Ecuador: ambientalisti raccolgono 90 milioni per non far trivellare un’area protetta

di Redazione Commenta

Per soldi si fa tutto, anche vendere le proprie ricchezze al miglior offerente. E’ accaduto in Ecuador, terra in larga parte incontaminata, la quale ospita una delle aree più ricche di biodiversità del pianeta. Ma di fronte alle offerte allettanti delle compagnie petrolifere, il Governo ha ceduto ed ha inizialmente concesso di trivellare l’area del Yasuni National Park, rovinando un paesaggio da fiaba (come è possibile vedere dalla foto). Ma per fortuna non tutto è perduto.

Di fronte alla protesta degli ambientalisti per questo che sarebbe stato un colpo mortale all’ecostistema non solo dell’Ecuador, ma di tutto il Sudamerica, alcune autorità locali europee, star del cinema, fondazioni russe e multinazionali di ogni tipo di sono unite ed hanno avviato una raccolta fondi per superare l’offerta della compagnia petrolifera e lasciare l’area incontaminata. E così in poco tempo hanno raccolto 116 milioni di dollari, quasi 90 milioni di euro, per bloccare i lavori.

Il parco, della grandezza di oltre mille chilometri quadrati, ospita come esseri umani soltanto due tribù indigene che vivono isolate come quelle di migliaia di anni fa. Intorno a loro c’è una popolazione di mammiferi, uccelli, anfibi e specie vegetali, alcune delle quali non esistono in nessun altro posto sul pianeta. Se quei fondi non fossero stati trovati, si calcolava che gran parte di questo parco sarebbe andato distrutto solo dai lavori per l’estrazione ed il trasporto del petrolio greggio, per non contare eventuali dispersioni ed incidenti vari, per emissioni di circa 400 tonnellate di CO2 all’anno.

Hanno partecipato a questa raccolta fondi degli Stati sovrani come Francia, Germania e Belgio, e personalità importanti, dall’immancabile Leonardo di Caprio ad Al Gore, fino al presidente di una banca di New York che ha donato il suo intero stipendio annuale per la causa. Visto il successo che ha riscosso le coscienze di molti governanti, ora anche Nigeria, Camerun, Gabon ed altri Paesi poveri sfruttati per le riserve di petrolio stanno pensando di organizzare una raccolta fondi simile.

[Fonte: The Guardian]

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