Volete sapere come sarà l’Italia dopo il nucleare? Guardate il Niger

di Redazione 1

centrale nucleare niger

Berlusconi continua a sostenere che il nucleare è sicuro, ma per avere una fotografia di quella che sarà la situazione ambientale dopo che le centrali nucleari entreranno in funzione, basta dare un’occhiata a quello che avviene oggi in Niger, denuncia Greenpeace.

L’associazione ambientalista, in collaborazione con il laboratorio indipendente Criirad e la rete di ong Rotab, ha effettuato uno studio per valutare la situazione della radioattività ad Arlit e Akokan, le due città del Niger in cui sono presenti le miniere di uranio e le centrali nucleari di Areva, la società francese con cui l’Italia ha stipulato l’accordo per la costruzione delle nostre centrali. Ebbene, tirando le somme, non c’è da dormir sonni tranquilli.

Analizzando l’acqua, l’aria ed il terreno della regione, Greenpeace ha notato livelli di radioattività 500 volte superiori al normale. La prima causa di inquinamento è dovuta al sovrasfruttamento dell’acqua. La centrale, che è lì da 40 anni, ha utilizzato qualcosa come 270 miliardi di litri di acqua per funzionare, contaminando inevitabilmente la falda acquifera. Di qui poi la contaminazione si è espansa ai fiumi, e secondo le stime delle associazioni coinvolte, per far tornare la situazione alla normalità ci vorrà qualche milione di anni.

La situazione dell’aria è altrettanto preoccupante, visto che è 2-3 volte maggiore del normale il livello di radioattività e sono presenti delle polveri sottili che, una volta entrate nei polmoni, favoriscono l’insorgere di problemi alle vie respiratorie, malattie congenite, leucemia e cancro. Nella regione le morti per problemi respiratori sono il doppio rispetto al resto del Paese, a cui si aggiungono i depositi di stoccaggio dei bidoni di rifiuti, spesso lasciati all’aria aperta, i quali contengono un tasso di radioattività 50 volte superiore ai limiti stabiliti dall’Oms.

Si dirà che lì sono presenti anche le miniere che aggravano la situazione. In parte è vero, ma secondo l’ammissione della stessa Areva, le cave non sono responsabili dei tumori, e di certo non si può attribuire a loro il gran numero di rifiuti tossici e, almeno in parte, la contaminazione delle falde acquifere. Non è un caso dopotutto che anche nella stessa Francia le centrali siano costruite in zone molto periferiche con una bassissima densità abitativa, perché in realtà essi sono consapevoli del rischio che queste centrali comportano e che, tra qualche anno, ci ritroveremo anche noi in Italia.

Fonte: [Repubblica]

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