Congresso di Copenaghen: l’India tira il freno, nessun accordo se vengono posti vincoli

parlamento indiano

Dopo le dichiarazioni di intenti di Obama e della Cina, dopo che anche l’Europa si era mossa e aveva proposto una bozza di discussione, tutto sembrava volgere per il verso giusto. Ma siccome non c’è summit che si rispetti senza qualcuno che remi contro, ecco che interviene l’India, uno dei maggiori inquinatori mondiali, a bloccare tutti i facili entusiasmi.

L’intervento del secondo più grande Stato asiatico è arrivato dopo la proposta del Governo danese di porre dei paletti alle emissioni. In breve l’India non è d’accordo con i vincoli stretti, e ha posto 4 condizioni per poter aderire all’accordo che (si spera) potrà uscire alla fine del vertice di Copenaghen:

  1. Il vincolo alla riduzione delle emissioni deve valere solo per i Paesi industrializzati e non per tutti;
  2. Nessun controllo internazionale senza aiuti economici;
  3. Nessuna data per il picco previsto delle emissioni;
  4. Nessuna barriera economica sullo scambio di merci inquinanti nei Paesi in via di sviluppo.

Se da una parte alcune richieste indiane sembrano ragionevoli, dall’altra sono talmente esagerate che anche alcuni Paesi poveri potrebbero non essere d’accordo.

Congresso di Copenaghen: pronta la bozza per l’Europa

parlamento europeo bruxelles

L’Europa, attraverso il Governo danese che ospiterà il prossimo congresso che deciderà le sorti del clima mondiale, ha proposto una prima bozza da presentare durante il meeting che inizierà il 7 dicembre prossimo. Il nuovo obiettivo parla del taglio del 50% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050. Un obiettivo positivo, ma di cui non c’è tantissimo da andar fieri.

Per fortuna l’Europa aggiusta un po’ il tiro, migliorando la richiesta con i restanti punti presentati oggi, i quali parlano dell’80% del taglio delle emissioni che dovrà provenire dai Paesi industrializzati ed uno stanziamento di un fondo di almeno 30 miliardi di euro da erogare ai Paesi poveri entro il 2020, mentre fino al 2050 i miliardi per l’adeguamento dovranno essere 100.

350.org organizza fiaccolate durante la conferenza di Copenaghen. Siete tutti invitati

manifestazione 350.org

Mancano poche settimane al congresso di Copenaghen, ed è ormai chiaro che tutti noi abbiamo la necessità di mantenerci uniti e far sentire la nostra voce ai leaders che si inconteranno, per fargli capire che ora è il momento di agire realmente sui cambiamenti climatici.

350.org sta organizzando veglie a lume di candela da effettuare durante i negoziati sul clima, a partire dal giorno prima in cui i capi di Stato e di Governo si riuniranno nella Conference Hall. 350.org chiede alla gente di scegliere un luogo simbolo nella loro città, e raccogliere famiglia, amici e vicini di casa per inviare un messaggio.

65 capi di Stato e di Governo hanno già aderito ai colloqui di Copenaghen. Indovinate chi manca?

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Sessantacinque capi di Stato e di Governo hanno confermato che saranno presenti al convegno del prossimo mese sul clima organizzato dall’ONU a Copenhagen, il quale (ci si augura) porterà un forte impegno politico per un nuovo trattato per combattere il riscaldamento globale.

Anche se le speranze di raggiungere un accordo giuridicamente vincolante sembrano diminuire, l’incontro del 7-18 dicembre per i colloqui sul clima in cui sono stati invitati 191 leader si farà, ed in molti si sono già impegnati a non farlo fallire.

La conferenza di Copenaghen è stata inizialmente organizzata per i ministri dell’ambiente, ma ora la scena è pronta per un vertice, anche se non è ancora chiaro se il presidente Usa Barack Obama sarà presente. E non lo è nemmeno per il presidente italiano, Silvio Berlusconi, il quale si è sempre detto contro qualsiasi accordo vincolante, ed è tra i pochi in Europa a remar contro. Sicura invece la presenza della Ministra Prestigiacomo.

Congresso di Copenaghen: Game Over, Obama e Hu Jintao decidono di non decidere

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Il congresso di Copenaghen rischia di diventare una creatura morta ancor prima di nascere. Un incontro che avrebbe dovuto far decidere ai politici di 192 Paesi di porre un freno alle emissioni e di invertire la tendenza del riscaldamento globale è stato definitivamente affossato questa notte a Singapore.

Nella città asiatica in questi giorni si sta tenendo un vertice Asia-Pacifico in cui si prendono importanti decisioni economiche, ma tra tutte queste se n’è presa una, proprio mentre l’Occidente dormiva, destinata a far discutere: mancano 22 giorni al vertice danese, troppo poco per decidere, dunque a Copenaghen non si deciderà nulla. A metterlo per iscritto sono stati i due veri manovratori del trattato, Barack Obama e Hu Jintao, i quali con un vero e proprio colpo di spugna hanno tagliato fuori l’Europa, che si stava impegnando a fondo per ridurre le emissioni, e hanno rimandato tutto a data da destinarsi.

Si è cominciato a sospettare qualcosa nella serata di ieri, quando il presidente danese Rasmussen, che dovrà presiedere l’incontro, è stato lettaralmente gettato giù dal letto ed è stato fatto partire col primo aereo per Singapore, convocato dalla coppia Obama-Jintao per discutere di cose importanti. Una volta arrivato, Rasmussen ha dovuto assistere ad una scena patetica, con i due capi di Stato che si stringevano la mano sorridenti e lui, a rappresentare l’Europa, ad ufficializzare la decisione che di fatto non toglie dal gioco soltanto due nazioni, ma affossa tutti gli sforzi mondiali.

10 punti da tenere a mente in vista di Copenaghen

copenhagen congress center

Con tutti i contrastanti e mutevoli impegni nazionali sul tavolo per il COP15, l’accordo che si spera di trovare a Copenaghen, è molto facile per chi non segue con attenzione questo evento perdere di vista ciò che deve realmente accadere. Per chi fosse interessato, il WWF ha proposto una rapida panoramica di 10 punti che vale la pena prendere in considerazione:

1. Il quadro è giuridicamente vincolante. Ognuno deve accettare di essere legalmente vincolato ad un trattato globale sul clima con una modifica del protocollo di Kyoto ed un nuovo protocollo di Copenaghen, che “assicuri la sopravvivenza di Paesi, culture ed ecosistemi” e aiuti a preparare il terreno per una futura economia con basse emissioni di carbonio.

2. Il picco delle emissioni di carbonio deve arrivare prima del 2017. Se siamo in grado di fare questo abbiamo una migliore possibilità di mantenere l’aumento della temperatura globale sotto i 2 °C, e di avere il tempo per prendere provvedimenti. Più avanti arriverà il picco, minori saranno le possibilità di salvezza.

De Boer: “Difficilmente il congresso di Copenaghen troverà una soluzione”

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Yvo de Boer, il commissario per il clima delle Nazioni Unite, ha pubblicamente affermato che non c’è modo che un accordo su un vero e proprio trattato sul clima globale possa essere raggiunto nel dicembre prossimo. Una brutta notizia, visto che se non ci crede nemmeno chi questo accordo lo deve guidare, figuriamoci come la penseranno coloro che già sono contro tale accordo.

Secondo Bloomberg, de Boer ha detto che mentre un trattato vincolante sul clima in questo momento è “impossibile”, non tutto è perduto perché qualche progresso può ancora essere fatto:

I delegati provenienti da circa 190 Paesi che si incontreranno nella capitale danese dovrebbero invece concentrarsi su “quattro principali elementi essenziali politici” che comportano riduzioni delle emissioni per i Paesi sviluppati, gli sforzi che devono essere compiuti dai Paesi in via di sviluppo, gli aiuti del clima e della governance.

Queste le parole che de Boer ha annunciato ieri durante una conference call. Gli ultimi dettagli devono essere compilati l’anno prossimo, ha affermato.

De Boer: “il vertice di Bangkok è per ora un fallimento”

vertice di bangkok

Gli sforzi per convincere le nazioni ricche ad inasprire i tagli alle emissioni non sono riusciti a fare molta strada nei colloqui sul clima nella capitale thailandese, Bangkok. A spiegarlo è stato il portavoce dell’ONU, che ha reso noto che delegati provenienti da circa 180 nazioni, riuniti in Thailandia per cercare di ridurre le differenze sui modi di ampliare e approfondire la lotta contro i cambiamenti climatici, non hanno trovato una soluzione globale al problema.

I colloqui, che si concluderanno il 9 ottobre prossimo, sono l’ultima grande sessione negoziale prima che i ministri dell’ambiente si incontrino a Copenhagen per tentare di sigillare un patto più severo a livello mondiale, per sostituire il protocollo di Kyoto.

I progressi verso la riduzione delle emissioni dei Paesi altamente industrializzati rimane deludente. Non stiamo vedendo progressi reali

ha affermato Yvo de Boer, capo della commissione cambiamenti climatici delle Nazioni Unite.

Conferenza dell’Onu: discorso storico di Obama e Gordon Brown

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Le parole del Premier italiano al congresso delle Nazioni Unite sul clima sono state le solite già note: insignificanti richiami all’unità senza dati nè soluzioni. Per fortuna c’è anche qualcuno che parla chiaro e porta a conoscenza del mondo qualche novità. E’ il caso del primo ministro britannico Gordon Brown, il quale ha avvertito che il mondo sta entrando nei sei mesi più critici che è probabile servano per testare la volontà dei leader mondiali nel far qualcosa, ancor più di quanto hanno fatto durante la recente crisi economica.

Parlando all’assemblea generale dell’Onu a New York, Brown ha detto che i leader mondiali hanno mostrato il coraggio morale di fronte alle sfide e, per la prima volta nella storia umana,

hanno creato una società davvero globale. La grande lezione dell’anno scorso è che solo l’azione audace ha impedito che una recessione globale potesse diventare una depressione. Abbiamo espresso un risposta coordinata a livello fiscale e monetaria che, secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha salvato 7-11 milioni di posti di lavoro.

Obama lancia l’allarme, Hu Jintao risponde: i leader mondiali uniti contro il riscaldamento globale

obama all'Onu

Circa 100 capi di Stato (tranne quello italiano) si sono riuniti nel palazzo delle Nazioni Unite di New York questa mattina per una conferenza senza precedenti sulla lotta al cambiamento climatico. Il miglior risultato lo abbiamo avuto con i leader più attesi, come Obama ed il presidente cinese Hu Jintao, i quali hanno riconosciuto che un accordo è un obiettivo importante, ma hanno anche sottolineato le proprie esigenze.

I negoziatori hanno discusso per raggiungere un accordo per ridurre le emissioni globali entro dicembre, in occasione del meeting di Copenaghen, e gli organizzatori delle Nazioni Unite sperano che questo evento darà ai colloqui un nuovo slancio politico.

Il presidente asiatico ha ammesso che la Cina ha compiuto grandi passi in avanti nello sviluppo, ma è ancora relativamente in ritardo in termini di ricchezza procapite, ma soprattutto nella lotta contro le emissioni. La causa di tale ritardo è la scarsità di capitale e tecnologia, ma soprattutto perché

i Paesi in via di sviluppo hanno limitate capacità e mezzi per affrontare il cambiamento climatico.

Terza conferenza mondiale sul clima, Ban Ki-moon: ci dirigiamo verso l’abisso

Ban-Ki-MoonCambiamenti climatici, conseguenze del riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai: questi alcuni dei temi toccati nel corso della Terza Conferenza mondiale sul clima, in corso a Ginevra. Ban Ki-moon, il segretario generale dell’Onu, ammonisce:

Abbiamo il piede sull’acceleratore e ci stiamo dirigendo verso l’abisso. Abbiamo scatenato forze potenti ed imprevedibili, il cui impatto è  già visibile. L’ho osservato con i miei occhi.

Il riferimento è alla recente visita compiuta da Ban Ki-moon al Polo per testare personalmente lo stato in cui versano i ghiacciai e portare una testimonianza ancora più vivida ed efficace alla Conferenza sul clima. Il segretario generale dell’Onu si è recato a  Ny-Aalesund, la località più settentrionale al mondo, localizzata a soli 1.231 chilometri dal polo nord. E’ la prima volta che un segretario generale dell’Onu visita Ny-Aalesund.

G8 de L’Aquila: cosa aspettarci sul clima

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I leader del G8 si riuniranno questa settimana a L’Aquila e sul tavolo, tra le altre questioni, ci saranno le proposte su cosa questi Paesi ricchi potranno fare per fermare i cambiamenti climatici. Siamo a circa 150 giorni dai negoziati internazionali sul clima di Copenaghen, ed è ben noto che, in assenza di leadership del G8, non vi sarà alcuna trattativa efficace. Ecco dunque cosa possiamo aspettarci dal meeting italiano.

La grande novità di questa settimana è che gli Stati Uniti sono ora disposti a firmare la proposta del G8 (finora sempre respinta da Bush) sull’obiettivo che porta alla limitazione dei famosi 2 gradi Celsius come aumento “autorizzato” della temperatura globale. Una cifra considerata dall’Unione europea e da molti scienziati del clima, come il punto di non ritorno.

Sif: il mondo dell’industria e dell’ecologia si incontrano a Roma

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Lunedì 15 giugno a Roma si terrà il Sif, Sustainability International Forum, un congresso internazionale per discutere di sostenibilità tra chi ne capisce veramente qualcosa, e non tra politici che parlano e promettono, senza sapere di cosa si tratta. I partecipanti tra cui, giusto per citarne uno, vi sarà Jeremy Rifkin, presidente della fondazione Economic Trends, nonché uno dei più importanti economisti al mondo, saranno chiamati a discutere dei problemi mondiali della sostenibilità e le relative applicazioni sui principali settori dell’economia.

Dopodiché sul palco allestito a Palazzo Colonna si alterneranno industriali, rappresentanti delle istituzioni, associazioni ambientaliste locali, nazionali ed internazionali, fino anche alle organizzazioni non governative. Lo scopo principale è di far incontrare il mondo dell’ecologia con quello dell’industria, prima di tutto per stabilire che non si tratta di due campi separati, e poi per convergere insieme verso una soluzione al problema che affligge entrambi in questo periodo: il riscaldamento globale e la crisi economica.

Trattato di Copenaghen: la bozza della discussione

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Il fattore che ha più ostacolato il mondo verso una svolta ambientalista probabilmente è stato il considerare tutti i Paesi uguali. Molte nazioni, come gli Stati Uniti o i Paesi del Nord Europa hanno fatto tanto, ma per rispettare i parametri del Protocollo di Kyoto o di altri trattati internazionali, chiedevano che anche gli altri Paesi facessero la loro parte.

E’ proprio questo il punto di partenza della nuova carta su cui si discuterà a dicembre nel congresso di Copenaghen: analizzare la situazione industriale di ogni Paese e prendere gli adeguati provvedimenti per una svolta ecologica. In definitiva l’obiettivo principale è quello di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei due gradi. Per cause naturali infatti la temperatura della Terra è destinata ad alzarsi, e di certo l’uomo, per com’è la situazione adesso, non può sperare di fermare la colonnina di mercurio.

Ma siccome l’inquinamento, le attività umane e soprattutto la deforestazione stanno aumentando il tasso di riscaldamento, secondo molte stime se non dovessimo prendere provvedimenti in tempo, questi due gradi potrebbero anche diventare 3, 4 o anche di più. Le conseguenze le conosciamo benissimo: scioglimento dei ghiacciai, sollevamento delle acque, inaridimento e desertificazione. In pratica la distruzione di gran parte del Pianeta.