La Cina Olimpica era più inquinata di quello che ci hanno fatto credere

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Alla fine delle Olimpiadi, Pechino ha ricevuto la medaglia del bilancio ambientale. Ma appena i riflettori del mondo si sono spenti, l’inquinamento atmosferico della città ha ripreso a spingere nuovamente verso pericolosi livelli. Due nuovi rapporti sottolineano che l’inquinamento durante i Giochi è stato nascosto da misurazioni scarse e più attenuate grazie ad un massiccio intervento del Governo.

Mentre i livelli di inquinamento sembravano raggiungere un livello storicamente basso per Pechino, l’aria era effettivamente 3,5 volte peggio di quello di città come che di recente hanno ospitato le Olimpiadi come Atene, Atlanta e Sydney, e spesso superiori a quanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene sicuro.

Una relazione di Steve Andrews, pubblicata dal Wilson Center, ribadisce che la Cina ha fatto una campagna di disinformazione pubblica sull’inquinamento, sulle polveri sottili inquinanti, sul PM 2,5 e l’ozono. Pechino e altre città cinesi si basano su un indice di inquinamento dell’aria (API) in cui un punteggio di 100 o inferiore indica la qualità dell’aria, come “buona”. Durante i giorni di eventi olimpici a Pechino e nei 274 giorni del 2008 la qualità dell’aria era considerata ottima.

Tuttavia, un altro studio condotto da ricercatori provenienti dall’Oregon State University e dall’Università di Pechino hanno ritenuto che il PM 10 (particelle con un diametro di 10 micron, circa un settimo della larghezza di un capello umano), hanno superato i livelli che l’OMS ritiene sicuri per circa l’81% di quei giorni. Nel frattempo, l’inquinamento delle particelle fini (PM 2,5) ha superato il valore del 100% nello stesso periodo.

L’inquinamento olimpico di Pechino ha superato in media da due a quattro volte quello di Los Angeles, Atene, Atlanta e Sydney. Per ripulire l’aria, la Cina ha speso 20 miliardi di dollari per tentare di vietare l’ingresso nella città agli automezzi, fermare la maggior parte delle costruzioni e chiudere decine di fabbriche, per abbassare improvvisamento l’inquinamento.

Secondo lo studio, le condizioni meteorologiche, come la pioggia e forti venti da nord e nord-ovest, hanno rappresentato per il 40% la variazione delle concentrazioni di PM 10, mentre la lotta contro l’inquinamento ha rappresentato solo il 16%. Ma le condizioni meteorologiche non sono state semplicemente un atto divino, ma a Pechino sono stati chiamati funzionari che sparassero delle nubi finte con dei cannoni simili a quelli che sparano la neve per portare la pioggia anche in piena estate.

Secondo Andrews, l’indice API è stato mantenuto forzatamente a quota 100 o poco meno, così da far passare un giorno inquinato in un giorno con il “cielo blu”. Inoltre il rilevamento dell’aria veniva effettuato con stazioni di campionamento in aree meno trafficate.

L’esperimento folle della Cina ha dimostrato comunque che, anche se drastiche, le misure temporanee non possono compensare sul lungo termine l’inquinamento, gestendone la riduzione. Ad ogni modo, sono stati fatti degli sforzi per migliorare l’informazione e la trasparenza, adottando un nuovo indice che misura i dati delle città cinesi e  per divulgare informazioni in materia ambientale.

La Piti, l’istituito ambientale incaricato, ha raccolto dati di 113 città. Solo quattro di esse hanno raggiunto un punteggio di 60 su 100, mentre tutte le altre avevano una media di soli 30 punti. La Capitale Pechino ha raggiunto un punteggio di solo 49,1. E per fortuna che le Olimpiadi sono già passate.

Fonte: [Treehugger]

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