L’accordo di Copenaghen rischia di saltare dopo solo un mese

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Appena un mese dopo che i leader del mondo hanno raggiunto un accordo provvisorio e non vincolante in occasione del vertice di Copenaghen, tale accordo sembra già a rischio di fallimento, ha spiegato il principale funzionario delle Nazioni Unite, Yvo de Boer. Di fronte ad una scadenza fissata al 31 gennaio, i principali Paesi non hanno ancora presentato i loro piani per la riduzione delle emissioni di gas serra, una delle principali disposizioni della convenzione, secondo il segretario esecutivo delle Nazioni Unite nella Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, che ha organizzato l’incontro.

Sono circa 20 (su 190) i Paesi hanno anche presentato le lettere dicendo di accettare i termini dell’accordo. E non c’è stato praticamente alcun progresso in merito, che illustra le condizioni di pagamento dei quasi 30 miliardi di dollari per il Fondo promesso a quei Paesi che dovrebbero essere più colpiti dal cambiamento climatico. Le questioni ancora irrisolte sono quanto ogni singolo Paese dovrà donare, dove i soldi andranno e chi supervisionerà il fondo.

Summit di Copenaghen: riassunto del decimo giorno

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Più ci avviciniamo alla fine e più difficile sembra che si trovi un accordo vincolante per ridurre le emissioni e risolvere gli altri problemi ambientali. Mentre il presidente della Commissione Europea sul clima Josè Barroso ha spiegato che di solito questi accordi si trovano all’ultimo minuto, e dunque non bisogna disperare finché il vertice non è concluso, a porre un grosso ostacolo ai negoziati ci si mette oggi la Cina.

Il colosso asiatico, che nei giorni scorsi aveva fatto da mediatore tra Paesi poveri e ricchi, ha reso noto di avere ben poche speranze che si possa trovare un accordo, e così l’unico risultato utile che si può ottenere al momento è

una breve dichiarazione politica di qualche tipo.

Di certo non quello che gli attivisti e gli scienziati si aspettavano alla vigilia. Una “dichiarazione politica” si potrebbe tradurre in una semplice promessa, ciò che i politici sono molto bravi a fare, di ridurre “un giorno” le emissioni. Questo significherebbe doversi aggiornare tra un anno al prossimo COP16 nel tentativo di trovare una soluzione condivisa, dopo aver cercato la soluzione in patria, ma questa pare essere davvero un’àncora di salvezza per un vertice che sta letteralmente affondando.

Summit di Copenaghen: riassunto del terzo giorno

Xie Zhenhua copenhagen

Il congresso di Copenaghen entra nel vivo, ma purtroppo non tanto dei trattati, quanto delle polemiche. Un documento circolato ieri in via non ufficiale ha fatto imbestialire i rappresentanti dei Paesi poveri, che sono arrivati a minacciare di far saltare ogni tipo di accordo e abbandonare i lavori. Questo foglio, che passava di mano in mano tra i delegati europei, andava contro ogni buon proposito della vigilia.

Il primo punto che ha fatto arrabbiare i rappresentanti del G77 riguarda la gestione dell’eventuale nuovo protocollo, il quale non sarebbe più stato gestito dalle Nazioni Unite, bensì dai Paesi industrializzati. La bozza prevedeva inoltre emissioni doppie per i Paesi ricchi rispetto ai poveri ed il fondo per l’adeguamento alle tecnologie pulite non sarebbe più stato gestito dall’Onu, ma dalla Banca Mondiale. Queste tre proposte hanno letteralmente rischiato di far saltare il vertice. Per fortuna, in extremis, l’Europa si è salvata, grazie ad un intervento del responsabile del clima dell’Onu, Yvo De Boer, il quale ha spiegato che non si trattava della proposta definitiva, ma solo di una bozza stilata prima dell’inizio del vertice, e che era stata affidata ai giornalisti solo a titolo “informativo”. Ovviamente non sarà più riproposta, ma intanto la tensione resta.

Le politiche ambientali di Norvegia, Costa Rica e Maldive, le tre nazioni che puntano alle emissioni zero

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Norvegia, Costa Rica e le Maldive sono alle prese con alti costi e ostacoli tecnologici per cercare di combattere il cambiamento climatico, tentando di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra fino allo zero. Le Nazioni Unite stanno lodando il loro obiettivo di “neutralità carbonica“, ma il modello è difficile da imitare, con la sua richiesta di un drastico passaggio all’energia pulita.

Quello che stiamo cercando di fare è di cambiare radicalmente la direzione della loro crescita economica

ha detto Yvo de Boer, capo del segretariato delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Eppure, tutte e tre le piccole nazioni affrontano grossi problemi. Le emissioni di gas serra in Norvegia sono del 7% sotto del valore del 2012 nel quadro del protocollo di Kyoto, mentre le emissioni sono in aumento in Costa Rica, in particolare nel settore dei trasporti.

E le Maldive hanno intenzione di essere una vetrina tropicale per l’energia solare ed eolica nell’Oceano Indiano, staccandosi dalla dipendenza costosa del diesel . Avranno bisogno di una cifra stimata di 1,1 miliardi di investimenti per oltre un decennio per raggiungere tale obiettivo. Le Maldive puntano alle zero emissioni entro il 2020, la Costa Rica al 2021 e la Norvegia nel 2030.

Accordo sul clima, difficile trovarlo prima del 2010

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Un nuovo trattato internazionale per combattere il cambiamento climatico non sarà pronto quando i 40 leader del mondo si incontreranno il mese prossimo a Copenaghen, ma può essere finito l’anno prossimo. A spiegarlo è il più alto funzionario delle Nazioni Unite che si occupa di cambiamenti climatici.

Ciò di cui abbiamo bisogno dopo Copenaghen è un po’ di tempo. Non so quanto tempo a sua volta ci vorrà affinché il linguaggio operativo si traduca in un trattato, questo è ciò che i Governi dovranno decidere

ha spiegato Yvo de Boer, capo del Segretariato delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. De Boer ha detto in una conferenza stampa che l’incontro di Copenaghen potrebbe ancora essere un “punto di svolta” nella lotta a livello mondiale per ridurre le emissioni che contribuiscono al riscaldamento globale, ma che i Governi devono prendere i loro “impegni precisi”. Ha aggiunto che non c’è tempo “per i rifiuti”. De Boer ha parlato al termine di una settimana di colloqui a livello tecnico a Barcellona con 4.000 delegati provenienti da 180 paesi.

G20: sul cambiamento climatico il piatto piange, tutte le soluzioni finanziarie rimandate a dicembre

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Si è concluso ieri pomeriggio il G20 tra i vari ministri dell’economia dei Paesi più ricchi al mondo, senza grosse soluzioni. Bisogna premettere che la finalità dell’incontro era incentrata sulla crisi economica e sulle misure da prendere per uscire dalla recessione, ma tra tutti questi aspetti, doveva essere preso in considerazione anche quello del finanziamento per la lotta ai cambiamenti climatici.

Purtroppo, mentre su tutti gli altri aspetti i 20 ministri hanno dibattuto e si sono confrontati approfonditamente, l’aspetto ambientale è stato come al solito messo da parte, liquidato con un semplice “poi vediamo”. Nei pochi minuti dedicati alla problematica, i rappresentati delle grandi nazioni si sono detti tutti d’accordo sul fatto di discutere una serie di opzioni e di impegnarsi per un finanziamento di tali sforzi, anche in vista del meeting di Copenaghen del mese di dicembre, ma oltre questi buoni propositi non si è andato. La soluzione arriverà in Danimarca (si spera).

De Boer: “Difficilmente il congresso di Copenaghen troverà una soluzione”

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Yvo de Boer, il commissario per il clima delle Nazioni Unite, ha pubblicamente affermato che non c’è modo che un accordo su un vero e proprio trattato sul clima globale possa essere raggiunto nel dicembre prossimo. Una brutta notizia, visto che se non ci crede nemmeno chi questo accordo lo deve guidare, figuriamoci come la penseranno coloro che già sono contro tale accordo.

Secondo Bloomberg, de Boer ha detto che mentre un trattato vincolante sul clima in questo momento è “impossibile”, non tutto è perduto perché qualche progresso può ancora essere fatto:

I delegati provenienti da circa 190 Paesi che si incontreranno nella capitale danese dovrebbero invece concentrarsi su “quattro principali elementi essenziali politici” che comportano riduzioni delle emissioni per i Paesi sviluppati, gli sforzi che devono essere compiuti dai Paesi in via di sviluppo, gli aiuti del clima e della governance.

Queste le parole che de Boer ha annunciato ieri durante una conference call. Gli ultimi dettagli devono essere compilati l’anno prossimo, ha affermato.

De Boer: “il vertice di Bangkok è per ora un fallimento”

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Gli sforzi per convincere le nazioni ricche ad inasprire i tagli alle emissioni non sono riusciti a fare molta strada nei colloqui sul clima nella capitale thailandese, Bangkok. A spiegarlo è stato il portavoce dell’ONU, che ha reso noto che delegati provenienti da circa 180 nazioni, riuniti in Thailandia per cercare di ridurre le differenze sui modi di ampliare e approfondire la lotta contro i cambiamenti climatici, non hanno trovato una soluzione globale al problema.

I colloqui, che si concluderanno il 9 ottobre prossimo, sono l’ultima grande sessione negoziale prima che i ministri dell’ambiente si incontrino a Copenhagen per tentare di sigillare un patto più severo a livello mondiale, per sostituire il protocollo di Kyoto.

I progressi verso la riduzione delle emissioni dei Paesi altamente industrializzati rimane deludente. Non stiamo vedendo progressi reali

ha affermato Yvo de Boer, capo della commissione cambiamenti climatici delle Nazioni Unite.

10 miliardi di dollari, un buon inizio per aiutare il Terzo mondo nella lotta al riscaldamento globale

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Molti dei Paesi più poveri del mondo sono quelli che sentono maggiormente gli effetti del cambiamento climatico. Tre mesi fa questi Governi hanno chiesto alle nazioni più ricche di promettere maggiori impegni finanziari per aiutarli ad adattarsi al riscaldamento globale. Considerando le circostanze storiche che si allineano in questa situazione, direttamente legate alla industrializzazione, non è un’iniziativa sbagliata. A questo punto l’alto funzionario al clima delle Nazioni Unite, Yvo de Boer, ha quantificato la somma che i Paesi ricchi dovranno stanziare. De Boer, secondo la BBC, ha definito che 10 miliardi di dollari (circa 7 miliardi di euro) sono un “buon inizio”. Così ha dichiarato alla televisione britannica:

Questo denaro,  permetterà ai Paesi in via di sviluppo di iniziare la preparazione dei piani nazionali per limitare le proprie emissioni, e per adattarsi ai cambiamenti climatici.

Considerato che la Cina, l’India e il Sud Africa hanno bisogno di circa 200 miliardi di dollari l’anno per la lotta contro i cambiamenti climatici, e che questa sarebbe solo una piccola percentuale del PIL dei Paesi ricchi del mondo, la più bassa cifra di 10 miliardi di dollari, è dunque solo un inizio.

Auto solare completa il primo giro del mondo

Non è stata una casualità, ma per dimostrare l’efficienza degli impianti solari a bordo di un auto, un’invenzione svizzera ha appena ieri completato il suo giro del mondo, scegliendo come ultima tappa proprio Poznan, la città polacca in cui in questi giorni si sta tenendo la conferenza Onu sul clima. E come ultimo passeggero aveva Yvo De Boer, segretario esecutivo dell’Onu e responsabile della convention sul clima.

E’ arrivata con il suo messaggio ecologico, e cioè che l’energia pulita può fermare il riscaldamento globale, soltanto se qualcuno cominciasse a credere in lei. Secondo Louis Palmer uno dei due avventurieri che hanno intrapreso questo tour mondiale, che di mestiere fa l’insegnante, è sicuro che questa tecnologia è pronta per essere immessa sul mercato, è ecologica, economica ed assolutamente realizzabile. Non si capisce come mai i grandi del pianeta continuino a fare finta che essa non esista.