Greenpeace: quinta centrale occupata per protestare contro il g8

di Redazione Commenta

greenpeace-porto-tolleContinua la protesta di Greenpeace, la quale anziché scemare dopo mesi di attivismo, si rinforza ulteriormente in occasione del g8. Ieri sera un gruppo di ambientalisti si è letteralmente “impossessato” della centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord, a Civitavecchia, per mettere pressione ai leader del summit i quali, a detta degli organizzatori, parlano tanto ma concludono poco, e non riusciranno a prendere seri provvedimenti.

Giunti in cima alla centrale, i dimostranti hanno srotolato uno striscione con la scritta “g8: ferma questo“, inteso come il camino della centrale a carbone, uno dei tanti responsabili dell’inquinamento atmosferico non solo dell’Italia, ma anche di tutti i Paesi che vedono i loro leader seduti ad un tavolo a discutere di argomenti di cui conoscono poco.

Secondo Greenpeace l’accordo che riguarderebbe l’ambiente di questo summit, cioè quello per limitare a due gradi Celsius l’innalzamento della temperatura globale è buono solo sulla carta, ma gli 8 leaders non hanno fatto un piano serio, non c’è una strategia comune e, in definitiva, ogni Paese continua ad agire autonomamente come se tutti gli incontri che si sono tenuti negli ultimi anni non fossero serviti a niente.

Non ci sono investimenti, obiettivi, e secondo il direttore di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio:

il G8 non aiuterà a uscire dal vicolo cieco nel quale sono arenati i negoziati sul clima delle Nazioni Unite.

Intanto, nonostante l’intervento della polizia, gli attivisti di Greenpeace continuano a presidiare le centrali di Brindisi, Fusina/Marghera, Porto Tolle, Vado Ligure ormai da ieri. Addirittura dopo alcuni problemi con le forze dell’ordine, la popolazione di Vado Ligure si è schierata in favore di Greenpeace e si è unita alla protesta. Quello che chiede il gruppo ambientalista è un piano collettivo serio, sottoscritto dagli 8 grandi e da estendere poi anche agli altri Paesi, che riguardi obiettivi efficaci da raggiungere a tappe intermedie (2020, 2050, ecc.), e non un generico taglio dell’80% delle emissioni a data da destinarsi, oppure stanziare 106 milioni di dollari senza un impegno concreto. Il tempo è sempre di meno, e i leader mondiali si perdono in cerimonie senza senso.

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