Petrolio, tutti guardano alla Sicilia per nuove estrazioni

di Redazione 3

La ricerca dell‘oro nero prosegue imperterrita anche in Italia, con le compagnie che guardano soprattutto alla Sicilia. 26 i permessi già concessi per ricerche di idrocarburi e addirittura oltre 40 le ulteriori richieste di esplorazione già avanzate. Nel mirino vi sono soprattutto il canale tra Italia e Tunisia e quello tra Sicilia e Malta.

L’estrazione di petrolio greggio in Sicilia dovrebbe difatti raddoppiare nei prossimi anni, secondo il progetto del ministro Passera.  Oltre ai fondali marini del Canale di Sicilia (tra Italia e Tunisia) le compagnie petrolifere si dimostrano interessate al Canale di Malta (tra Sicilia e Malta), dove una delle compagnie che ha ricevuto una concessione ha già fatto richiesta per iniziare a trivellare, un nuovo permesso sarà concesso a brevissimo e altri due sono in fase di valutazione. Non sembrano esserci dubbi, quindi: alle 9 piattaforme petrolifere funzionanti nei mari italiani se ne aggiungeranno delle nuove molto preso. Legambiente e in partocolare il vicepresidente Stefano Ciafani (curatore del dossier Trivella Selvaggia) è intervenuto sull’argomento, facendo notare, in primo luogo, quanto in effetti poveri siano le “nostre” riserve petrolifere:

Se estraessimo tutto il petrolio che, secondo il ministero dello Sviluppo Economico, è presente in mare,l’Italia lo esaurirebbe in sole 7 settimane. E se al petrolio marino aggiungiamo quello estratto a terra, arriveremmo a 13 mesi. Un quantitativo che definire ridicolo è poco.

Difatti, anche secondo le stime del ministero dello Sviluppo Econonomico i fondali marini conterrebbero solo 10,3 milioni di tonnellate di petrolio, una cifra che rivela tutta la sua modestia se confrontata ai consumi annuali italiani. In un solo anno, in Italia, si consumano infatti oltre 70 milioni di tonnellate di greggio.

Legambiente sottolinea quindi

il rischio di nuove perforazioni in mare oggetto del decreto sviluppo di Passera che ha di fatto smontato il divieto di estrazione a mare, approvato dopo il disastro del Golfo del Messico, che fissava a 5 miglia dalla costa l’estrazione a mare, 12 miglia per le zone protette. In questo modo Passera riapre i procedimenti autorizzativi bloccati nel 2010.

Il gioco vale quindi la candela? Vale davvero la pena di rischiare incidenti petroliferi e danni ambientali per un totale di petrolio che se fosse estratto, distribuito e utilizzato nella sua interezza durerebbe, in Italia, solo 7 settimane?

Photo Credits | St33vo su Flickr

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