Il rapido scioglimento dei ghiacciai a causa dell’aumento delle temperature globali non minaccia solamente le riserve idriche e provoca l’innalzamento dei mari, ma nasconde un ulteriore, grave pericolo: il rilascio di inquinanti accumulati per decenni nel ghiaccio. Un recente studio condotto dall’Università Statale di Milano, in collaborazione con One Ocean Foundation e Giorgio Armani SpA, ha fatto luce su questo fenomeno, dimostrando come i ghiacciai non siano solo serbatoi d’acqua, ma anche depositi di sostanze tossiche.

Riscontri freschi sul tema dello scioglimento dei ghiacciai
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Archives of Environmental Contamination and Toxicology, ha analizzato i campioni di detriti di 16 ghiacciai italiani, tra cui 15 alpini e l’unico appenninico, il Calderone. I risultati sono allarmanti: i ghiacciai, a lungo considerati “congelatori” del pianeta, si stanno trasformando in “sentinelle ambientali”. Intrappolano inquinanti prodotti dall’uomo, come metalli pesanti e composti organici persistenti (POP) come DDT e PCB, per poi rilasciarli nei corsi d’acqua man mano che si sciolgono.
Le sostanze inquinanti, trasportate sia per via atmosferica che da fonti locali, rimangono intrappolate nel ghiaccio per anni. Il loro rilascio minaccia gravemente la qualità delle acque e la salute degli ecosistemi a valle. Questo mette in evidenza un’importante connessione tra gli ecosistemi montani e quelli marini, sottolineando che “il mare inizia qui”, proprio come recita il titolo del progetto della Fondazione.
Jan Pachner, Segretario Generale di One Ocean Foundation, ha spiegato che lo studio dimostra in modo concreto come l’intero ciclo dell’acqua sia un sistema unico e interconnesso: l’inquinamento che si verifica in alta montagna ha un impatto diretto non solo sulla valle, ma anche sugli ecosistemi marini. L’analisi dei campioni ha rivelato una contaminazione diffusa, con concentrazioni variabili a seconda del ghiacciaio.
In alcuni casi, come quello dell’Ebenferner, l’elevata presenza di metalli pesanti come cadmio, mercurio e piombo è probabilmente legata a attività umane locali. In altri, come il Preda Rossa, la contaminazione può essere attribuita a caratteristiche geologiche naturali. Secondo il professor Marco Parolini, che ha guidato lo studio, questo approccio ha offerto una “fotografia unica dell’attuale contaminazione“, aiutando a comprendere meglio come gli inquinanti si accumulano e vengono rilasciati nell’ambiente.
In sintesi, la ricerca conferma che i ghiacciai italiani giocano un doppio ruolo: conservano l’inquinamento del passato e del presente e, sciogliendosi, lo riversano nel ciclo dell’acqua. Questo scenario sottolinea l’urgenza di un monitoraggio costante per valutare gli effetti a lungo termine e di un approccio integrato, che colleghi la salute delle montagne a quella dei mari, per affrontare le sfide del cambiamento climatico e dell’inquinamento ambientale.