Referendum trivellazioni in mare, la mappa di Legambiente

di Redazione 1

Si avvicina il referendum sulle trivellazioni in mare in programma per domenica 17 aprile. Legambiente ha preparato una mappa riassuntiva delle piattaforme e dei permessi nei mari italiani.

Referendum trivellazioni in mare
Manca ormai meno di un mese al referendum che domenica 17 aprile 2016 chiamerà circa 50 milioni di italiani a pronunciarsi sul tema delle trivellazioni in mare entro le 12 miglia nautiche dalla costa. Il quesito referendario in particolare riguarda la norma che permette di prolungare la durata delle concessioni già in essere fino all’esaurimento del giacimento.

Il referendum del 17 aprile

Le regole che disciplinano l’estrazione di gas ed idrocarburi in aree vicine alla costa sono state modificate in alcuni aspetti dalla legge n.208 del 2015, meglio nota come Legge di Stabilità. Al comma 239 dell’articolo 1 la legge stabilisce il divieto di estrazione in tutte le zone di mare poste entro dodici miglia dalla linea di costa andando in questo modo a cambiare il precedente quadro normativo che prevedeva, entro certe condizioni, lo sfruttamento di giacimenti anche entro questa fascia. Lo stesso comma introduce anche un quadro transitorio per le concessioni già in essere stabilendo che queste vengano automaticamente estese fino all’esaurimento del giacimento. Al successivo comma 240 in riferimento allo sfruttamento dei giacimenti in mare vengono invece fissate durate di 6 anni per la ricerca e di 30 anni per lo sfruttamento (eventualmente prorogabili).

Si è così creato un regime giuridico particolare per le aree di mare entro le 12 miglia che da un lato sono oggi escluse da ogni nuova attività di estrazione di gas ed idrocarburi, e dall’altro però vedono le concessioni esistenti prolungabili fino ad una data indefinita (l’esaurimento del giacimento). Come si può intuire è proprio quest’ultimo aspetto ad aver destato le maggiori critiche dei movimenti ambientalisti preoccupati dell’impatto delle trivellazioni in mare sul fragile ecosistema costiero e dell’assenza di vincoli temporali certi per le concessioni esistenti.

Il referendum del 17 aprile chiederà proprio l’abolizione del comma 139 della legge di stabilità nella parte in cui estende la durata delle concessioni entro le 12 miglia. In altri termini gli italiani dovranno decidere se rimuovere dal testo la frase: «per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale».

Al “referendum sulle trivelle” del 17 aprile si è giunti attraverso un percorso molto accidentato che prevedeva inizialmente sei diversi quesiti poi in parte neutralizzati da nuove norme approvate dal Parlamento. Il quesito sulle trivellazioni in mare è l’unico ad essere rimasto in piedi ed è stato dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale lo scorso gennaio. Singolare è anche il fatto che per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana si arrivi ad un referendum abrogativo senza una raccolta di firme popolare; il referendum è stato infatti indetto su richiesta dei consigli regionali di Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto in conformità che le previsioni della Costituzione che richiedono l’approvazione della richiesta da parte di almeno 5 consigli regionali.

La mappa delle trivellazioni in mare

Legambiente è tra le organizzazioni ambientaliste che più si è spesa nella battaglia contro le trivellazioni in mare ed a favore del referendum abrogativo. Per aiutare i cittadini ad una scelta di voto consapevole, l’associazione ha pubblicato sul proprio sito la “La mappa delle piattaforme e dei permessi di ricerca entro le 12 miglia marine in Italia”, un documento che illustra anche in forma grafica la distribuzione e l’entità dei permessi di estrazione e di ricerca di gas ed idrocarburi nella fascia costiera delle 12 miglia.

Secondo lo studio di Legambiente sono in totale 35 le concessioni esistenti in Italia nella fascia di mare compresa tra la linea di costa e le 12 miglia marine. Di queste 3 sono inattive, 1 è sospesa e 5 non sono più produttive. Delle restanti 26 concessioni ancora attive 9 sono sono scadute o in scadenza e le restanti 17 scadranno tra il 2017 e il 2027. In caso di vittoria del si al referendum, le concessioni già scadute non potranno essere prorogate mentre quelle ancora non scadute resteranno pienamente valide fino alla scadenza naturale della connessione stessa. In caso di vittoria del no invece sia le concessioni scadute di recente che quelle ancora non scadute potranno essere prorogate fino all’esaurimento del giacimento.

Alle 26 concessioni attive corrispondono attualmente un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi. La distribuzione di queste attività coinvolge in varia misura l’alto Adriatico (47 piattaforme), il medio Adriatico (22 piattaforme), lo Ionio (5 piattaforme) ed il Canale di Sicilia (5 piattaforme).

Legambiente stima che le piattaforme interessate dal referendum producano attualmente circa il 27% del gas e il 9% del greggio estratti in Italia. Tuttavia se raffrontati al consumo nazionale il contributo di questi impianti è molto modesto dell’ordine del 3% per il gas ed addirittura dello 0,95% per il petrolio. A fronte di ciò, spiega sempre Legambiente, la presenza di trivellazioni in mare nella fascia delle 12 miglia espone l’ecosistema marino e terrestre delle nostre coste ad elevati rischi ambientali ed allontana il paese dagli obiettivi di riduzione delle fonti fossili discussi anche alla recente conferenza su clima di Parigi. La fase di estrazione può infatti comportare il rilascio di oli, greggio, metalli pesanti o altre sostanze inquinanti i cui effetti vengono amplificati dalla natura “chiusa” dei nostri mari. Un fattore di rischio temporalmente prolungato quindi, per l’ambiente costiero italiano con ricadute potenziali anche sul turismo e sulla pesca.

Photo | Thinkstock

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