Greenpeace e Legambiente contro la riconversione di Porto Tolle

di Redazione 2

Ipnotizzati dalla parola “carbone pulito“, molti burocrati che di ecologia ci capiscono poco o nulla, pensano che costruire una centrale con quella tecnologia sia favorevole per l’ambiente. Secondo molti politici e sedicenti imprenditori ambientali, esisterebbe un carbone che non si sa da dove viene, e che nella combustione non rilascia anidride carbonica.

Per questo, speriamo in buona fede, da anni l’Enel continua a chiedere al Governo di poter riconvertire la centrale a olio pesante di Porto Tolle (Ro) in centrale a carbone pulito. Dopo 4 anni di pressioni, sembra che il colosso dell’energia abbia ottenuto ciò che voleva, visto che il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha annunciato di voler firmare il decreto di compatibilità ambientale che di fatto autorizza la riconversione.

Dicevamo in buona fede perché, secondo il ministero:

dal punto di vista ambientale, con la riconversione si ottiene una sostanziale riduzione delle emissioni rispetto al passato.

Nulla di più falso, come hanno tentato di fargli capire i volontari di Greenpeace e Legambiente, che forse di inquinamento ne capiscono un po’ di più del Ministero.

Ieri mattina, in occasione della commissione VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale), effettuata al Ministero dell’Ambiente, è stato srotolato un megastriscione di 9 metri con la scritta “no al carbone” firmato dalle due associazioni ambientaliste. Quello che esse rivendicano è la poca informazione che c’è nel Governo in quanto riconvertire la centrale di Porto Tolle a carbone pulito porterebbe più svantaggi che benefici.

Prima di tutto, in termini di inquinamento. Rispetto alle attuali emissioni, una centrale a carbone, seppure pulito, porterebbe un’ulteriore emissione di CO2 di 10 milioni di tonnellate. Questo comporterebbe, in termini politici, un ritardo nell’attuazione del protocollo di Kyoto e degli obiettivi europei al 2020 in quanto anziché diminuire le nostre emissioni, continuiamo ad aumentarle; ma ci andremmo a perdere anche in termini ambientali, visto che la centrale si trova al centro di un parco naturale patrimonio dell’umanità protetto dall’UNESCO, e l’inquinamento, ma anche il passaggio di 3000 chiatte all’anno per portare il carbone, distruggerebbero il paesaggio e il delicato ambiente del delta del Po.

Dopotutto questa energia proveniente dal carbone non è nemmeno così efficiente. Tutte le centrali a carbone presenti in Italia producono solo il 14% di energia elettrica complessiva, ma al contempo producono anche il 30% delle emissioni di anidride carbonica dell’intero settore elettrico. Vien da sè che non è molto efficiente. L’unico interesse per convertire questa, ma anche le future centrali, non è quindi ambientale, ma come al solito economico, per favorire le solite lobby inquinanti.

Commenti (2)

  1. “ La fuorviante battaglia ambientalista alla CO2, continua a produrre danni” !

    Incredibile continuare a dipingere la CO2 come il “demonio” e non riconoscere che l’Italia è il Paese più VIRTUOSO d’Europa (dopo la Francia, che produce il 78% di Elettricità con il Nucleare) in termini di emissioni di CO2.

    Purtroppo, l’infausta “politica” energetica (pseudo-ambientale) dell’ex-Ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio che, in occasione della presentazione a Bruxelles del P.N.A. (Piano Nazionale di Allocazione delle quote di CO2) nel 2008, riuscì nell’infausta azione di convincere la Commissione Ue ad ulteriormente penalizzare il nostro Paese, facendoci ridurre di altri 13 Milioni di tonn. di CO2 le quote già largamente ridotte (rispetto a quanto invece assegnato ad altri “potenti” Paesi Ue: Francia, Germania, U.K., Olanda, ecc..

    La beffa (della assurda strategia “ambientalista”) si concretizza addirittura con effetti “perversi”, quando si tenta di demonizzare le emissioni collegate alla realizzazione dei nuovi e modernissimi impianti – ambientalmente super efficienti – realizzati e/o in itinere (quali ad esempio le Centrali a Carbone di ENEL-Civitavecchia, E.On-Fiumesanto, Tirreno Power-Vado Ligure, Rezia/SEI-Saline Joniche, ENEL-Porto Tolle, ecc.), che permetteranno all’Italia di correggere l’assurdo sbilanciamento del nostro Paese in termini di “Fonti” per la produzione elettrica, a tutto danno della competitività Paese e quindi dell’occupazione e del benessere a casa nostra.

    Quanto sopra è davvero sorprendente e non fa che ulteriormente portare in evidenza l’assurda impostazione ideologica che, sotto le mentite spoglie di un’asserita salvaguardia dell’ambiente, demonizza le emissioni di anidride carbonica e tenta di far apparire la CO2 prodotta dall’attività dell’uomo come responsabile dei supposti “Cambiamenti Climatici”.
    Bisognerebbe invece sapere e dire a chiare lettere che la CO2 non è di fatto un “inquinante” e non produce alcun effetto nocivo, tantomeno a livello locale, ma è alla base della vita sul nostro Pianeta.
    Anche se qualcuno dovesse davvero credere alla “negatività” delle emissioni di CO2, il Protocollo di Kyoto si è comunque chiaramente rivelato come uno strumento inadeguato ad affrontare il concetto della riduzione delle emissioni globali dei “gas ad effetto serra”, tanto più che la sua applicazione continua ad essere marginale e limitata ad una parte dei Paesi (solo Ue!), dove peraltro le tecnologie di impiego dei combustibili sono tra le più avanzate ed efficienti nel mondo.

    Se ci soffermiamo poi ad esaminare l’aspetto dei costi di Kyoto, che molti osservatori riportano come gravoso onere che l’Italia dovrà pagare per l’apparente mancato rispetto dei limiti di emissione di CO2, è opportuno ed importante considerare (e sapere) che ai tedeschi hanno riconosciuto emissioni pro-capite di 14,92 tonn./anno di CO2 contro solo 8,7 tonn./anno a noi italiani! Ma che bravi (a Bruxelles) e di grazia: perché questa discriminazione, se la CO2 NON è dannosa alla salute, tantomeno in ambito locale? La risposta è purtroppo semplice e …sconcertante: “Purtroppo, chi ha negoziato per noi a Bruxelles nel 1998 e successivamente con gli ultimi P.N.A. (2007-2008), si è fatto platealmente gabbare e sulla scia di un “falso ambientalismo” si è fatto concedere un volume di emissioni assolutamente penalizzante per l’Italia e per la competitività del nostro sistema Paese, nonostante noi avessimo la più bassa “intensità energetica”, vale a dire produciamo lo stesso bene consumando meno energia dei nostri concorrenti Ue” e tuttora abbiamo le più basse emissioni pro-capite di CO2, secondi solo alla Francia, perché produce il 78% dell’elettricità con il nucleare!

    Ancora una volta, allora, guardiamo senza pregiudizi fuori dalla nostra finestra e osserviamo cosa avviene nella verde Danimarca a Noordjylland, o in Germania a Niederaussem (Paesi dove le Fonti Rinnovabili hanno avuto un particolare sviluppo), dove è in progetto la realizzazione di nuove e moderne centrali alimentate a carbone; in Germania, peraltro, in un sito che già ospita storici impianti di produzione a carbone per una potenza 4 volte superiore a quella della più grande centrale a Carbone in esercizio in Italia, e dove il turismo e l’agricoltura di qualità convivono egregiamente intorno a questi moderni impianti.

    Quindi la Germania (con circa 81 milioni di abitanti), che emette ogni anno 1.230 milioni di tonnellate di CO2 ed ha il 47% di carbone nel mix energetico, appare già sotto del 2,8% rispetto al “tetto” di emissioni di CO2 loro assegnato (eccedenze di oltre 40 milioni di tonn./anno!), mentre l’Italia (con circa 58 milioni di abitanti), con i propri 520 milioni di tonnellate/anno di CO2 ed il 59% di gas nel mix energetico nazionale, appare in ritardo per circa il 13% rispetto al “tetto” di emissioni di CO2 assegnatoci. Vi sembra che Italia e Germania siano state trattate nello stesso modo? Per non parlare poi della Francia e della Gran Bretagna.

    Opportuno quindi agire perchè all’Italia sia riconosciuto un giusto (equo e proporzionale, come prevederebbero le stesse Leggi e Direttive Ue) livello di quote di emissione, per porre un parziale rimedio alla falla prodotta nello “scafo Italia” dalle improvvide azioni del PNA varato nel 2008, che causerà i suoi effetti negativi per le bollette dei consumatori italiani nel quinquennio 2008-2012, come … “logica” ….(forse per alcuni) conseguenza della nostra virtuosità energetica!

    Rinaldo Sorgenti

  2. La nuova teconologia è affascinante – ci spiega Vanni Destro, esponente del Movimento a cinque stelle rodigino – ed è anche finanziata dall’Unione Europea che ha stanziato 100 milioni proprio per la centrale di Porto Tolle. Tuttavia nel caso specifico si è ancora ben lontani dall’aver risolto il problema: per quanto concerne il deposito, Enel parla genericamente di un “profondo bacino acquifero nel mar Adriatico”, senza averlo non solo individuato, ma nemmeno cominciato a cercare; e anche per quel che riguarda le potenzialità di stoccaggio non c’è da stare molto tranquilli: si calcola che l’impianto produca annualmente 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica, mentre le emissioni catturate ammonterebbero appena a 50.000 tonnellate. Inoltre nel caso si applicassero tecnologie CCS l’efficienza della centrale ne risentirebbe, perdendo circa il 20% della sua potenza”.

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