Inquinamento petrolio, monitoraggio Canale di Sicilia

di Redazione 1

Si torna a parlare di inquinamento da idrocarburi, e dunque di petrolio, nel Canale di Sicilia. Questa volta però in modo positivo e costruttivo. Non si tratta di proroghe o di nuove concessioni per indagini petrolifere ma di un programma di monitoraggio delle correnti marine, il progetto Calypso, finanziato dal Fondo europeo per lo Sviluppo regionale, Cooperazione Territoriale europea 2007-2013, PO Italia Malta 2007-2013.

Il nome Calypso deriva dalla mitologia greca, Calypso era la ninfa figlia del titano Atlante (Oceano) che viveva nell’isola di Ogigia dove naufragò Ulisse durante il suo viaggio verso Itaca. La mitica isola è stata identificata nell’isola maltese di Gozo, in cui si trova la grotta di Calypso. Come la ninfa il progetto europeo vuole controllare una distesa di mare che si trova tra le coste della Sicilia e l’isola di Malta. Il Canale di Sicilia è un sito fortemente compromesso per l’inquinamento da idrocarburi, minacciato dalle trivelle di diverse compagnie di estrazione, come la australiana Audax Energy Ltd. L’installazione di un’antenna Hf-Radar a radiofrequenze, prevista nell’area portuale di Pozzallo, nella provincia di Ragusa, servirà a monitorare le correnti marine di superficie e a rilevare la presenza di idrocarburi, in modo tale da ottimizzare e migliorare i tempi di intervento in caso di sversamenti o di fuoriuscite di idrocarburi.

Il programma Calypso è nato dalla necessità di prevenire i danni ambientali in quest’area del Mediterraneo e di intervenire sui rischi di natura naturale e antropica. Il patto, siglato dalla protezione civile della regione ed il Sicilian focal point, è coordinato da un team di esperti dell’area italo-maltese, tra cui il CNR Istituto per l’Ambiente marino costiero di Capo Granitola, l’Università degli Studi di Palermo, il Polo universitario di Trapani e Catania, l’Università di Malta ed altri enti maltesi e siciliani di tutela ambientale. L’ultimo disastro ambientale lungo le coste del Niger, nel Golfo della Guinea, dovrebbe far riflettere sulla pericolosità dell’oro nero e sulla necessità di trovare fonti di energia alternative al petrolio che, prima o poi, esaurirà i suoi giacimenti.

[Fonti: Ansa; Oceania Research.pdf]

[Photo Credit | Thinkstock]

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