Biodiversità: una delle savane più ricche al mondo distrutta per farci colture di soia

di Redazione 1

Al peggio non c’è mai fine. In Brasile esiste un’area che sembra uno scrigno del tesoro. Si chiama Cerrado, è la più grande savana tropicale che da sola contiene il 5% della biodiversità di tutto il mondo. E sta per essere distrutta. Anzi, questo processo è già iniziato. Il motivo è la coltivazione di una monocultura di soia che dovrà rifornire i supermercati britannici, la quale viene soprannominata, quasi a sfregio, “soia sostenibile”. Purtroppo di sostenibile non ha un bel niente.

La denuncia proviene dal WWF che ha annunciato un’iniziativa per evitare che ciò accada, e cioè inviare e-mail ai supermercati del Regno Unito per chiedergli di acquistare soia da colture davvero sostenibili, cioè che non distruggano altre aree come questa. E finora, fanno sapere dall’associazione animalista, già 30 mila e-mail sono state inviate. Ma finora solo una catena ha accettato di aderire in pieno, alcune lo hanno fatto solo in parte ed altre non hanno per nulla risposto. Può sembrare un’esagerazione visto che non sono in molti a consumare la soia, ma la maggior parte di questa coltura è utilizzata negli allevamenti, e questo fa capire che la quantità che serve è molto elevata.

La savana Cerrado, nonostante sia ignota a quasi tutti al di fuori del Brasile, copre il 21% del territorio del grande Stato sudamericano. Purtroppo adesso sta scomparendo più velocemente della foresta amazzonica. La scoperta che il terreno di quest’area potesse essere ottimale per la coltivazione di soia e cereali risale a circa 40 anni fa. Da allora la distruzione è cominciata ed oggi ha raggiunto un’area grande quanto Italia, Germania, Gran Bretagna e Portogallo messi insieme. E purtroppo la distruzione non si è arrestata qui, ma continua e continuerà ancora a lungo se non verrà fermata.

A peggiorare la situazione c’è l’uso dei fertilizzanti e soprattutto dei pesticidi che ammazzano altre specie animali che si erano salvate dalla distruzione del loro habitat, il che fa capire che il problema non riguarda solo l’area occupata, ma è molto più vasto.

[Fonte: The Guardian]

Photo Credits | Thinkstock

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