Lo sapevate che i ghepardi sono in via d’estinzione? Ora si cerca di salvarli

di Redazione 2

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Anche se considerati tra gli animali più forti e veloci del mondo, i ghepardi non riescono a sfuggire ad una malattia mortale chiamata amiloide A (AA) o più semplicemente amiloidosi. Purtroppo questa volta non è una notizia curiosa come quella data il mese scorso sul leopardo, ma stiamo parlando di una malattia che colpisce il 70% dei “gatti” in cattività, e reso inutili gli sforzi dell’allevamento. Un nuovo studio riesce a spiegare il modo con cui questa malattia viene trasmessa.

L’amiloidosi (la chiameremo così d’ora in poi per semplificare) assomiglia al morbo della mucca pazza. Come in essa, infatti, c’è un mutamento di una proteina, in questo caso l’amiloide A, che converte le normali proteine in anomale. Queste proteine in animali di grandi dimensioni possono arrivare a danneggiare il fegato o la milza, a differenza del morbo della mucca pazza che colpiva il cervello e il sistema nervoso centrale.
Gli animali spesso muoiono di insufficienza renale e la stima dice che potrebbe colpire tra il 20 e il 70% dei ghepardi in cattività dal 1980.


L’amiloidosi non è causata da un virus o batteri, e non c’è motivo di sospettare che possa diffondersi da animale all’uomo, come una malattia infettiva. Sia la malattia della mucca pazza che della scrapie – una malattia simile che colpisce gli ovini – sembrano essere contagiose. In particolare colpisce quegli esemplari di ghepardi più giovani e tenuti in piccole casse ravvicinate, una constatazione che supporta l’ipotesi di contagio. Ma ancora non si è capito come possano trasmettere la malattia tra di loro, soprattutto perchè vengono poco o per niente in contatto.

Per esaminare potenziali vie di trasmissione, Keiichi Higuchi, un biologo a Shinshu University di Matsumoto, in Giappone, ha isolato e collegato l’amiloidosi da proteine del fegato di animali malati. Dalle proteine, i ricercatori sono stati in grado di sviluppare un segmento fluorescente che, in ulteriori esperimenti, si è visto contenere proteine AA nelle feci dei ghepardi malati. Questo conferma studi precedenti che avevano ipotizzato le feci come un possibile percorso per infezioni simili per le malattie che colpivano cervi e topi. Ma c’è di più, le proteine AA nelle feci hanno indotto una trasmissione più efficace della malattia nei topi che la proteina isolata dal fegato, forse a causa della sua dimensione più ridotta e una maggiore instabilità.

E’ ancora poco chiaro come in cattività i ghepardi entrino in contatto con le feci degli altri. Il team di Higuchi sospetta che questo può accadere quando i micioni leccano le loro pellicce mentre si lavano o quando mangiano cibo che ha toccato il terreno contaminato. Sulla base della loro ricerca, gli studiosi suggeriscono che i giardini zoologici o di riproduzione di colonie in cattività possono limitare la diffusione di amiloidosi AA rimuovendo feci nel più breve tempo possibile, oppure mantenendo l’alimentazione degli animali separata da zone venute a contatto con feci. “Questi risultati forniscono le possibili misure per il salvataggio dei ghepardi dall’estinzione – spiega Higuchi – Ci sono solo circa 12500 ghepardi in vita sul pianeta oggi, in modo che qualsiasi decesso è un colpo per le possibilità di sopravvivenza della specie”.

Sarah Durant, un biologo di conservazione presso la Zoological Society di Londra e la US-based Wildlife Conservation Society, dice che limitare la diffusione di amiloidosi tra gli animali in cattività è una buona strategia. Anche se la malattia è improbabile che incida sulla vita libera dei ghepardi, che se non vivessero in cattività potrebbero aumentare di numero, e salvare la specie nella maniera più naturale.

Commenti (2)

  1. vorrei tanto aiutarvi a proteggere la natura,mi portereste con voi?

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