Stoccaggio CO2, rischi inferiori di quanto si temesse

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La cattura della CO2, una pratica attuata da qualche anno per recuperare l’anidride carbonica emessa dalle centrali elettriche e riporla nelle profondità sotterranee per evitare che finisca nell’atmosfera, non rappresenta una seria minaccia per la salute umana. Prove che confermano questa tesi sono state evidenziate dai ricercatori dell’Università di Edimburgo i quali hanno smontato la teoria secondo la quale conservare la CO2 sotto terra poteva mettere a rischio la vita degli addetti ai lavori.

In particolare i ricercatori hanno calcolato che il rischio di morte per avvelenamento da esposizione a fughe di CO2 è di circa una su 100 milioni, ancor meno delle possibilità di vincere alla lotteria. Gli scienziati dell’Università di Edimburgo hanno studiato i dati storici su queste morti in Italia, ed in particolare in Sicilia, dove il gas naturale filtra dal terreno a causa dell’attività vulcanica.

Hanno così scoperto che il numero dei decessi registrati è stato molto basso, tanto da poter affermare con certezza che i depositi costruiti dagli ingegneri sono ancora più sicuri per lo stoccaggio, rispetto ai depositi naturali, dato che vengono costantemente monitorati, assicurando che non c’è alcun rischio per la popolazione. Inoltre la dott.ssa Jennifer Roberts, una delle autrici dello studio, ha sottolineato che i depositi naturali non sono né segnalati né recintati, eppure hanno causato pochi incidenti. I depositi artificiali lo saranno, e dunque rischi non ce ne dovrebbero essere.

La tecnologia della cattura e dello stoccaggio prevede la raccolta di CO2 in una centrale elettrica o da un sito industriale, la quale viene liquefatta e convogliata nel sito di stoccaggio, dove viene iniettata sotto terra. Il gas viene stoccato nella roccia in pori microscopici e si scioglie poi nelle acque sotterranee. Secondo gli addetti al settore queste tecnologie giocheranno un ruolo importante nei prossimi 50 anni, almeno finché l’energia pulita non si sarà sviluppata abbastanza da poter sostituire le fonti tradizionali che emettono anidride carbonica. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

[Fonte: Sciencedaily]