Le riserve marine funzionano anche meglio del previsto

di Redazione 1

area protetta Cabo Pulmo

Quando qualche anno fa in alcune parti del mondo si è pensato di istituire delle aree protette per le specie marine a rischio, furono in molti a protestare, chi perché affermava che questa scelta avrebbe messo in ginocchio la pesca, chi invece pensava che fosse soltanto un palliativo, ma che in realtà non risolvesse il problema.

La creazione di aree marine protette, invece è stato dimostrato, può portare alla rapida ripresa delle popolazioni ittiche a rischio estinzione. A stabilirlo sono diversi nuovi studi presentati in occasione della riunione annuale della American Association for the Advancement of Science.

Uno studio, condotto in una rete di 12 riserve marine che copre 188 miglia quadrate (circa 300 km quadrati) vicino a Los Angeles, California, ha dimostrato che, poiché la zona è stata chiusa alla pesca nel 2003, le specie fortemente stressate dalla pesca come il pesce pietra (Sebastes mystinus) sono aumentate del 50%.

Uno studio effettuato sulla Grande Barriera Corallina in Australia, la più grande al mondo, ha dimostrato che quando il Governo australiano ha aumentato la porzione di parco protetto, chiuso alla pesca commerciale, dal 5 al 32% nel 2003, la biomassa di numerose specie di pesci, tra cui la trota corallo, è raddoppiata nel giro di due anni. In Messico, in cui la pesca è molto intensiva, specialmente nel Golfo di California, la creazione dell’area protetta di Cabo Pulmo sulla punta meridionale della penisola di Baja ha creato una zona di prosperità della vita marina, spiega lo studio.

Un altra ricerca invece ha inoltre individuato che la pesca non debba essere eliminata del tutto, come i detrattori di quest’iniziativa sostengono, ma anche nelle riserve marine ben progettate possono beneficiare della pesca chiunque ne richieda l’autorizzazione, basta che sia al di fuori delle aree protette, dal momento che fermare la pesca nei principali zone di riproduzione significa che le uova di pesce fecondate possano andare alla deriva con le correnti marine e rifornire le popolazioni lontane dalla riserva.

Gli studi sono pubblicati in un numero speciale del Proceedings of the National Academy of Sciences.

Fonte: [Enn]

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