Petrolio, costa di più perché ce n’è sempre meno

di Redazione Commenta

Pensateci un po’: perché i barili di petrolio oggi costano così tanto? E perché le compagnie petrolifere sono arrivate a trivellare dove finora non si sono mai nemmeno sognate di farlo, come le coste italiane che vivono di turismo o il polo Nord? E perché sono arrivate persino a ricavare petrolio dalle sabbie bituminose? La risposta a questa domanda è una sola: il petrolio sta finendo, anche se non ce lo vogliono dire.

Il mondo viaggia ad una media di 75 milioni di barili di petrolio estratti ogni giorno sin dal 2005. Per quanto pensate potremmo andare avanti di questo passo? Per garantire il nostro stile di vita, le compagnie petrolifere hanno estratto finora mille miliardi di barili di petrolio per dare benzina alle auto, elettricità alle nostre case o per creare la plastica. Secondo le stime del Nature Publishing Group che ha pubblicato il suo studio su Nature la scorsa settimana, ci sarebbe ancora sotto i nostri piedi una quantità più o meno uguale di oro nero. Ma ovviamente estrarre il secondo “trilione”, come lo chiamano gli americani, costa molto di più che estrarre il primo.

Basti pensare che non più tardi di 10 anni fa il costo del barile di petrolio raddoppiò, sfondando la soglia dei 100 dollari al barile, in seguito al crollo delle Torri Gemelle e alle guerre in Afghanistan e Iraq. Ora entrambe le guerre sono finite, Ground Zero è stato assorbito, ma dopo essere scesi sotto quella soglia, oggi viaggiamo tranquillamente di nuovo sopra i 100 dollari. Eppure non ci sono le stesse cause di prima.

David King e James Murray, economisti rispettivamente delle Università di Oxford e Seattle, affermano che non è che manchi il petrolio, ma manca petrolio a basso costo. Ciò significa che per poter mantenere il nostro attuale stile di vita (senza contare il boom economico di Cina e India) per estrarre il petrolio si pagheranno prezzi più alti, con disagi ambientali ancora maggiori visto che lì dove era facile estrarlo ormai non ce n’è quasi più.

Secondo gli economisti il mondo Occidentale ha già preso dei provvedimenti, visto che grazie alla maggiore efficienza energetica ed ai sistemi di lavorazione, Stati Uniti ed Europa sono riuscite a dimezzare il loro fabbisogno di petrolio rispetto agli anni ’80. Il problema è che non si può dire lo stesso dei Paesi emergenti visto che, secondo i loro dati, Cina e India consumano oggi tanto petrolio quanto ne consumavano Germania e Giappone nel 1981.

Il dato che fa capire meglio la situazione lo forniscono sugli USA. In America nel 2011 si è utilizzata più o meno la stessa quantità di petrolio utilizzata nel 2010. Ma agli americani la stessa quantità è costata circa 100 miliardi di dollari in più. Non di certo spiccioli. Per questo la loro richiesta è che siano le Nazioni Unite a prendere in mano la situazione e redigere dei piani per uscire da questa crisi energetica per un “programma d’urto” che se iniziasse oggi avrebbe una ventina d’anni di tempo prima che le produzioni di petrolio vadano a picco e ci farebbero ritrovare, da un giorno all’altro, senza più energia.

[Fonte: Livescience]

Photo Credits | Thinkstock

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