Rinnovabili copriranno il 68% del fabbisogno europeo al 2030

di Redazione Commenta

Potranno mai le rinnovabili dare energia a tutta l’Europa? Stando ad un recente rapporto di Greenpeace sembra che questo non sia possibile a breve termine, anche se, nell’arco di appena 20 anni, le fonti alternative potrebbero diventare quelle più utilizzate. E’ quanto emerge da Revolution: battle of the grids, lo studio commissionato dall’associazione ambientalista che ha come obiettivo il tentativo di capire quanto e come le energie rinnovabili possano essere davvero parte del nostro futuro.

Greenpeace parte da un dato molto importante. Allo stato attuale, anno 2011, in Spagna le energie rinnovabili forniscono elettricità per il 40% del fabbisogno nazionale, in Danimarca il 28% e in Italia circa il 23%. Numeri che fanno capire come siamo già a buon punto, e dunque ipotizzare uno sviluppo in questo senso non equivale ad un racconto di fantascienza.

A questa situazione però vanno aggiunti diversi aspetti: il petrolio che cala e costa sempre più, il carbone che inquina a livelli ormai inaccettabili, il passo indietro di molti Paesi sul nucleare, considerata ormai una fonte obsoleta. Tutto ciò comporterà un maggior investimento nell’energia proveniente dal sole, vento, acqua, geotermia e biomasse, in modo da fornire, nelle previsioni dello studio, oltre due terzi del totale dell’energia europea attraverso queste fonti pulite (68% per la precisione).

Come fare? Greenpeace indica due vie, la low grid e la hi grid. La low grid è una griglia piccola, di livello locale, in cui tantissime mini-centrali elettriche, che vanno dal pannello fotovoltaico sul tetto di casa all’impianto geotermico cittadino, sono in grado di fornire elettricità ad un’area limitata, con investimenti, a livello continentale, di appena 74 miliardi di euro fino al 2050.

Il secondo scenario, degno di una grande opera, è stato ribattezzato hi grid, una griglia energetica grandissima in grado di mettere in comunicazione tutti i Paesi europei, i quali non solo si scambiano energia pulita l’uno con l’altro, ma soprattutto la recuperano dalle grandi distese inabitate dell’Africa, come ad esempio il deserto del Sahara, coperte da lenzuolate di pannelli solari. Queste sarebbero in grado di fornire enormi quantità di energia elettrica che, combinata con le rinnovabili europee, dovrebbe permettere un passaggio dall’energia sporca all’energia pulita graduale negli anni. Costo dell’investimento: 581 miliardi di euro.

Il vero punto debole del sistema delle smart grid sono carbone e nucleare perché hanno una produzione poco flessibile. Se la loro quota dovesse rimanere al livello attuale, in Europa si rischiano di perdere 32 miliardi l’anno di energia prodotta dal sole e dal vento: non potrebbe essere utilizzata. Invece usando come stabilizzatori del sistema gas, geotermia, biomasse, cioè fonti flessibili, si può ottenere il massimo della convenienza economica in uno scenario di rinnovabili molto avanzato

ha spiegato Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia.

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