Un po’ come un reporter della National Geographic, il giovane Igor D’India, palermitano di 27 anni, ripercorre a ritroso il letto del fiume Oreto e ci descrive tutto quel che vede lungo il corso d’acqua della sua città durante le diverse stagioni: copertoni, lavatrici, carcasse d’ auto, schiume inquinanti. Come sfondo la natura con i suoi colori, i suoi profumi, piccoli anfibi, tartarughe, anatre, agrumeti e cascate. Il film-documentario dura ben 9 ore e racchiude oltre 40 ore di risalita del lungo fiume. Le riprese sono state girate in quattro momenti dell’anno, dall’autunno del 2010 all’estate del 2011 e ripercorrono quattro tappe del fiume: dallo sbocco sul mar Tirreno a Sant’Erasmo fino a Pioppo, frazione di Monreale.
Come racconta il giovane videomaker
Ho trovato di tutto. Con le carcasse delle auto e i copertoni si potrebbe fare un museo, perché sono davvero pezzi d’epoca. E’ almeno dagli anni Sessanta che la gente lascia qui ogni cosa: mobili, veicoli, elettrodomestici. Molti scaricano sul fiume che é inquinato anche dai concimi chimici e in molti tratti ci sono larghe chiazze gialle e grandi cumuli di schiuma. Ho trovato anche tante siringhe.
La sua avventura è stata motivata da ricordi d’infanzia, quando passava con la mamma sul ponte dell’Oreto
Il mio non è un documentario storico o una inchiesta, ma la mia personale esperienza all’interno del fiume e il rapporto che si è creato tra me e quello che osservavo dall’alto come una fogna a cielo aperto. Ho scoperto in realtà un percorso d’acqua che mi ha insegnato il senso di eternità . Siamo tutti preoccupati di dover salvare il fiume. Ma io, standoci dentro, ho vissuto una situazione di continuità . Il problema non è salvare l’Oreto, ma noi stessi
perché, come spiega l’autore
il fiume è sempre stato là e continuerà a scorrere per sempre, anche millenni dopo la nostra scomparsa e noi stupidamente non ce lo stiamo godendo. Oggi è un non luogo, dove significato e significante non camminano insieme da tempo. Il problema principale purtroppo è la gente che ci vive intorno, che deve essere educata dalle istituzioni a rispettare il fiume, con una lunga opera di convincimento. Solo dopo si potrà parlare di riserva. Alla fine il mio è solo un documento-video che regalo alla comunità .
Tra le speranze vi è quella di far divenire il fiume un museo a cielo aperto. La proposta di Antonio Presti, che raccolse 70.000 firme, da tre anni giace in un cassetto. Chissà se oram con il film-documentario “The Urban adventure” non si prenda in considerazione una riqualificazione dell’intera area e un disegno di legge per ridurre gli scarichi inquinanti nel fiume?
[Fonti: Ansa; Balarm; Palermo 24h]
salve,
complimenti x l’iniziativa. se può servire a qlcs “sicilia da scoprire” è lieta di mettersi a disposizione e di contribuire a salvare il fiume.
a presto
maria