Processo di ritiro e smaltimento plastica: l’iter completo

di Daniele Pace Commenta

Il globo è invaso dalla plastica, e non è un’esagerazione. Nell’epoca attuale, nonostante si stia cercando di invertire la rotta riducendo la sua produzione e il suo consumo al minimo, rientra tra i materiali maggiormente sfruttati dall’uomo. Quando si nomina la plastica, il primo pensiero va alle classiche bottigliette d’acqua o all’imballaggio in generale, ma quello che molti non sanno è che si può trovare nei posti più impensabili, come il settore delle lavorazioni edili. È ben nota invece la sua pericolosità: si tratta infatti di uno dei materiali più inquinanti al mondo, capace di insediarsi nell’ambiente per oltre un migliaio di anni se non viene smaltita correttamente dagli operatori del settore.

Perché nonostante possa sopravvivere per un periodo così duraturo, creando non pochi grattacapi al pianeta Terra, continua a essere utilizzata? A suo favore ha le caratteristiche della resistenza e della flessibilità, quest’ultima soprattutto in fase di lavorazione. Inoltre il costo per produrla è molto basso. I danni all’ecosistema sono dietro l’angolo, ma basterà seguire scrupolosamente l’iter di smaltimento della plastica per aiutare l’ambiente, raccogliendo e distribuendo i materiali plastici all’interno di stabilimenti appositi dove potranno essere distrutti o riciclati.

Plastica: dal ritiro al riciclo

Prima di procedere con la spiegazione dell’iter relativo al riciclo della plastica, va precisato che a ciascun tipo di materiale viene assegnato un codice internazionale, il quale consente il riconoscimento dell’oggetto e specifica i trattamenti che potranno essere effettuati su di esso. Il codice assegnato permette di includere la plastica in una delle seguenti macrocategorie: termoplastiche, termoindurenti, elastomeri. Successivamente alla raccolta plastica, precedentemente smistata negli appositi contenitori dai cittadini, si svolge una selezione negli impianti preposti. I vari tipi di plastica viaggiano ad alta velocità su dei nastri: una prima suddivisione viene fatta tramite soffi d’aria, adibiti a separare gli involucri leggeri da quelli più pesanti. Dopodiché si passa a una selezione meccanica, svolta con l’ausilio di una centrifuga che accorpa le plastiche in base alle loro dimensioni. Un’ultima partizione la compiono i lettori ottici: questa tecnologia consente di scindere il materiale in base ai polimeri presenti al suo interno.

Dopo l’operato delle macchine, entra in campo il contributo degli addetti ai lavori, che procedono manualmente allo smistamento di alcune parti non idonee al riciclaggio. I materiali passano poi sotto una pressa che originerà imballaggi di colorazioni diverse, i quali verranno diretti alla fase di riciclo vera e propria, che prevede il lavaggio, la centrifuga e la macinazione delle plastiche.

Smaltimento o riciclo?

Va sottolineato che non tutta la plastica è riciclabile, vuoi per errori in fase di smaltimento, vuoi per una raccolta differenziata errata.  Al di là di tutto, buona parte della plastica presenta sostanze organiche (residui di cibo) o inorganiche (etichette di carta) che vanno a contaminarla, in alcuni casi in maniera talmente irreversibile da non consentire il completamento del processo di riciclo, rendendo come unica soluzione possibile quella di destinarla agli inceneritori. Smaltire la plastica in questo modo ha un costo elevato per i Comuni, senza contare che gli impianti devono rispondere a precise normative, che impediscono la combustione di materiali che possano sprigionare esalazioni tossiche, e che prevedono il costante monitoraggio e filtraggio dei fumi derivanti dal processo in atto nell’edificio. Da qualche tempo si parla di una tecnica che utilizza il calore al pari dell’inceneritore, ma che potrebbe sopperire i problemi del riciclaggio standard: si tratta del riciclo chimico, un processo che scompone gli elementi presenti nella plastica per poi riutilizzarli. Adottando un sistema di questo tipo, sarebbe possibile recuperare il 100% della plastica, anche se lo scetticismo dilaga tra gli esperti, perché potrebbero essere rilasciate sostanze nocive nell’aria al pari degli inceneritori, oltre a essere un iter particolarmente costoso.

Le conseguenze del processo sull’ambiente

E gli effetti del riciclo plastica sull’ambiente? A riguardo ci sono buone notizie: già da qualche anno la Comunità Europea sta spingendo l’Europa a incentivare la cosiddetta economia circolare, investendo cospicuamente in questo processo. Il risultato di tale operazione servirà a realizzare nuovi manufatti senza impiegare combustibili fossili, i quali hanno un forte impatto sulla natura, specialmente nel momento in cui giungono nelle raffinerie per essere trattati. Produrre plastica comporta per l’appunto un’emissione significativa di CO2 nell’atmosfera, oltre a quella di altri gas serra, perciò un corretto smaltimento, dopo che la sua funzione sarà terminata, darebbe man forte nell’arginare questo fenomeno. Tali materie prime inoltre non sono rinnovabili: necessitano di millenni per potersi riformare, dunque il processo di riciclo diventa indispensabile per sopperire al loro esaurimento, iter che comincia dal cittadino, il quale ha diritto a essere correttamente informato rispetto la corretta differenziazione dei rifiuti, dando il suo contributo a prevenire la dispersione della plastica nei vari ecosistemi. Non bisogna dimenticare che la plastica, una volta cominciato a disgregarsi, può creare gravi danni anche alla salute dell’uomo e degli animali. Un altro problema da non sottovalutare è relativo al riempimento delle discariche, che potrebbe compromettere la qualità dell’aria e del suolo, evitabile con le armi della raccolta differenziata e del riciclo.

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