Riscaldamento globale, clima ed emissioni; allarmanti i dati NOAA sul 2015

di Redazione Commenta

Effetti del riscaldamento globale che si traducono i temperature record, riscaldamento dei mari e scioglimento dei ghiacciai. Ma anche fenomeni meteorologici sempre più intensi ed emissioni in crescita. Un tremendo 2015 nei dati NOAA.

Riscaldamento globale 2015 NOAA
Solo alcuni giorni fa avevamo riportato i dati aggiornati della NASA che vedono il primo semestre del 2016 come il più caldo mai registrato da quando si effettuano misurazioni sistematiche. Sempre dati GISS/NASA considerano il 2015 come l’anno più caldo a partire dal 1880 ovvero da quando sono disponibili rilevazioni consistenti. A breve distanza arrivano ora i dati di un’altra agenzia federale statunitense. La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) ha infatti pubblicato il rapporto State of the Climate 2015 da cui emerge un quadro decisamente allarmante non solo quanto concerne il riscaldamento globale ma anche per i suoi effetti sui mari, sui ghiacciai e sul clima. Sullo sfondo l’irrisolto problema delle emissioni inquinanti che sempre nel 2015 hanno raggiunto nuovi picchi.

Riscaldamento globale ed effetti locali

Il rapporto curato dal NOAA si basa sul contributo di oltre 450 ricercatori di 62 paesi del mondo e descrive in maniera dettagliata gli aspetti climatici e meteorologici che hanno caratterizzato il 2015. Come è ormai chiaro lo scorso anno si è caratterizzato per temperature medie decisamente al di sopra dei valori di riferimento in gran parte del pianeta. Questo preoccupante fenomeno ha interessato soprattutto l’emisfero boreale con temperature medie che in molte regioni sono state fino a 4 gradi superiore alle medie del periodo 1981 – 2010. Nord America, Russia ed Europa in particolare sono state le grandi regioni più influenzate dal fenomeno che comunque si è manifestato con minore intensità anche nell’emisfero australe.

Lo studio del NOAA spiega che l’anomalia termica del 2015 è il risultato della combinazione tra gli effetti di lungo termine innescati dal riscaldamento globale e la intensa riattivazione de El Niño. Proprio la presenza della corrente de El Niño è stata probabilmente la causa principale di temperature molto elevate nel Pacifico tropicale.

Ma a prescindere dalle specificità del 2015, il rapporto evidenzia come 14 dei 15 anni più caldi mai registrati dal 1880 in poi si siano verificato a partire dal 2000. Unica eccezione il 1998, altro anno caratterizzato da forte attività de El Niño. A partire dal 2000 quindi è possibile evidenziare una tendenza all’aumento della temperatura come fenomeno generale e continuato.

Livello degli oceani più alto di 7 cm

Così come la terra, anche gli oceani hanno registrato nel 2015 temperature superiori ai livelli di riferimento. Ma in questo ambito è forse ancora più eccezionale il dato sul livello medio dei mari che nello scorso anno è stato di ben 7 cm più alto rispetto al 1993. Si tratta anche in questo caso di un record assoluto da quando esistono rilevazioni satellitari di questo genere.

Sul risultato globale hanno inciso fenomeni locali come il Pacific Decadal Oscillation ed El Niño. Non a caso in questo senso sono proprio le zone equatoriali e tropicali del Pacifico ad aver registrato le variazioni di livello più intense rispetto ai valori medi del periodo 1993-2014. Innalzamenti fino a 20 cm hanno caratterizzato gran parte del Pacifico equatoriale mentre abbassamenti fino a 20 cm si sono registrati nell’est del Pacifico tropicale.

Riscaldamento globale ed effetti temporanei si sono manifestati anche sotto forma di accumulo di calore negli oceani. Anzi, spiega il rapporto NOAA, il 90% del riscaldamento climatico della Terra si concentra proprio negli oceani. Il 2015 ha segnato nuovi record in termini di energia termica accumulate nelle acque oceaniche rispetto ai valori medi. L’incremento è stato più marcato per le acque superficiali (fino a 700 m di profondità) anche per effetto di correnti come El Niño. Valori in crescita comunque anche nelle acque profonde (da 700 a 2000 m) che non essendo influenzate dai fenomeni superficiali costituiscono un buon indicatore di lungo termine.

Le emissioni di CO2 influenzano il riscaldamento globale

Alla fine dello scorso anno la conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (COP21) ha fissato come obiettivo quello di limitare entro i 2°C l’innalzamento della temperatura media rispetto all’era pre-industriale. A otto mesi di distanza lo storico accordo è rimasto sostanzialmente solo sulla carta con molti problemi di non semplice soluzione che si interpongono alla sua applicazione.

Proprio il 2015, riporta ancora il rapporto NOAA, ha visto la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera raggiungere nuovi limiti. Secondo le stime la concentrazione di CO2 ha raggiunto le 399,4 parti per milione segnando un nuovo record assoluto nelle medie annuali. Una media di 400,8 parti per milione è stata registrata nell’osservatorio di Mauna Loa nelle Hawai segnando il superamento della soglia simbolica delle 400 ppm. Nel 1958 lo stesso osservatorio registrava solo 315 ppm.

A partire dalla rivoluzione industriale la presenza di anidride carbonica nell’atmosfera è aumentata del 40%. Tale incremento è concentrato soprattutto negli ultimi decenni; dal 1958 in poi le emissioni dovute all’uso di combustibili fossili sono aumentate di quattro volte. Questo meccanismo alla base del ben noto effetto serra resta causa principale ed irrisolta dei complessi fenomeni che vanno sotto la sigla di riscaldamento globale.

Un clima sempre più estremo

Nel rapporto State of the Climate 2015 ampio spazio viene dato anche ai dati sul clima. Tra le molte cifre sono da sottolineare tre dati in particolare:

  • Rispetto all’8% del 2014, le aree della Terra afflitte da grave siccità sono aumentate fino al 14%.
  • I ghiacciai montani, altro parametro di riferimento per il clima, hanno registrato il 36 anno consecutivo di flessione in termini di consistenza.
  • Le giornate annuali di caldo intenso sono aumentati fino ad un massimo di 30 in vaste regioni dell’Europa, della Cina, del Nord America e dell’Australia.

Photo Credits | NOAA Climate.gov

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