Il riscaldamento globale fa “ingrassare” la Terra

Per 12 mila anni la Terra è dimagrita di circa 7 millimetri ogni 10 anni. Ora però pare che sia partita un’inversione di tendenza che la sta facendo “ingrassare” della stessa grandezza, cioè 7 millimetri per decennio. Che stia mangiando anche lei cibo spazzatura? Può darsi, a patto che per cibo spazzatura si intendano CO2 ed altri gas serra che favoriscono il fenomeno del riscaldamento globale.

Cambiamenti climatici, civetta delle nevi spia dei mutamenti nell’Artico

Cambiamenti climatici registrati dalla civetta delle nevi, rapace spia, più di qualunque altro, dei mutamenti che avvengono in Alaska, territorio in cui le variazioni si verificano ad una velocità superiore a quella di molte altre aree del mondo.
Denver Holt, a  capo dell’Owl Research Institute, studia gli esemplari della specie da oltre diciannove anni. Ogni estate da vent’anni si reca infatti a Barrow, in Alaska, per analizzare la relazione tra i lemming della tundra e le civette che li predano.

Cambiamenti climatici, come incidono sulla salute

Ci siamo occupati spesso di cambiamenti climatici in relazione all’ambiente e agli animali ma oggi trattiamo del cambio di clima in rapporto all’uomo e al suo delicato equilibrio psicologico. Una recente ricerca condotta da due psicologi americani ha evidenziato che gli effetti dei cambiamenti climatici, causati da eventi meteorologi di grande entità, come alluvioni e cicloni, e la consapevolezza che il Pianeta stia cambiando sotto i nostri occhi, e noi ne siamo i principali artefici, può determinare reazioni depressive, una sorta  di “ansietà ambientale”. L’aspetto più interessante è che il fenomeno è stato registrato anche con l’aumento della temperatura globale, la causa indiretta potrebbe provocare comportamenti violenti.

Riscaldamento globale, animali e piante nel clima futuro

Come sarà il mondo nel 2100? Ce lo mostreranno (si spera) alcuni animali e piante sottoposti ad un esperimento che pare un film di fantascienza. Se le proiezioni degli innumerevoli scienziati che parlano di riscaldamento globale fossero corrette, il clima di questo pianeta sarà notevolmente diverso entro la fine di questo secolo. Ma per un gruppo di piante e animali, il futuro è adesso.

Riscaldamento globale: nuovo record di caldo a giugno

Due rilevazioni importanti, ma purtroppo non incoraggianti, sul cambiamento climatico ci raggiungono dal National Snow and Ice Data Center: continua sempre più la tendenza all’innalzamento delle temperature, con rilevazioni record nel mese di giugno; mentre nell’Artico l’estensione del ghiaccio marino ha raggiunto il secondo punto più basso della sua storia nello stesso periodo.

Riscaldamento globale, risveglio del sole e aumento delle temperature

Prepariamoci ad un periodo molto caldo perché le temperature globali potrebbero presto aumentare in modo rilevante. E’ l’avvertimento del professor Robert Kaufman della Boston University, il quale ha notato un incremento delle macchie solari nel decennio 1998-2008, che presto arriverà a presentare il conto sulla Terra. Le macchie solari sono un’attività normale della nostra stella, le quali ciclicamente ogni 11 anni aumentano o diminuiscono la sua attività. Ma la novità di quest’anno è che dei fattori antropici possono aggravare la situazione.

Innalzamento del livello degli oceani quadruplicato dall’inquinamento umano

Il livello degli oceani è in costante incremento, ma questo era ormai un dato accertato. Ciò che invece c’è di nuovo è la conferma che il livello del mare, misurato in un nuovo studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, non è mai cresciuto così tanto nella storia come dall’inizio della rivoluzione industriale. Lo studio ricostruisce l’innalzamento dei livelli oceanici sulla costa atlantica degli Stati Uniti degli ultimi 2.100 anni, ed ha così scoperto che i tassi del 19° secolo sono stati superiori a qualsiasi altra rilevazione in quel periodo di tempo. Guardacaso, si tratta del primo periodo in cui viene mostrato un legame con i cambiamenti delle temperature globali.

Riscaldamento globale: 42 milioni di persone “sfrattate” dai cambiamenti climatici

Le inondazioni del Mississippi, la grave siccità in Texas, la stagione dei tornado che sembra non dover finire più. Questi ed altri eventi si sono susseguiti nella prima metà del 2011. Una serie di catastrofi che, se si considerano anche quelle del 2010 come le ondate di calore devastante in Russia, e le inondazioni in Pakistan e Australia, fanno capire che la situazione climatica mondiale è più seria di quanto ce ne rendiamo conto.

Purtroppo però, secondo molti scienziati del clima, questa sarà “la nuova normalità”, e forse dovremmo iniziare a farci una ragione che i mutamenti climatici avranno un impatto devastante sulla società umana. Per cominciare, le condizioni meteorologiche estreme hanno portato 42 milioni di persone a fuggire dalle loro case nel 2010, una situazione in costante peggioramento visto che sono circa il doppio rispetto al 2009. La valutazione è dell’Internal Displacement Monitoring Centre.

Specie invasive: 900 “alieni” invadono il Mediterraneo

Uno dei tanti problemi che stanno alla base della perdita di biodiversità è la presenza di specie invasive, cioè di quelle specie che non fanno parte naturalmente di un determinato territorio, ma che lo “invadono” o perché messe incautamente dall’uomo, o perché, a causa dei cambiamenti climatici, emigrano a caccia di luoghi nuovi in cui adattarsi.

Nel corso degli ultimi decenni, più di 900 specie invasive si sono spostate verso il Mar Mediterraneo, molte delle quali si sono consolidate e sono persino diventate dominanti nella regione. Di conseguenza, le comunità costiere di piante e animali stanno vivendo importanti cambiamenti e, in alcuni casi, intere catene alimentari sono state alterate.

Cambiamenti climatici: specie invasive “traslocano” al Nord

Finora ci siamo preoccupati di animali che, a causa dei cambiamenti climatici, si estinguevano o erano costretti ad emigrare per trovare condizioni di vita migliori. Ma se ci preoccupavamo solo della loro salute, ora forse è il caso di cominciare a preoccuparci anche della nostra.

Il ragno Loxosceles reclusa, un ragno marrone che finora potevamo vedere solo negli zoo e considerato più micidiale di una vedova nera, ha cominciato a farsi vivo anche in aree dove non era mai stato presente in natura, cioè nel Nord America. Infatti questo animale dal morso potenzialmente mortale, si è stabilizzato nel quadrante Sud-Est degli Stati Uniti. Uno studio rivela che il riscaldamento del clima ha reso l’area dove ha vissuto finora, alcune zone del Sudamerica, talmente inospitali da spingerlo all’emigrazione.

Riscaldamento globale: pesci sotto stress rischiano di far fallire i pescatori

I pesci hanno molto di cui preoccuparsi in questi giorni, tra fuoriuscite di petrolio, isole galleggianti grandi quanto la Francia composte da detriti di plastica, e la pesca eccessiva. Ma secondo le ultime ricerche, l’aumento delle temperature oceaniche sta causando loro la maggior parte di stress. I biologi che studiano un pesce particolarmente longevo nel Mare di Tasman hanno scoperto che, con il costante riscaldamento delle acque causato dai cambiamenti climatici, il suo ciclo di crescita viene messo in pericolo. Purtroppo questa non è l’unica specie di pesce a rischio.

I primi dati ambientali dal Mar di Tasman risalgono all’inizio degli anni ’40, e da allora i ricercatori hanno misurato un aumento di 2 gradi Celsius della temperatura della superficie, uno tra gli aumenti più significativi della storia. Con l’incremento delle temperature degli oceani, i biologi spiegano che ad esempio i pesci a sangue freddo possono in generale far fronte al cambiamento, aumentando di dimensione. Ma purtroppo questo mutamento cambia alcune abitudini definite vitali per la specie, ma anche per chi vive di pesca.

Record di CO2: cosa è successo l’ultima volta che l’abbiamo raggiunto?

Un ritratto chiaro del futuro del nostro clima si può trovare nel nostro passato. Attualmente, il livello atmosferico di biossido di carbonio (CO2) ha raggiunto le 390 parti per milione (ppm). Dall’ultima volta che è stato così alto sono passati circa 3 milioni di anni, e più precisamente nell’Era denominata Pliocene inferiore. Allora, i livelli di CO2 rimasti nell’aria per migliaia di anni ammontavano a circa 365-410 ppm.

Di conseguenza, il Pliocene ci dà indizi vitali degli effetti a lungo termine di elevati livelli di CO2. La nuova ricerca, effettuata dall’Università dell’Arizona di Tucson, dall’Università di Cambridge e due californiane, esamina questo periodo e conferma i risultati precedenti che affermavano che il Pliocene è stato incredibilmente più caldo rispetto alle temperature attuali.

Mutamenti climatici: gli uccelli cambiano abitudini migratorie

Come se non bastassero le evidenze delle temperature più alte degli ultimi secoli o le rilevazioni scientifiche inconfutabili sui gas serra e le rilevazioni di CO2, ecco che oggi arrivano due ulteriori esempi di come il cambiamento climatico sta già avendo un impatto facilmente misurabile sul mondo che ci circonda:

1) il calo della pioggia nelle zone tropicali ha portato gli uccelli migratori a ritardare la loro partenza per spostarsi verso Nord;

2) i livelli di biossido di carbonio più alti nell’atmosfera stanno causando una riduzione, nelle piante, del processo di rilascio di acqua nell’atmosfera che oggi è molto minore rispetto al passato.

Mutamenti climatici: i Paesi più colpiti saranno i meno responsabili

Gli effetti del cambiamento climatico sulle diverse parti del mondo dovrebbero apparire all’incirca come sono stati rappresentati visivamente nella mappa qui sopra, prodotta da un dottorando della McGill University. Jason Samson ha utilizzato i dati climatici e quelli del censimento per disegnare una mappa dei luoghi in cui il cambiamento climatico avrà probabilmente il più grande effetto sul maggior numero di persone.

La mappa mostra in rosso le aree in cui la vulnerabilità umana al cambiamento climatico sarà più grande; i Paesi in giallo si prevede possano sperimentare un effetto più moderato sulla popolazione, quelli in blu indicano le popolazioni meno influenzate, mentre le aree in bianco hanno una carenza di dati o di persone (come nel caso del deserto).