Compostaggio e biodegradabile, quando le parole ci fanno sentire un falso senso della responsabilità

di Redazione 3

compostaggio

Stanno diventando sempre più diffuse, e se passate da un ristorante all’altro ve ne accorgereste. Si tratta dei contenitori con la scritta “biodegradabile”, bicchieri di plastica e di cibo usa e getta. Ma quanto c’è di veramente ecologico in loro? Perché dovremmo essere contro lo spreco di plastica usa e getta un po’ più verde? Perché se queste materie plastiche biodegradabili non sono accompagnate dalla possibilità di recuperarle, stiamo rafforzando un falso senso di responsabilità, facendoci credere che stiamo facendo del bene all’ambiente mentre in realtà non è così.

Se l’infrastruttura di compostaggio non è nel posto dove si recuperano i bio-materiali, in pratica non si ha alcuna differenza con la plastica classica onnipresente e non biodegradabile. Ad esempio, la maggior parte dei bicchieri biodegradabili sono fatti di PLA (acido polilattico) in plastica. PLA è un polimero a base di alti livelli di molecole di acido polilattico. Per decomporsi, è necessario spezzare il polimero con l’aggiunta di acqua (un processo noto come idrolizzazione). Il calore e l’umidità sono necessari perché l’idrolizzazione si verifichi. Quindi, se si butta un bicchiere PLA o una forchetta nella spazzatura, dove non sarà esposto al calore e all’umidità necessaria per la biodegradazione, esso potrebbe rimanere lì per decenni o secoli, proprio come una normale tazza di plastica o una forchetta.

La soluzione a questo dilemma è una prospettiva di più ampia di progettazione. Il progettista che pensa tra passato, presente e futuro, mette su di sé l’onere di utilizzare il materiale in coppia con il recupero. Un grande esempio di questo si è verificato a San Francisco. Alcuni ristoranti servono le loro insalate e bevande in contenitori di PLA. Ma a San Francisco, dove il compostaggio per legge è uno dei servizi forniti dal comune, ognuno dei contenitori PLA ha un’alta probabilità di essere compostato perché il centro di compostaggio in città è presente e obbligatorio. Quante città italiane lo hanno? Ed invece quante vendono prodotti in contenitori biodegradabili? La soluzione al problema dovrebbe essere rendere obbligatoria una centrale di compostaggio almeno in ogni capoluogo di provincia, in modo da non prendere in giro i cittadini che pensano di star facendo del bene all’ambiente.

Ma a cosa servono questi centri di compostaggio? In primo luogo, le infrastrutture permettono di accedere ad altri biomateriali. In secondo luogo, esso incoraggia la transizione responsabile di biomateriali, e stimola lo sviluppo delle necessarie infrastrutture per la fornitura di questi prodotti. Questo ciclo virtuoso è esattamente il tipo di passo che ci porterà a formare un’economia davvero sostenibile.

Fonte: [Treehugger]

Commenti (3)

  1. In effetti troppe aziende sfruttano il tema dell’ecologia.
    A volte basterebbe un sano risciaquo al posto dell’usa e getta.
    A volte basterebbe un po di attenzione per non dover produrre, distruggere per riciclare e quindi produrre con un costo energetico elevato.
    Sarebbe interessante fare una analisi dell’energia spesa nell’intero ciclo del cosidetto biolodegradabile…..

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