Acqua pubblica: i miti da sfatare prima del referendum

di Redazione 4

Nel tentativo di convincerci a non andare a votare ai prossimi referendum del 12 e 13 giugno, oltre che smontare il quesito sul nucleare, il Governo ha sguinzagliato i suoi falsi esperti per tentare di far perdere di significato anche il quesito sull’acqua. Anzi, i quesiti (al plurale), visto che ricordiamo che saranno due.

Per far ciò, si sono inventate una serie di storie false sulla questione della privatizzazione, che secondo il Governo comporterà un miglioramento della gestione di un bene così prezioso ed un abbattimento dei costi per i cittadini. Tutto falso, e a dimostrarlo è questa mattina Altraeconomia che ha pubblicato uno studio in cui dimostra come è possibile sfatare tutti i falsi miti messi in circolazione in questi giorni sull’acqua. Continuate a leggere per scoprire quali.

L’aspetto più curioso, che sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, riguarda il falso mito dell’efficienza. Secondo il Governo, gli acquedotti pubblici sono dei colabrodo e, se affidati ai privati, ridurranno le perdite per una gestione migliore delle tubazioni. Ebbene, secondo uno studio effettuato da Mediobanca, non di certo da un gruppo di ambientalisti-fondamentalisti, l’acquedotto italiano peggiore, in quanto a dispersione, è quello di Roma che, guardacaso, è una S.p.A., gestita dai privati. Evidentemente qui la privatizzazione non ha funzionato tanto bene.

La legge Ronchi che privatizza l’acqua in pratica sta avviando un regime di libera concorrenza in un settore che la libera concorrenza non può averla in quanto fognature, acquedotti e impianti di depurazione sono “monopoli naturali” spettanti al Governo di una nazione, in cui non può esserci concorrenza.

Come per il nucleare poi, anche sull’acqua ci vogliono far credere che il referendum è vuoto in quanto appena 7 dei 114 gestori che entrerebbero nel mercato dell’acqua sono privati. In realtà se 7 gestori sono effettivamente al 100% privati, quasi tutti gli altri sono misti privato-pubblico, ed anche le società pubbliche sono gestite in modo privato attraverso le S.p.A.

Ma il punto su cui si insiste più di tutti è sempre il più sensibile: il portafoglio. Di fronte alla teoria che affidare la gestione di questi servizi ai privati significa che i cittadini pagheranno meno bollette, si spera che la gente si convinca che conviene far diventare l’acqua privata. Naturalmente anche questa è una falsità, forse la più grave di quelle dette finora, smentita persino dal Ministro Prestigiacomo che qualche mese fa, era il settembre 2010, ammise

il calcolo della tariffa è poco trasparente.

In effetti, al momento, non si sa ancora quanto toccherà sborsare ai cittadini se la gestione degli acquedotti diventasse privata. Ciò che si sa è che non è vero che pagheranno meno in bolletta per un semplice motivo: gli investimenti che finora venivano effettuati per rimodernare e gestire questi impianti erano coperti dalle tasse. Diventando privati, le tasse andranno a coprire una minima parte, o in molti casi nemmeno quella, dei costi. In questo caso le possibilità sono due: o i gestori dovranno sborsare grosse cifre per continuare la gestione congrua degli impianti, ma non potendoci rimettere di tasca loro, aumenteranno i costi in bolletta, oppure li lasceranno bloccati o addirittura potrebbero abbassarli, ma in questo caso non si investirà più un euro nei progetti di miglioramento, correndo il rischio di sfasciare definitivamente il giocattolo. Per questo è molto importante recarsi alle urne domenica o lunedì prossimi ed essere consapevoli di cosa si sta andando a votare.

No alla privatizzazione dell’acqua, raccolte un milione di firme per referendum
Referendum acqua pubblica e nucleare, ammissibili per la Corte Costituzionale
Depositati oggi i quesiti referendari per l’acqua pubblica

[Fonte: Altraeconomia]

Commenti (4)

  1. Troppo facile dire “secondo uno studio effettuato da Mediobanca, non di certo da un gruppo di ambientalisti-fondamentalisti, l’acquedotto italiano peggiore, in quanto a dispersione, è quello di Roma che, guardacaso, è una S.p.A., gestita dai privati”, senza fornire alcun dato a riguardo.

    1. Le perdite misurano l’efficienza della rete idrica; esse sono calcolabili dalla
      differenza tra l’acqua immessa in rete e quella fatturata, indicando la dispersione
      che si verifica nelle varie fasi che vanno dall’adduzione all’erogazione ai clienti
      finali. A parità di condizioni, una rete vecchia ha maggiori perdite, mentre i lavori
      di controllo e manutenzione aiutano a contenerne il livello. Si tratta di un indicatore
      che va letto anche alla luce di altri fattori, come ad esempio la morfologia del
      territorio: una rete di adduzione che va in profondità subisce maggiori perdite
      rispetto ad una rete più superficiale, così come une rete di distribuzione molto
      capillare ne ha più di una concentrata presso poche utenze.
      L’analisi delle società qui esaminate evidenzia livelli di perdite molto diversi:
      ACEA e ASM Brescia presentano le percentuali massime, superiori al 30%,

  2. Azionisti di ACEA (società che gestisce l’acquedotto di Roma – secondo Repubblica)

    * Comune di Roma – 51%
    * GDF Suez S.A. – 11,525%
    * Francesco Gaetano Caltagirone – 15,026%
    * Mercato – 22,459%

    Questo significa che se nell’assemblea degli azionisti coloro che rappresentano il Comune di Roma hanno un voto unanime, allora questi nominano il consiglio di amministrazione i.e. non è una società gestita da privati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.