Sito Caffaro a Brescia, più inquinamento che a Taranto e niente misure protettive

di Redazione 1

Scoppia la polemica dei comitati cittadini di Brescia per il sito inquinato Caffaro: nelle zone vicine più inquinamento che nel quartiere Tamburi di Taranto, ma le misure protettive latitano e i bambini giocano tranquillamente in aree che altrove sarebbero state chiuse a qualunque accesso.

brescia caffaro inquinamento tarantoI comitati cittadini a Brescia accusano il sindaco Del Bono: nelle zone contaminate dalla chimica Caffaro l’inquinamento per diossine e Pcb è molto superiore a quello registrato al quartiere Tamburi di Taranto, la zona nelle immediate vicinanze dell’Ilva, eppure la popolazione non è tutelata e i bambini possono tranquillamente giocare nelle aree, a patto di sottostare ad alcuni risibili divieti come quello di asportare la terra.

Vediamo i dati relativi all’inquinamento vicino il sito Caffaro a Brescia e quelli per il quartiere Tamburi a Taranto: per le diossine si registrano vicino all’Ilva (soprassediamo sulle infinite battaglie sulle rilevazioni) 24,12 ngTEQ/kg, e le aree verdi sono vietate dal Comune. Vicino al sito Caffaro a Brescia la quantità di diossine registrata è di 80,8 ngTEQ/kg, quindi quasi il quadruplo rispetto a Taranto, ma non esiste alcun divieto per la salvaguardia della salute dei cittadini in queste aree, oltre ad alcune limitazioni quale il già citato divieto di rimuovere terreno oppure scavare nelle aree inquinate. Per quanto riguarda il pericoloso Pcb a Taranto, quartiere Tamburi, si rilevano 0,283 microgrammi di Pcb/Kg, mentre a Brescia nelle aree in cui si misurano 0,400 mg di Pcb/Kg, ci si può aggirare tranquillamente anche in compagnia di bambini. Naturalmente a Taranto la situazione è estremamente grave anche per tanti altri motivi (si pensi alle scuole nel quartiere Tamburi, a titolo di esempio). Ciò non toglie che il differente approccio normativo a questi dati relativi all’inquinamento ha più che giustamente fatto allarmare i cittadini di Brescia: la denuncia in particolare è giunta da diversi comitati ambientalisti, da Medicina democratica e da Sos Scuola.

La rabbia dei comitati è rivolta in particolar modo al sindaco targato PD, Emilio Del Bono, che poco dopo essersi insediato ha emanato un’ordinanza che dava accesso libero alle zone con le concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti previsti dalla legge, che in precedenza erano invece vietate con ordinanze reiterate ogni sei mesi. Cosa dice la legge? Che per l’inquinamento dei suoli le soglie massime tollerate di Pcb e diossine sono 0,06 mg/kg e 10 ngTEQ/kg (contro 0,4 mg/kg e 80,8 ngTEQ/kg rilevati in alcune zone di Brescia vicine al sito inquinato nazionale Caffaro). Dopo che per decenni la chimica Caffaro ha riempito l’ambiente di agenti cancerogeni certi, abbiamo una suddivisione decisa dall’ASL in varie aree, tra cui la zona rossa dove qualsiasi accesso è vietato, e la zona gialla dove invece non esiste il divieto se non alcune minime limitazioni, e dove tuttavia – come testimoniano i dati riportati – la situazione è tutt’altro che nella norma. Gli stessi comitati attaccando il sindaco Del Bono hanno dichiarato: “A Taranto la legge che dovrebbe valere su tutto il territorio nazionale è stata applicata, a Brescia no, e a trasgredire in modo così clamoroso sono le istituzioni pubbliche”. Al di là del confronto con la martoriata città pugliese, di certo ci sono tutti i presupposti per far cambiare idea all’amministrazione locale quanto prima.

Photo credits | Marco Assini su Flickr

Commenti (1)

  1. Se volete approfondire l’argomento, vi invito a guardare la conferenza del Prof. Marino Ruzzenenti: il caso Caffaro, storia dell’inquinamento bresciano, ripreso lo scorso luglio https://www.youtube.com/watch?v=Ufzj7716Pno&list=UUJ5qCu6ygXSG7MkBALfnDBQ

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