Decreto Ambiente Protetto del ministro Galletti, per i Verdi è barbarie

di Redazione 1

A view of the ILVA plant in the southernSi è sentito parlare assai poco del ministro dell’ambiente Galletti in queste settimane, ma dopo aver conosciuto le misure del decreto 91, del decreto Ambiente Protetto, in molti rimpiangono i tempi in cui dal ministro dell’ambiente non giungeva quasi nessuna notizia. Angelo Bonelli dei Verdi parla di barbarie contenuta nel provvedimento. Cerchiamo di capire perché.

Al centro delle critiche al decreto Ambiente protetto del ministro Galletti troviamo la valutazione delle deroghe di sforamento per gli scarichi delle industrie caso per caso. Ambiente protetto – per alcuni no, potremmo dire. Ma prima di parlare delle misure, un paio di precisazioni: il decreto Ambiente, ufficialmente decreto 91, è stato pubblicato in GU e risulta in vigore dal 25 giugno 2014. Senza girarci attorno la problematica principale è insita nella facoltà concessa alle industrie di sforare rispetto ai precedenti parametri stabiliti per legge, con valutazioni che – come accennato – varieranno a seconda dei casi, permettendo uno sforamento rispetto ai passati limiti in proporzione alla capacità produttiva delle industrie.

Risultano molto significative le dichiarazioni, in esplicita antitesi, del ministro Galletti e di Angelo Bonelli dei Verdi. Per quest’ultimo il decreto rappresenta un regalo agli stabilimenti, in particolare ai più grandi, che otterranno un “via libera a inquinare”. Chi potrebbe beneficiare dai provvedimenti del decreto Ambiente protetto? Senz’altro alcune grande industrie. L’Ilva naturalmente, e la centrale di Porto Torres, e il petrolchimico di Gela. Queste realtà ed altre simili sulla carta avranno la possibilità di inquinare di più sulla base della loro capacità produttiva.

Il ministro dell’ambiente Galletti ha risposto alle critiche con le seguenti dichiarazioni

La legge che c’era prima aveva dei limiti che non tenevano conto di dove le aziende scaricavano, perché come assorbimento c’è differenza se si scarica in fiume o se si scarica in mare. Noi, sempre in aderenza alle normative europee, anzi in maniera ancora più restrittiva, abbiamo introdotto questo concetto: l’impatto sull’ambiente si valuta volta per volta, in sede di Autorizzazione ambientale, a seconda del caso.

Ma Bonelli parla di “una vera e propria barbarie”. Chi ha ragione? Vediamo cosa è stato messo nero su bianco. Il passaggio su cui si concentrano le critiche degli ambientalisti è l’articolo 13 del decreto Ambiente che oltre a parlare della semplificazione procedurale per le bonifiche di varie aree, tocca il tema della normativa per gli scarichi inquinanti in mare. In questa sede si permettono dosi di inquinamento superiori ai precedenti limiti (stabiliti nel 2006), per i grandi stabilimenti la cui attività produttiva può essere legata al carbone, all’acciaio, al gas e quant’altro. Si legge nel decreto

le Autorizzazioni integrate ambientali rilasciate per l’esercizio di dette installazioni possono prevedere valori limite di emissione anche più elevati e proporzionati ai livelli di produzione, comunque in conformità ai medesimi documenti europei.

Oltre a questo, modifiche anche sulla disciplina per il risanamento della aree militari, che ora non hanno più come valori di riferimento quelli delle aree verdi residenziali ma quelli dei siti industriali, il che in soldoni significa che i parametri di contaminazione sono stati elevati. Per Galletti questo permetterà di avviare un maggior numero di bonifiche, ma occorre dire che tale spiegazione appare lontana dall’essere esaustiva e convincente.

Concludiamo con la tetra sintesi di Angelo Bonelli in merito all’entrata in vigore del decreto Ambiente Protetto:

Con tre mosse il ministro dell’Ambiente Galletti demolisce il principio che chi inquina paga. E in un colpo solo salva Ilva, la grande industria e i militari.

Photo credits | Getty Images

Commenti (1)

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