Expo 2015: niente orti, meglio la tecnologia

di Redazione 2

Due anni fa l’Italia vinse il concorso per ottenere l’Expo 2015 grazie al suo progetto verde, basato sul cibo biologico e sul concetto, ribadito spesso sia su queste pagine che da tutti gli ecologisti, della necessità di ritornare alle origini, con l’orto comunitario ed il cibo a chilometro zero. Una volta che la manifestazione è stata ottenuta e sono partiti i progetti però, ecco che i soliti imprenditori senza scrupoli cominciano ad allungare i propri tentacoli per tentare di rovinarlo.

L’idea che il visitatore possa camminare in un orto globale è stata ridotta a qualche esposizione qui e là: in pratica l’orto è stato trasformato in un supermarket. Anzi di più, nel supermarket del futuro, come annunciato dai suoi ideatori. Sembrava strano che imprenditori del commercio mondiale e del cemento potessero lasciar spazio al verde e alla coltivazione locale, e così vogliono trasformare un progetto ecologicamente perfetto in una colata di sabbia e calcestruzzo in cui il cibo ritorna ad essere confezionato, anziché colto dalla terra.

La mia opinione è che vendere l’Expo come un enorme orto botanico è un errore grandissimo. Non stiamo cambiando il progetto, ma il concetto di un’Expo eccessivamente verde non sfonda. Lo dico in termini di comprensione dei Paesi, delle aziende e dei visitatori, che dovranno venire a vedere un evento che nella storia ha sempre significato una finestra sul progresso.

Queste le parole di Giuseppe Sala, manager di Expo 2015 che evidentemente ha messo la faccia su una decisione dietro cui ci sono interessi forti. La protesta del Pd, tra cui i più “scatenati” sono alcuni degli ideatori del concetto che ha portato l’Expo a Milano, è che si vuol svendere ancora una volta lo spazio ai privati, snaturando l’idea iniziale che era talmente apprezzabile da far vincere il concorso all’Italia.

Il progetto iniziale era di far camminare i visitatori tra i campi, ora invece ci saranno serre sparse in modo disordinato, mentre ci si muoverà tra bar, ristoranti, “supermarket del futuro” e tanto tanto cemento. Ovviamente il più arrabbiato di tutti è l’architetto Stefano Boeri, capolista Pd e “padre” del progetto iniziale dell’Expo, che si sfoga in commissione così:

Il nostro era un progetto avanzato, meno costoso di un Expo tradizionale, fatto di capannoni e padiglioni, e capace di lasciare in eredità a Milano il più moderno parco agroalimentare europeo, in grado di attirare investimenti, produrre ricerca e ospitare un grande salone dell’alimentazione in contatto con la fiera di Rho Pero e il mondo della ristorazione milanese. Resta piuttosto il sospetto che una revisione “tecnologica” dell’orto botanico nasconda in realtà l’intenzione di realizzare un Expo con più volumi costruiti, cedendo così, una volta di più, alle aspettative dei privati proprietari dell’area.

Secondo Sala la scelta verde non avrebbe attirato gli investitori, ma se davvero è convinto di quel che dice, perché non l’ha obiettato 2 anni fa, quando ancora la scelta di Milano era in dubbio? La commissione che ha dato all’Italia l’Expo ha scelto un progetto verde, dunque che senso ha dire adesso che non funziona?

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Commenti (2)

  1. da un paese di cialtroni cosa ci si poteva aspettare se non una cialtronata…

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