Decreto sulle fonti rinnovabili, la parola al presidente di Esperia S.p.A. Filippo Giusto

di Redazione 1

In merito al nuovo decreto sulle fonti rinnovabili, oggetto di accese polemiche nel mondo delle associazioni di categoria e tra gli ambientalisti, ci scrive l’ingegner Filippo Giusto, presidente di Esperia S.p.A., azienda di Milano attiva nella fornitura di energia ed operativa nella Borsa Elettrica Italiana. La società solleva la spinosa questione dei falsi certificati di origine dell’energia di importazione, tema che, ricorderete, fu affrontato magistralmente in una puntata di Report di fine novembre 2010.

Giusto in questi giorni ha inviato una lettera aperta al Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ed al Ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani. La falsità dei certificati, ci spiega il presidente di Esperia, consisterebbe nella dubbia garanzia con cui gli stranieri assicurano che l’elettricità importata è prodotta solo da fonti rinnovabili. Gli stessi certificati che avrebbero pesato in bolletta, negli ultimi dieci anni, per un onere di 500 milioni di euro, all’insaputa dei consumatori.

Il governo, come al solito, adotta le direttive comunitarie (in questo caso la n. 28 del 2009) con uno spirito troppo autoritario che si evidenzia nella grave omissione, rispetto al testo della direttiva, che riguarda la costituzione di un vero mercato. Tale omissione danneggia fortemente il consumatore e i produttori di energia verde.

Il consumatore dovrebbe essere consapevole di quello che paga e di quanta energia verde supporta, libero dai costi di intermediazione

del GSE, degli oligopolisti elettrici, degli esportatori stranieri (oligopolisti transalpini) che la fanno da padrone nella gestione di questi 4 miliardi di euro che tira fuori il cittadino. Tali “costi” impediscono di fatto la creazione di una consistente produzione di elettrica verde.

Secondo il decreto di recepimento, oggetto di aspre critiche in questi giorni, i fornitori ed i produttori non hanno l’obbligo di evidenziare la componente rinnovabile in bolletta. Come reagirebbe il consumatore, si chiede Giusto, sapendo che, pur pagando un conto salato per sostenere il mercato delle rinnovabili, il quantitativo di energia verde che riceve è pari a zero?

Anche il GSE non è obbligato a comunicare quanta energia rinnovabile è sostenuta dal consumatore attraverso i suoi esborsi in bolletta con l’aliquota A3 (3 miliardi di euro all’anno). Il GSE è esonerato dal dimostrare al consumatore l’efficienza della sua azione. In tal modo il governo non permette l’incontro della domanda con l’offerta.

La direttiva, secondo quanto scrive Esperia al Governo, altro non fa se non ribaltare lo status del consumatore, dandogli la dignità di attore di un vero mercato. Ecco perché l’appello della società ai due ministri coinvolti è di recepire compiutamente i principi e lo spirito della stessa

per impiegare senza sprechi i 4 miliardi di euro versati dai cittadini e garantire il conseguimento dell’obiettivo del 2020. La trasparenza auspicata dalla direttiva, con l’eliminazione dei costi di intermediazione, libererà risorse oggi incagliate a favore di nuove iniziative e di quelle in corso.

Commenti (1)

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