Specie a rischio estinzione: progetto italiano riabilita le zone umide

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In Europa molte specie vegetali delle zone umide sono a rischio di estinzione. Per questo associazioni e studiosi tentano tutti i modi per salvarle. Un gruppo di lavoro italiano ha collaudato una tecnica che potrebbe rivelarsi un successo nella riabilitazione delle zone agricole a rischio. Le azioni di recupero effettuate fino a questo momento in Italia, con l’obiettivo di conservare una specie rare e minacciate di estinzione, finora hanno avuto successo.

Questa specie è la Cyperus polystachius, una pianta termophilous che cresce nel Mediterraneo e rientra nella lista rossa dell’IUCN che comprende le specie che rischiano l’estinzione, classificata con la sigla CR, ovvero pericolo critico. L’habitat originario di questa specie sono le paludi del Sud Italia, le quali stanno rapidamente scomparendo a causa dell’urbanizzazione selvaggia dei terreni, con le abitazioni e le industrie che prendono il posto dei campi dedicati all’agricoltura.

I due progetti sono stati portati avanti nell’Area portetta di Tor Caldara, a Sud di Roma, e nell’Isola d’Ischia. Nella regione, prima del “drenaggio delle zone umide”, che ha avuto inizio in modo sempre più persistente sin dal 1700, la diffusione di diverse specie di carici e giunchi era comune. Per queste ragioni è stato effettuato un “progetto riabilitativo” successivo ad uno studio di fattibilità, che i ricercatori italiani hanno potuto mettere in pratica grazie all’aiuto del Giardino Botanico di Roma, l’Istituto di Ricerca e Protezione e gli enti locali di conservazione.

In pratica sono state studiate le specie e re-introdotte nel loro contesto. Due nuovi stazioni “ex situ” sono state stabilite, una nell’area protetta di Decima-Malafede, l’altra nei Giardini della Landriana, entrambe entro 40 chilometri dalla fonte originale per evitare la dispersione naturale del “genotipo Tor Caldara”. Inoltre dei semi della prima generazione di piante sono stati raccolti per rinforzare la popolazione esistente.

In assenza di politiche adeguate questo sforzo di conservazione potrebbe essere inefficace per la sopravvivenza a lungo termine della specie soprattutto in eventi climatici sempre più alterati

hanno ammonito i ricercatori in sede di presentazione dei risultati ottenuti.

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