Trattato di Copenaghen: la bozza della discussione

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inquinamento

Il fattore che ha più ostacolato il mondo verso una svolta ambientalista probabilmente è stato il considerare tutti i Paesi uguali. Molte nazioni, come gli Stati Uniti o i Paesi del Nord Europa hanno fatto tanto, ma per rispettare i parametri del Protocollo di Kyoto o di altri trattati internazionali, chiedevano che anche gli altri Paesi facessero la loro parte.

E’ proprio questo il punto di partenza della nuova carta su cui si discuterà a dicembre nel congresso di Copenaghen: analizzare la situazione industriale di ogni Paese e prendere gli adeguati provvedimenti per una svolta ecologica. In definitiva l’obiettivo principale è quello di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei due gradi. Per cause naturali infatti la temperatura della Terra è destinata ad alzarsi, e di certo l’uomo, per com’è la situazione adesso, non può sperare di fermare la colonnina di mercurio.

Ma siccome l’inquinamento, le attività umane e soprattutto la deforestazione stanno aumentando il tasso di riscaldamento, secondo molte stime se non dovessimo prendere provvedimenti in tempo, questi due gradi potrebbero anche diventare 3, 4 o anche di più. Le conseguenze le conosciamo benissimo: scioglimento dei ghiacciai, sollevamento delle acque, inaridimento e desertificazione. In pratica la distruzione di gran parte del Pianeta.

Per tentare di mantenere a due gradi l’innalzamento delle temperature, si chiede al mondo di ridurre dell’80% le emissioni di gas serra entro il 2050 e di investire complessivamente 115 miliardi all’anno in questa direzione. Gli investimenti maggiori dovranno andare nelle rinnovabili, ma anche nei metodi per evitare la deforestazione, una delle grandi cause dell’innalzamento della temperatura, magari favorendo il riciclaggio.

Ma la vera novità di questa bozza è lo scindere il mondo tra industrializzato ed il non-industrializzato. Come prevedibile, il mondo industrializzato è formato da Nord America, Europa Occidentale, Cina, Giappone, alcuni Paesi Mediorientali, e si sta discutendo se far rientrare in questa schiera anche Singapore, Arabia Saudita e Corea del Sud, visto che magari non avranno un livello di industrializzazione molto alto, ma dispongono di un reddito procapite tra i più elevati al mondo, e quindi questo li può aiutare ad investire nell’ecologia.

Gli obiettivi comunque sono ambiziosi. Per i Paesi industrializzati si dovranno tagliare le emissioni del 40% entro il 2020 (il doppio rispetto a quanto stabilito dall’Europa) e del 95% entro il 2050. Per i Paesi in via di sviluppo invece i margini sono molto più elastici. Infatti questi prevedono un incremento delle emissioni fino al 2020 per poter mettere tutti più o meno sullo stesso piano, e poi farle diminuire del 51% rispetto alla situazione del 1990 entro il 2050. Per quanto riguarda la deforestazione, essa deve ridursi del 75% entro il 2020. In breve, l’obiettivo è quello di far ritornare il mondo ai livelli di inquinamento del 1990 entro il 2020, per poi risolvere il problema definitivamente entro il 2050. Vedremo se i grandi della Terra accetteranno queste condizioni.

Fonte: [Repubblica]

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