sempre quella: trincerarsi dietro le tradizioni che, diciamolo, hanno stancato non poco e non rappresentano più una scusa valida. Non tutte le tradizioni sono degne di essere tramandate. Non la pensa così, evidentemente, il partito dei popolari di Mariano Rajoy, maggior oppositore del premier Zapatero, che ha avviato una serie di mozioni in diversi parlamenti regionali per dichiarare la fiesta bene di interesse culturale. Ma più che culturale, dovremmo dire economico. Come al solito, dietro allo scudo di tradizioni e culture popolari, si nasconde quella che io chiamo la sindrome del santino in vendita, semplicemente affari sporchi fatti sfruttando credenze, religioni, usi e costumi. A quanto pare la corrida frutterebbe infatti un giro di affari stimato in 1,5 miliardi di euro, dando lavoro a 200 mila persone. Per ogni toro allevato si spendono circa 5 mila euro. Un bel bottino, è questa la vera fiesta: guadagnarci torturando gli animali.

[Fonte: Lastampa]
[Foto: chupacabramania.com]

Commenti (6)

  1. E’ una vergogna che dev’essere eliminata in ogni dove.
    Solo gente malata può provare piacere assistendo all’agonia di un animale innocente. Già è vergognoso uccidere gli animali per mangiarli, figuriamoci solo per divertimento…

    1. hai ragione, non so come facciano le persone a pagare un biglietto per assistere a queste torture… altro che tradizione e bene culturale, tutte scuse, è gente malata!Si trovassero un lavoro vero i matadores tipo andare a coltivare la terra!

  2. I commenti funzionano! Talè! (ma guarda!) XD

    1. si penso di aver risolto, ti ho recuperato dalla spam 🙂

  3. condanna a morte per quei malati di mente …. ho tanto odio per queste cose (porcate) che avolte mi vergogno di essere un umano

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