Ridurre le emissioni di gas serra tramite incendi controllati

co2 incendiChi lo ha detto che il fuoco deve essere necessariamente un nemico per l’ambiente? Un recente studio ha scoperto infatti che gli incendi controllati sono utili a ridurre le emissioni di carbonio.

Per incendi controllati si intendono quelli utilizzati dai forestali per ridurre il sottobosco e proteggere in tal modo gli alberi più grandi. In questo tipo di incendio il rilascio delle emissioni di biossido di carbonio è risultato notevolmente inferiore rispetto ad incendi incontrollati delle stesse dimensioni.

I Paesi del Mediterraneo tolgono il divieto al commercio del tonno rosso

tonno rosso mediterraneo

Il cosiddetto “Club Med“, cioè il gruppo dei Paesi meridionali dell’Unione Europea, ha eliminato il divieto al commercio del tonno rosso, il quale poi viene trasformato nel pregiato pesce giapponese sushi. Ovviamente questa decisione ha scatenato l’ira degli ambientalisti, dato che le popolazioni di tonno rosso sono in calo pericolosamente in tutto il mondo.

Due settimane fa la Commissione europea ha deciso, dopo settimane di discussione, di accettare una proposta proveniente da Monaco di vietare il commercio di tonno rosso. Se l’Unione europea avesse votato per il divieto al forum internazionale di marzo, la pesca del tonno rosso sarebbe stata effettivamente messa fuori legge, almeno temporaneamente. Nonostante l’ottimismo che il divieto ha suscitato, e nonostante il sostegno da parte dei 21 Governi dell’Unione, il procedimento è stato bloccato in una riunione a Bruxelles ieri sera da parte di Malta, Cipro, Spagna, Italia, Francia e Grecia.

Cambiamenti climatici, farfalle e primavera in anticipo

farfalle PrimaveraSe una rondine non fa Primavera, che dire delle farfalle, sempre più in anticipo, stando a quanto affermano gli esperti, sulla tabella di marcia del cambio di stagione? A giudicare dalle temperature ancora poco miti un po’ su tutta la Penisola, in Italia non sembra certo spirare una brezza tiepida. Eppure, a livello globale, team di scienziati sono pronti a giurare che la Primavera, ormai da qualche anno, arriva prima.

E a dare credito a queste affermazioni ecco spuntare le farfalle che, rispetto a circa 65 anni fa, vengono fuori con dieci giorni di anticipo. Una spia del cambiamento climatico, stando a quanto afferma un recente studio coordinato dal dottor Michael Kearney, del Department of Zoology della University of Melbourne, in Australia.

Cap and trade: utile ma sbagliato

cappa di inquinamento

Tutti sanno che l’anidride carbonica è il principale gas a effetto serra che determina il cambiamento climatico. E tutti sanno che è un problema globale. Ora uno studio della Stanford University ha dimostrato che è anche un problema locale, dato che danneggia la salute degli abitanti delle città “molto più degli abitanti delle zone rurali”, a causa dell’effetto “cappa” del biossido di carbonio che si sviluppa sulle aree urbane.

Tale constatazione, ha detto il ricercatore Mark Z. Jacobson, espone una grave mancanza del cap-and-trade per la riduzione delle emissioni di gas che trattengono il calore, dato che non fanno distinzione sui diversi punti inquinanti d’origine. La scoperta fornisce anche la prima base scientifica per il controllo delle emissioni di biossido di carbonio locali in base al loro impatto sulla salute.

Le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera riprendono a salire nel 2010

emissioni

Non ci è voluto molto tempo. Le emissioni globali, dopo una fase di stallo a seguito della recessione mondiale cominciata nel 2008, la quale ha portato come unico beneficio il crollo delle emissioni da parte di molte nazioni, prima delle quali la più inquinante, gli Stati Uniti, sembrano ripartire. Il 2010 infatti ha registrato un nuovo rialzo della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, dopo un calo del 2009.

Secondo un rapporto della Reuters,

I livelli del principale gas a effetto serra nell’atmosfera sono aumentati a nuovi massimi nel 2010, nonostante un rallentamento economico in molte nazioni che ha frenato la produzione industriale, hanno mostrato i dati di lunedi. Il biossido di carbonio, misurato alla stazione di Zeppelin, in Norvegia, sull’arcipelago Artico di Svalbard, è salito a una media di 393,71 parti per milione nell’atmosfera nelle prime due settimane di marzo dalle 393,17 nello stesso periodo del 2009, che ha interrotto anni di incrementi.

Lista rossa Ue: a rischio farfalle, scarabei e libellule

cavolaia di madeira

La Commissione Europea lancia l’allarme: sempre più specie stanno sparendo dal nostro territorio. Ogni anno, dal 2007, viene stilata la cosiddetta “lista rossa“, un elenco di specie che rischiano l’estinzione, il quale si aggiunge a quello degli animali ormai tristemente estinti, almeno all’interno dei confini europei.

L’aggiunta di quest’anno è piuttosto sorprendente, dato che considera alcune specie di insetti che si pensava potessero sopravvivere più facilmente alle mutate condizioni climatiche e dell’habitat rispetto alle specie più complesse. Ma il dato ancora più triste è che alcune specie, come la cavolaia di Madeira, una specie di farfalla tipica dell’isola portoghese, esistevano soltanto nel nostro Continente, e sono ormai da considerare estinte. I ricercatori spiegano di non aver avvistato una cavolaia di Madeira nemmeno una volta negli ultimi 20 anni, e questo fa di lei una specie scomparsa. Ma non finisce qui.

L’Europa ha deciso: l’obiettivo emissioni rimane al 20%, ma tutti si dovranno adeguare

bandiera europea

Nonostante Stati Uniti e Cina continuino a beccarsi come galli in un pollaio, l’Unione Europea continua ad andare avanti anche da sola. Nello scorso week-end la Commissione europea ha annunciato che l’Unione a 27 perseguirà l’obiettivo del taglio delle emissioni al 20% entro il 2020. Si è deciso, visto l’ostruzionismo di alcuni Paesi (tra cui l’Italia) di evitare di costringere tutti a raggiungere il taglio del 30%, ma intanto l’obiettivo deciso rimane il più alto al mondo.

Inoltre l’UE è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di produrre il 20% della sua energia da fonti rinnovabili entro il 2020 e raggiungere il 20% dell’efficienza energetica per quella data.

Pm10: al Sud provoca più morti che al Nord

inquinamento palermo

Siamo ormai passati dalla classica affermazione “l’inquinamento fa male”, all’analizzare cosa significa inquinamento. Così, andando a scoprire tutte le varie sfaccettature di questo problema di cui non ci libereremo tanto presto, scopriamo che probabilmente il pericolo maggiore arriva dall’aria che respiriamo, ed in particolare dai Pm10, meglio conosciute come polveri sottili.

Secondo un’indagine effettuata da Epiair è risultato che queste particelle che entrano facilmente nelle nostre vie respiratorie e comportano diversi danni, tra cui anche alcuni tumori, fanno molto più male al Sud che al Nord Italia. In particolare, tra le prime 10 città analizzate in questa ricerca che verrà replicata e allargata per il periodo 2010-2012, pare che il Pm10 provochi maggiori danni nella città di Palermo, e minori in quella di Milano.

Mal’aria industriale, l’atmosfera italiana ne è piena

inquinamento industrialeIl rapporto di Legambiente Mal’aria industriale per il 2010 evidenzia l’apporto nefasto dell’industria all’atmosfera italiana, una forma di inquinamento spesso trascurata e dimenticata, volutamente, dalle istituzioni che preferiscono concentrarsi sulla riduzione del traffico, imputando principalmente alle auto la causa dello smog. In realtà, in quello che è il cuore della produzione industriale italiana, il triangolo settentrionale, c’è da dire che i veicoli, prendiamo la città di Milano ad esempio, sono quasi tutti a ridotte emissioni e ultramoderni. Il problema è a monte. Lo evidenzia bene questo rapporto di Legambiente, che esamina la totalità delle sostanze tossiche che finiscono nella nostra aria a causa delle emissioni industriali.

Tra il 2006 e il 2007  sono saliti a +15% gli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici), a +6% le diossine e i furani, a +5% cadmio e +3% cromo. E’ con questi dati che l’industria italiana si conferma come la principale fonte di microinquinanti scaricati in atmosfera, producendo il 60% del cadmio totale, il 70% delle diossine, il 74% del mercurio, l’83% del piombo, l’86% dei Policlorobifenili (PCB), l’89% del cromo, fino al 98% dell’arsenico. Tutti inquinanti che sembrano finiti nell’oblio ma che, invece, contribuiscono in modo molto pesante a rendere insalubre l’aria respirata nei luoghi di lavoro e nei centri urbani limitrofi alle aree industriali.

Vivere in città fa male alla salute

stress vita in cittàVoglio andare a vivere in campagna. Così cantava Toto Cutugno, e non aveva tutti i torti. Ci sarà poi andato a vivere lontano dal caos della grande città? Se lo avesse fatto, avrebbe certamente operato una scelta giusta. Stando ai dati raccolti da Legambiente pare infatti che vivere in città faccia male alla salute per una miriade di motivi. Primo tra tutti, l’inquinamento da polveri sottili, che provoca asma, malattie respiratorie e mina la qualità della vita quotidiana, mettendo a rischio soprattutto i bambini.

Legambiente  ha presentato la sua analisi nell’ambito della V Conferenza ministeriale ambiente e salute organizzata dai ministeri dell’Ambiente e dalla Salute italiani e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Europa.

Le “zone morte” oceaniche aggravano notevolmente l’impatto del riscaldamento globale

zona morta oceanica

Non bastavano le emissioni, i rifiuti e i metodi d’inquinamento vari. Dei ricercatori americani hanno ora scoperto che la maggiore frequenza e intensità della privazione di ossigeno nelle cosiddette “zone morte” lungo le coste del mondo, può influire negativamente sulle condizioni ambientali, riversandosi nelle condizioni delle acque.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Science dai ricercatori della University of Maryland Center for Environmental Science dall’oceanografo dr. Lou Codispoti, spiega che la maggiore quantità di protossido di azoto (N2O), prodotta in condizioni di scarso ossigeno (ipossia) nelle acque può elevare le concentrazioni nell’atmosfera, aggravando ulteriormente l’impatto del riscaldamento globale e contribuire al buco nell’ozono che causa un aumento nella nostra esposizione alle radiazioni ultraviolette.

Poiché il volume delle acque ipossiche verso la superficie del mare si espande lungo le nostre coste, la sua capacità di produrre i gas a effetto serra aumenta il protossido di azoto. Le acque con poco ossigeno producono attualmente circa la metà del protossido di azoto oceanico; abbiamo potuto vedere un ulteriore significativo aumento [di emissioni] atmosferiche se queste “zone morte” continuassero ad espandersi

spiega il Dr. Codispoti dell’UMCES Horn Point Laboratory.

Nonostante le riserve naturali, 25 grandi mammiferi rischiano l’estinzione in India

tigre parco nazionale

L’India ha avuto sempre un sistema di aree protette per la fauna selvatica sin dal 1928. Ora, ce ne sono più di 500 nel Paese che vanno da quelle dedicate alle tigri alle riserve di uccelli fino alle aree più generali, con l’intenzione di proteggere gli habitat ricchi di diversità biologica.

Purtroppo però, secondo un nuovo studio, anche questi sforzi non possono essere sufficienti a salvare alcune delle specie più in pericolo di estinzione. Considerando il tasso di crescita economica dell’India, i ricercatori hanno concluso che le attuali aree protette dovranno essere ampliate e rinnovate costantemente, se vogliamo che le più grandi specie di mammiferi vengano conservate.

I mutamenti climatici causano siccità e deforestazione in Europa

deforestazione europea

A seguito della presentazione del “Libro Verde“, la relazione della Commissione Europea sullo stato ambientale dell’Unione, si intuisce immediatamente il pericolo che stiamo correndo a causa dei mutamenti climatici. Le conseguenze sono molteplici e spesso legate tra di loro.

Il primo problema, sempre più evidente, sono gli incendi. Ogni anno mediamente perdiamo, all’interno dei confini dell’Europa Unita, mezzo milione di ettari di foreste, con circa 50 mila incendi concentrati perlopiù nel Sud Europa, in particolare in Italia, Spagna e Grecia. Purtroppo però, a causa del riscaldamento globale, questi incendi non rimarranno stabili (e già così sarebbe problematico), ma sono destinati ad aumentare.

Può un particolare tipo di eucalipto essere cancerogeno?

Eucalyptus nitens

Un’incredibile notizia che, se venisse confermata, potrebbe essere molto più che preoccupante, arriva dalla Tasmania. Un medico australiano, un ecologo marino, e gli allevatori ostriche locali hanno lanciato un allarme qualche settimana fa su una vicina piantagione in monocoltura di Eucalyptus nitens. Secondo queste persone infatti, essa può essere la causa dell’avvelenamento delle riserve idriche locali, il quale ha causato tumori rari e mortalità elevata nelle ostriche lì allevate. Tuttavia, la tossina non deriva dai pesticidi usati per proteggere le colture dalle specie invasive, come originariamente si era pensato, ma sembra provenire proprio dagli alberi stessi.

La tossina è in realtà proveniente dagli alberi in monocultura

ha spiegato il biologo marino Marcus Scammell al giornalista del programma che per primo, in Australia, ha recepito l’allarme, e cioè lo show Today.