WWF: 350 specie rarissime a rischio nell’Himalaya

Muntiacus putaoensis

L’Himalaya non è soltanto una delle catene più affascinanti della nostra Terra (forse la più affascinante), ma è anche un’immensa distesa di biodiversità che rischia di sparire a causa del riscaldamento globale. Ma stavolta non si tratta solo di ghiacciai che si sciolgono. In pericolo ci sono centinaia di specie, alcune ritenute rarissime.

A lanciare l’allarme è il WWF, che dopo anni di ricerca ha scoperto alcuni tipi di animali che si credeva fossero estinti, ed altri addirittura ancora sconosciuti. Tra questi il più affascinante è un geco che potrebbe essere una delle specie più antiche ancora in vita. Si stima infatti che questa specie abitasse la Terra oltre 100 milioni di anni fa, e che adesso, a causa dei mutamenti climatici causati dall’uomo, potrebbe sparire per sempre. Ma altre affascinanti specie sono a rischio.

Barriere coralline, le più colpite dal riscaldamento globale

coralli-riscaldamento-globaleAlcune specie, sia tra quelle animali che tra quelle vegetali, si abituano più rapidamente ai repentini cambiamenti climatici cui è sottoposto il nostro pianeta a causa del riscaldamento globale. Altre scompaiono. O sono in grave pericolo. Tra queste la barriera corallina risulta essere tra le più sensibili e tra le più colpite dai mutamenti climatici.

L’acidificazione degli oceani ne mette infatti a rischio la composizione strutturale, la violenza sempre maggiore di uragani e tempeste ne impedisce il recupero e contrasta la capacità dei coralli di ritrovare un equilibrio e di porre rimedio ai danni subiti, ricostituendosi.

Un mondo senza farfalle, gli insetti barometro dei cambiamenti climatici

farfalle-barometro-cambiamenti-climatici1Nella Georgia centrale il monitoraggio delle farfalle nelle riserve della fauna selvatica viene utilizzato come spia per seguire il corso dei cambiamenti climatici in atto, e valutarne la gravità.
Alcuni ricercatori sono fortemente preoccupati dal declino delle popolazioni di farfalle, da interpretare come un segnale del peggioramento delle condizioni ambientali in cui versa la terra. Le farfalle sono infatti tra gli insetti più sensibili ai cambiamenti nel loro habitat, e sono un po’ come i canarini nelle miniere di carbone. Jerry Payne, entomologo in spedizione al Piedmont National Wildlife Refuge, a circa 70 miglia da Atlanta, spiega:

Quando si nota l’assenza delle farfalle, si sa già che qualcosa non sta andando per il verso giusto.
Purtroppo, abbiamo individuato il nemico – siamo noi. L’uomo è la causa principale del declino della popolazione di farfalle. Stiamo portando via la loro terra.

Tartarughe marine, il commercio Usa-Cina mette a rischio più di una specie

estinzione-tartarughe-marineOgni anno milioni di tartarughe marine statunitensi che vengono allevate o catturate allo stato selvatico finiscono sulla tavole dei cinesi, dove l’antica prelibatezza riservata alle èlites è divenuta purtroppo facilmente abbordabile anche dalle masse.
La crescita delle esportazioni di tartarughe dagli Stati Uniti al mercato cinese è in picchiata.

I cinesi non usano le tartarughe marine solo come piatto prelibato, ma utilizzano anche parti dell’animale nella medicina tradizionale cinese, come potenziamento del sistema immunitario e miglioramento delle prestazioni sessuali.
Gli ambientalisti temono che questa forte domanda provocherà l’estinzione di alcune delle specie di tartarughe d’acqua dolce diffuse negli Stati Uniti.
Ecco perché lo Stato della Florida ha appena approvato una nuova legge che pone fine all’allevamento a fini commerciali delle tartarughe.

Estinzione: ecco tutti i numeri dello studio più preoccupante del mondo

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I Governi devono agire con urgenza per arrestare la perdita di habitat e l’aumento di specie invasive che rappresentano grandi minacce per la biodiversità e causano estinzioni di massa in tutta l’Australia, la Nuova Zelanda e le isole del Pacifico. A lanciare l’allarme è uno studio pubblicato sulla rivista Conservation Biology, il quale è la prima rassegna completa di oltre 24.000 pubblicazioni scientifiche in materia di conservazione della regione oceanica. Compilato da un team di 14 scienziati, esso rivela un peggioramento nel quadro della distruzione degli habitat e delle perdite nelle specie.

La Terra sta vivendo la sua sesta estinzione e il nuovo rapporto rivela che questa minaccia è l’approfondimento di sei grandi fronti. La nostra regione potrebbe avere forse la peggiore estinzione registrata sulla Terra. Le cause sono la perdita e il degrado degli habitat, le specie invasive, il cambiamento climatico, l’eccessivo sfruttamento, inquinamento e le malattie della fauna selvatica

spiega uno degli autori della relazione, il professor Richard Kingsford dell’Università del New South Wales.

Hawaii: la popolazione marina rischia di estinguersi

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Le barriere coralline sono in grave pericolo. Stanno cominciando a cambiare e, se non si interviene ora, non ci saranno più barriere coralline entro il prossimo secolo

spiega Ku’ulei Rodgers, Assistente Ricercatore presso l’Istituto di Biologia Marina di Honolulu, Hawaii. Rodgers dal 1998 ha contribuito allo sforzo di tutto lo stato delle Hawaii di monitorare le barriere coralline in un progetto chiamato Hawaii Coral Reef Assessment & Monitoring Program (CRAMP).

La ricerca si basa sull’interazione tra il riscaldamento del pianeta e quello del mare che crea problemi al mondo delle barriere coralline. Esse servono come un rifugio per la vita degli oceani, tanto che alcuni li chiamano le “foreste pluviali del mare” per descrivere la grande varietà della vita che pullula in queste scogliere.

Riscaldamento globale: le specie più a rischio sono gli insetti, la base della catena alimentare

insetto-a-rischio-estinzioneGiorni fa parlavamo di una razza di pecora che si stava evolvendo a causa dei cambiamenti climatici. Ma non dobbiamo dimenticarci che ci sono migliaia di specie che per colpa di questi mutamenti rischiano di sparire. Se fosse per Jessica Hellmann, biologa presso l’Università di Notre Dame, gli insetti come farfalle e coleotteri che esercitano la stessa forza di conservazione animale, potrebbero diventare le icone tradizionali dell’estinzione dei giorni nostri, come accade ad esempio con gli orsi polari.

Gli insetti infatti sono alla base degli ecosistemi, ed anzi, forse hanno un ruolo ancora più importante di quello degli orsi polari. Quasi l’80% delle piante di tutto il mondo necessitano dell’impollinazione, e il valore annuale del lavoro degli insetti nelle colture nei soli Stati Uniti è stato calcolato in circa 20 miliardi di dollari. Peccato però che essi siano particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici, in quanto non possono regolare la temperatura del loro corpo.

Le ricerche condotte da Hellmann e Shannon Pelini, una sua dottoranda, indicano che il riscaldamento globale può influenzare tutte le varie fasi della vita di un insetto, ma può anche colpirlo in modi diversi. Possono ad esempio veder modificato il loro habitat in modo che non sia più abitabile.

Caccia scientifica, moratoria balene a rischio

baleneIslanda e Giappone rischiano di far saltare la moratoria sulla caccia alle balene per scopi commerciali. L’allarme è stato lanciato in questi giorni da Greenpeace, dopo la notizia di una richiesta per la riapertura della caccia alle megattere, che verrà presentata dalla Danimarca, per conto, della Groenlandia, sul tavolo della 61/a sessione annuale della Commissione baleniera internazionale (Iwc), che si riunisce dal 22 al 26 giugno a Madeira in Portogallo.

Le megattere sono specie protetta dal 1963 e fungono da modelle per il whale watching. A quanto pare, la Groenlandia vorrebbe poter cacciare 10 megattere all’anno in acque territoriali europee per motivi di sussistenza. Ma, sempre secondo Greenpeace, si tratterebbe di motivazioni false, perchè gli esemplari uccisi ogni anno dalle popolazioni locali soddisfano appieno il fabbisogno del Paese, tanto da non sfruttare nemmeno la totalità delle quote consentite. Ma a preoccupare gli animalisti è soprattutto la ripresa della caccia in Giappone e Islanda.

Antica estinzione degli ecosistemi: colpa del riscaldamento globale

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Un gruppo di scienziati irlandesi ha trovato la prova di un’improvvisa estinzione nella biodiversità vegetale. Uno scrigno di 200 milioni di anni che conteneva foglie fossili raccolte nella parte Orientale della Groenlandia racconta la storia custodita per milioni di anni. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science.

I ricercatori si sono sorpresi nello scoprire che un probabile candidato responsabile per la perdita della vita vegetale è stato un piccolo aumento di gas a effetto serra di biossido di carbonio, che ha causato un’incremento della temperatura della Terra. Il riscaldamento globale è stata a lungo considerato come il colpevole dell’estinzione di diverse forme di vita, e questa potrebbe esserne una prova.

Secondo Jennifer McElwain della University College di Dublino, autrice dello studio, il biossido di zolfo, dovuto ad ampie emissioni vulcaniche, può essere stato una delle cause delle estinzioni. Esso può aver contribuito all’incremento dell’anidride carbonica.

Approvato il piano Mom per salvare la foca monaca

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La foca monaca si sta riaffacciando in Italia, non facciamola sparire. Con questo grido l’Unione Europea, ed in particolare i Paesi del Mediterraneo, hanno deciso di preservare dall’estinzione uno degli animali più belli, ma anche a maggior rischio del mondo. Fino a qualche decennio fa la foca monaca popolava tutto il Mediterraneo, ed in Italia le maggiori concentrazioni erano presenti in Sardegna e Liguria.

Poi la devastazione del suo habitat naturale e la caccia senza regole hanno fatto sparire questo animale dalle coste italiane, spagnole e francesi, permettendogli di sopravvivere soltanto in Grecia, peraltro in soli 300 esemplari. Per questo il Mom, l’associazione ellenica per lo studio e la protezione della foca monaca, ha approvato un nuovo piano secondo il quale si prova a far moltiplicare gli esemplari degli animali non solo in Grecia, ma in tutto il Mediterraneo. E siccome già le prime foche stanno facendo capolino in Toscana, è un’occasione che nemmeno noi italiani dobbiamo lasciarci sfuggire.

Che fine fanno i parassiti delle specie estinte?

parassiti-specie-estinteOggi scienziati ed animalisti promuovono l’intento comune della difesa della biodiversità, i primi con ricerche volte a dimostrare l’importanza per l’uomo della coesistenza pacifica con altre specie, i secondi tramite iniziative volte a sensibilizzare i cittadini di tutto il mondo sul problema dell’estinzione delle specie viventi provocata dai cambiamenti climatici e dal cattivo uso delle risorse naturali perpetrato dal genere umano.

Quello che spesso non viene detto, e che forse non tutti sanno, è che per ogni specie estinta in pericolo sono anche altre specie la cui sopravvivenza è legata ad un particolare animale. Ad esempio, quando l’orso polare, il panda saranno estinti, che fine faranno i parassiti ospitati dalle specie che oggi rischiano di scomparire per sempre?
Certo, ci preoccupa di più la sorte del tenero panda, piuttosto che quella dei parassiti suoi ospiti, ma la verità è un’altra, e cioè che anche il micro-organismo apparentemente più inutile contribuisce a mantenere gli equilibri degli eco-sistemi in cui viviamo.
In una recente relazione pubblicata sui Proceedings of the Royal Society, il biologo Rob Dunn insieme ad un gruppo di colleghi della North Carolina State University ha esaminato il concetto di coestinzione e l’effetto domino causato dalla perdita di una singola specie.

I parchi naturali, ancora di salvezza per le specie minacciate dai cambiamenti climatici

aree-protette-biodiversita-cambiamenti-climaticiIl mantenimento di aree protette che garantiscano la sopravvivenza della fauna selvatica è fondamentale per contribuire a salvare fino al 90% delle specie di uccelli che in Africa sono stati pesantemente colpiti dal cambiamento climatico. E’ quanto affermano in una recente ricerca gli scienziati della Durham University, che insieme ai ricercatori di BirdLife International e di RSPB (BirdLife nel Regno Unito), hanno esaminato gli effetti del cambiamento climatico sulle 815 specie di uccelli considerati specie protette che si trovano nell’Africa sub-sahariana e nel complesso delle Important Bird Areas, le aree a loro destinate.

Pubblicato da Ecology Letters, lo studio, finanziato dalla RSPB, dimostra che la rete di aree protette destinate alla fauna selvatica sono e saranno in misura sempre maggiore uno strumento fondamentale per aiutare la biodiversità a sopravvivere ai cambiamenti climatici. I risultati suggeriscono un urgente bisogno di leggi per tutelare gli eco-sistemi e le principali oasi della fauna selvatica in Africa.

Delocalizzazione gestita, un metodo per salvare gli animali in via d’estinzione

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Gli scienziati stanno per la prima volta valutando i modi per aiutare le specie di adattarsi al rapido cambiamento climatico e alle altre minacce ambientali attraverso strategie che sono state considerate troppo radicali solo cinque o dieci anni fa. Tra queste strategie attualmente in esame c’è la cosiddetta “delocalizzazione gestita“. Conosciuta anche come “migrazione assistita“, si tratta dello spostamento manuale delle specie in habitat migliori rispetto a quelli in cui attualmente si trovano.

Un nuovo strumento pionieristico per aiutare in questo compito è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). I ricercatori finora avevano evitato tale strumento per non causare l’estinzione di alcune specie locali, o intasare gli habitat. Allora perché adesso lo si sta prendendo in seria considerazione? Perchém secondo Jessica Hellmann, una delle autrici dello studio:

è evidente che la stragrande maggioranza degli animali sarà danneggiata dal cambiamento climatico molto velocemente. Le conseguenze le potremo rilevare all’interno di decenni, non secoli. Quindi, l’azione sembra molto più importante di quello che poteva sembrare 5 o 10 anni fa, quando le concentrazioni atmosferiche di gas ad effetto serra erano inferiori.

Il Governo si tinge di verde: altri fondi stanziati per le biciclette e stop alla caccia senza limiti

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Le associazioni ambientaliste possono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Il Governo italiano ha dato ascolto agli appelli che arrivavano da migliaia di cittadini italiani e ha imboccato decisamente la via dell’ecologia. Certo, il lavoro che resta da fare è ancora tantissimo, ma vedere che si cominciano a prendere i primi provvedimenti infonde fiducia.

Il primo provvedimento, probabilmente il più importante perché ci farà assomigliare alle altre nazioni in termini di mobilità, riguarda le biciclette. Un mese fa vi avevamo parlato del finanziamento statale per chi avesse voluto acquistare una bicicletta. Lo Stato dava incentivi talmente favorevoli che questi sono finiti nel giro di poche settimane. Più in particolare, il finanziamento prevedeva che per quanto riguardava i motocicli, le biciclette elettriche e i quadricicli, vi si poteva accedere con la rottamazione; per acquistare una bicicletta nuova invece il finanziamento non prevedeva vincoli (se non il limite di spesa).