Emissioni: sotto accusa le grandi navi da carico

di Redazione 1

Le grandi navi da carico che solcano mari e oceani stipate di merci inquinano il doppio di quanto si era stimato precedentemente.
Sono gli allarmanti risultati di un recente studio condotto dagli scienziati del NOOA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e dai ricercatori della University of Colorado e pubblicato dalla rivista Geophysical Research Letters.

Tra tutte le emissioni inquinanti, quella delle navi commerciali è stata finora la meno studiata.
In realtà, le enormi imbarcazioni adibite al trasporto delle merci da una parte all’altra del mondo, inquinano eccome.


La ricerca del NOOA ha esaminato i pennacchi delle emissioni di ben 96 navi, espandendo il campo dell’analisi prima limitato a studi che non consideravano più di tre imbarcazioni per volta.
Uno degli autori principali del rapporto, Daniel Lack, ha sottolineato le responsabilità dei porti nella compilazione della quantità di emissioni delle navi:
I rimorchiatori sono una grande fonte di carbonio che potrebbe essere segnalata poco o non segnalata affatto negli inventari delle emissioni compilati dai porti.
Malgrado come fonti principali di emissioni di fuliggine si annoverino incendi, l’uso di combustibili fossili e la combustione della vegetazione per scopi agricoli, quello delle navi da carico non è affatto un settore di inquinamento da sottovalutare dal momento che lo studio di Lack e del suo team ha evidenziato che per ogni chilometro percorso i rimorchiatori, ad esempio, emettono un grammo di fuliggine.

Le navi prese in considerazione per lo studio sono quelle che hanno percorso le tratte oceaniche, i canali e i porti del Sud-Est degli Stati Uniti e del Texas nel corso del 2006.
Pescherecchi, petroliere, rimorchiatori, traghetti producono 130.000 tonnellate metriche di fuliggine ogni anno, l’1,7% della produzione globale.

Gli autori dello studio stimano che un aumento del traffico marittimo con un conseguente incremento delle emissioni sarebbe deleterio per i cambiamenti climatici già in corso nell’Artico.

Purtroppo, l’era del commercio globale, in cui il mondo non ha più spazio per le identità locali e la varietà geografica dei prodotti, ha avuto come conseguenza un aumento dello scambio di merci tra zone molto distanti.
Un esempio tra tutti: controllate negli scaffali dei supermercati e cercate l’aglio cinese.
La domanda logica da porsi è: abbiamo davvero bisogno di aglio cinese? Vada per i prodotti tipici degli altri Paesi, ma importare quello che già abbiamo è davvero l’ennesimo aiuto gratuito all’aumento delle emissioni nei porti e dell’inquinamento.
Perchè l’inquinamento è solo una questione di economia e finchè l’economia non cambia, potremmo solo stare a guardare gli ennesimi studi che misurano la quantità di emissioni e di stupidità dell’uomo e ancora di più dei suoi governi.

Commenti (1)

  1. Viva I Ristoranti Km Zero!!

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