Per finanziare il nucleare, Enel vende il settore delle rinnovabili

Un nuovo allarme viene lanciato in questi giorni da Greenpeace, ed è molto preoccupante perché tocca l’Italia e le tasche degli italiani. La maggiore compagnia elettrica italiana, l’Enel, si è accollata l’onere di costruire le famose quattro centrali nucleari volute dal Governo nei prossimi anni. Il problema è che queste centrali costano, e nemmeno poco.

Un’azienda così importante e grande come l’Enel avrà chissà quanti capitali, direbbe chiunque. Ed invece no. L’ultimo bilancio della società energetica parla di una perdita di ben 50 miliardi di euro in un solo anno. Ma nonostante questo, Enel è corsa in aiuto della Edf, la cugina francese, per tentare di sollevarla dai costi della produzione energetica. Sarà inguaiata anche l’Edf? Certo che sì, ma paradossalmente lo è molto meno di Enel. Per la precisione i debiti della società francese, la quale sta facendo di tutto per recuperarli, ammontano a 25 miliardi di euro, la metà degli italiani.

Greenpeace e Legambiente contro la riconversione di Porto Tolle

Ipnotizzati dalla parola “carbone pulito“, molti burocrati che di ecologia ci capiscono poco o nulla, pensano che costruire una centrale con quella tecnologia sia favorevole per l’ambiente. Secondo molti politici e sedicenti imprenditori ambientali, esisterebbe un carbone che non si sa da dove viene, e che nella combustione non rilascia anidride carbonica.

Per questo, speriamo in buona fede, da anni l’Enel continua a chiedere al Governo di poter riconvertire la centrale a olio pesante di Porto Tolle (Ro) in centrale a carbone pulito. Dopo 4 anni di pressioni, sembra che il colosso dell’energia abbia ottenuto ciò che voleva, visto che il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha annunciato di voler firmare il decreto di compatibilità ambientale che di fatto autorizza la riconversione.

Dicevamo in buona fede perché, secondo il ministero:

dal punto di vista ambientale, con la riconversione si ottiene una sostanziale riduzione delle emissioni rispetto al passato.

Nulla di più falso, come hanno tentato di fargli capire i volontari di Greenpeace e Legambiente, che forse di inquinamento ne capiscono un po’ di più del Ministero.

Appello di Greenpeace: “svegliate la Prestigiacomo”

Ma in Italia abbiamo un Ministro dell’Ambiente? Ah sì, si chiama Stefania Prestigiacomo, e per quanto vi possiate sforzare le meningi, scommetto che non vi verrà in mente nulla che possa aver fatto da quando il Governo Berlusconi è in carica. Paradossalmente ha preso più provvedimenti la tanto vituperata mistra Carfagna, al suo primo anno in politica, che non lei, una delle donne con più esperienza politica d’Italia.

Come mai? Semplice: perché presiede il Ministero dell’Ambiente, l’ultima ruota del carro del Governo Berlusconi. Oggi Greenpeace lancia un appello a tutti i suoi sostenitori, simpatizzanti, o per coloro che vogliono veder lavorare il Ministro: firmate la petizione per svegliarla. La data non è casuale. Oggi, 28 febbraio 2009, è esattamente un anno dall’approvazione del cosiddetto “Decreto Semplificazioni“, uno dei pochi provvedimenti ambientali del Governo che però, nonostante abbia passato ogni esame delle Camere, non viene ancora attuato perché ancora non emanato dal Ministro Prestigiacomo.

Scoperto traffico di rifiuti hi-tech dall’Europa all’Africa

Greenpeace colpisce ancora, e stavolta con metodi d’indagine degni della Cia, ha scoperto un giro d’affari enorme fatto dalle multinazionali della tecnologia europee, americane e asiatiche ai danni dell’Africa. 3 anni fa la sezione inglese di Greenpeace nascose, all’interno di un televisore rotto, un ricevitore Gps, e lo portò in un centro di riciclo di materiale tecnologico.

Da lì, per legge sarebbe dovuto essere trasportato in qualche centro riciclaggio inglese, dove sarebbe stato smembrato e smaltito. Invece, seguendo il ricevitore satellitare, Greenpeace si è resa conto che quel televisore ha fatto un giro incredibile, varcando decine di confini mondiali, fino a terminare la sua corsa in Nigeria. Lì effettivamente avviene una sorta di riciclo, ma fatto in condizioni barbare.

Greenpeace, “salvate le foreste del Congo”

Greenpeace lancia un nuovo allarme per la protezione delle foreste del Congo. Non è poco il quantitativo gestito e modificato dalle aziende che di questo si occupano, e il problema sembra non trovare soluzione, come segnalato più volte dall’associazione. Il governo del Congo confermerà 65 concessioni, (e i 10 milioni di ettari di foresta cui fanno riferimento non sono pochi). Una cifra, quella prevista, che va ben oltre, dunque, i 4,4 milioni di ettari cui si sarebbero dovute limitare le concessioni secondo le promesse fatte fino ad ora dalle autorità.

Industria vs Ambiente. Il punto è proprio questo: il mercato che spinge e schiaccia, e la tutela di persone e luoghi. Realtà verso utopia, praticamente. Molte imprese forestali, infatti, dato il rischio di cancellazione dei contratti, hanno presentato una serie di ricorsi. Le aziende non ci stanno, ma, per una volta, le cifre “legali” si sono rivelate dalla parte dell’ambiente: solo 19 ricorsi su 87 sono stati accolti.

E’ Lenovo l’azienda eco-tecnologica dell’anno

I primi risultati nella battaglia di Greenpeace all’inquinamento prodotto dagli oggetti tecnologici stanno arrivando. Cominciata nel 2006, la ricerca, nonché la pressione dell’associazione ambientalista sulle case produttrici, ha ottenuto di anno in anno dei risultati sempre migliori. L’ultimo aggiornamento, quello dello scorso anno, riportato anche su Ecologiae, riportava soltanto tre aziende virtuose (che raggiungevano appena la sufficienza) a livello mondiale, mentre tutte le altre si interessavano poco o per nulla dell’ambiente.

Ma l’ondata verde che ha colpito tutti i settori della nostra vita quotidiana ha contagiato anche loro, e i risultati di quest’anno sono incoraggianti. La ricerca si basa sull’uso di sostanze chimiche pericolose nei prodotti tecnologici come PVC, ritardanti di fiamma, berillio, ecc; sul consumo di energia elettrica, valutato rispetto allo standard Energy Star; sulla durata, capacità di riciclo e l’uso di materiale riciclato; sul periodo di garanzia e la valutazione dell’energia utilizzata durante la produzione. Un bel pò di criteri a cui non era facile rispondere positivamente.

Il carbone ci costa 360 miliardi di euro all’anno

Secondo il rapporto di Greenpeace, stilato in collaborazione con “Ce-Delft“, un istituto indipendente olandese, il costo che grava sull’intero pianeta per l’utilizzo del carbone, attualmente, è di circa 360 miliardi di euro all’anno, molto di più di quello che i vari Governi di tutto il mondo ci vogliono far credere.

Infatti quei Paesi che puntano su questa risorsa spesso si trincerano dietro la frase “il carbone costa di meno rispetto alle altre fonti energetiche”, giustificandolo come un risparmio che conviene anche ai cittadini. Tutto questo è falso. Infatti il carbone è il combustibile fossile più inquinante al mondo (paradossalmente anche più del petrolio), dato che da solo contribuisce al 41% delle emissioni di gas serra imputabili all’uomo.

Berlusconi-barbaro favorisce gli inquinatori tedeschi

Nonostante cerchi in tutti i modi di difendere l’italianità, stavolta il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si fa un autogol incredibile. Nel tentativo di ostacolare in tutti i modi i parametri europei sulla riduzione dell’inquinamento, il Premier italiano sta difendendo a spada tratta le case automobilistiche tedesche, tra le più inquinanti del mondo (Mercedes, Wolkswagen e Bmw), dimenticandosi che tra le case europee una delle più virtuose, se non la più virtuosa, è proprio la Fiat.

L’industria di Torino infatti è tra quelle che si avvicinano di più agli obiettivi posti dall’Unione Europea di riduzione delle emissioni (130 grammi al km entro il 2012, 95 grammi al km per il 2020), ma anzichè far risaltare una delle poche cose buone fatte dall’Italia a livello mondiale, Berlusconi continua a difendere gli interessi delle case automobilistiche tedesche, che almeno a livello teorico con lui non dovrebbero avere nulla a che fare.

Buon passo in avanti di Castorama verso l’efficienza energetica

Dopo il nostro articolo dell’Agosto scorso e la pubblicità (positiva per alcuni, negativa per altri) conseguita alla campagna di Greenpeace sul risparmio energetico, le più grandi catene di distribuzione italiane si sono adeguate al cambiamento, e così l’associazione ambientalista ha potuto stilare una nuova classifica in cui si dimostrano i progressi nei confronti dell’ecologia e in favore dei propri clienti.

Ricordiamo che, per legge, a meno che il nostro caro Governo non decida di cambiarla o di rigettare una proposta che viene dall’Unione Europea, entro il primo Gennaio 2011 tutte le lampadine ad incandescenza dovranno sparire dagli scaffali di tutti i super/ipermercati della nazione. Se tutte le lampadine ad alto consumo venissero sostituite con quelle ad alta efficienza, entro il 2020 risparmieremmo la bellezza di 100 miliardi di Kw/h all’anno, il doppio della produzione prevista per il nucleare.

Costo dell’energia: a quanto ammontano gli investimenti del futuro

In un clima di polemica in cui diversi schieramenti di tutto il mondo si attaccano in una guerra di cifre sul costo da sostenere per l’energia futura, Greenpeace ha cercato di mettere dei paletti, e ha diffuso un rapporto di previsione di spesa mondiale se si decidesse di investire sulle rinnovabili, piuttosto che su altre forme di combustibili fossili.

Il rapporto “Energy [R]evolution 2008” mostra come fronteggiare i cambiamenti climatici attraverso una politica dell’energia pulita, senza costi eccessivi. Infatti si legge sul rapporto che entro il 2030, se si seguissero i parametri indicati da Greenpeace, il risparmio nel settore elettrico mondiale ammonterebbe a 18.700 miliardi di dollari.

Eco-Sesso: come fare l’amore sostenibile

Abbiamo sempre parlato di come essere ecologisti, di come comportarsi mentre si viaggia, mentre si è a casa, al lavoro e in tutti gli altri aspetti della vita. Tutti tranne uno, l’intimità. Ora Greenpeace ci spiega come fare per essere ecologisti anche quando si fa all’amore.

Per gli ecologisti messicani, ma di rimando anche per tutto il resto del mondo, l’associazione ambientalista ha stilato un decalogo delle cose che fanno bene contemporaneamente alla coppia e all’ambiente, ispirata alle campagne ambientaliste che anche le aziende di pornografia stanno portando avanti da un pò.

Lampade ad alta efficienza, cosa sono e com’è la situazione italiana

La Legge Finanziaria del Governo italiano in discussione in questo periodo prevede che, entro il 2011, le lampadine ad incandescenza vadano in pensione. In pratica queste lampadine sono a bassa efficienza, cioè la maggior parte dell’energia che gli serve per fare luce poi va perduta perchè si trasforma in calore, consumando molto di più del necessario.

Così il Governo ha deciso che dagli scaffali e dalle insegne luminose dei grandi centri commerciali, questo genere di lampadine debba scomparire. Ma Greenpeace si è chiesta “Perché aspettare il 2011 se la tecnologia sprecona può essere mandata in pensione subito?” E così ha proposto alle grandi aziende di eliminarla sin da subito, con ottimi risultati. Andiamo a vederli insieme.

Eco-guida di Greenpeace, ecco le 18 aziende elettroniche più (o meno) ecologiche

Oggi, il settore della Information and Communications Technology (ICT) detiene il 2% delle emissioni globali di gas a effetto serra, addirittura quanto quelle prodotte dall’aviazione, sia civile che militare. Un lusso che aziende in continua evoluzione e con margini di guadagno sempre più ampi non si possono permettere, perchè contribuirebbero ad ammazzare il mondo.

Già però molte di queste aziende tecnologiche hanno fiutato l’affare, e cioè l’ecologia, il mercato del domani. Siccome ormai tra computer, televisori, telefonini, e tutto ciò che è tecnologico, i prezzi e i prodotti sono più o meno uguali tra tutte le concorrenti, si cerca di differenziarsi dalla massa costruendo in maniera ecologica. Greenpeace ha dettato i nuovi criteri di valutazione nella nuova edizione di Eco-guida, il manuale a cui si dovrebbero attenere i produttori elettronici.