Congresso di Durban: il testo c’è, ma manca l’accordo

di Redazione 3

La conferenza sul clima di Durban è terminata ieri sera con una notizia buona ed una cattiva. La buona è che l’Europa ha redatto il testo definitivo su cui, bene o male, tutti concordano. La cattiva è che ancora nessuno lo ha firmato, rinviando ogni discorso, come lo ha definito il Guardian, ai “tempi supplementari”. Questa mattina infatti i colloqui continueranno fuori programma, anche se non ci si attendono grosse novità.

E’ stata chiamata roadmap, tabella di marcia europea e con altri diversi nomi, ma in definitiva si tratta delle linee di principio stabilite dall’Europa, concordate con più di 100 Paesi, per tentare se non di risolvere il problema, almeno di limitare i danni. Questo testo è stato messo nero su bianco, ha fatto il giro dei banchi nelle ultime ore della conferenza, ma è rimasto con uno spazio vuoto in calce.

La roadmap prevede sostanzialmente che ogni Paese sviluppato ed in via di sviluppo avvi un processo di sviluppo di un quadro giuridico per imporre leggi sulla limitazione alle emissioni, le quali dovranno essere tagliate per una certa soglia, non ancora stabilita, dopo il 2020. La soglia non è stata stabilita perché, proprio come voleva la Cina, ogni Paese dovrebbe decidere autonomamente i propri tagli senza guardare a cosa fa il vicino di confine; ed inoltre si è stabilito il termine “quadro giuridico” e non “trattato vincolante” per compiacere gli Stati Uniti che solo così potrebbero accettarlo. Tutti contenti?

Pare proprio di no. Per quanti sforzi semantici l’Europa possa fare, pare che le 194 nazioni che hanno partecipato al vertice non siano mai d’accordo. Proprio gli USA, ad esempio, non sono d’accordo sul fatto che entro il 2015 dovrà essere redatto un testo definitivo su cui tutti devono concordare. Non sono d’accordo nemmeno i Paesi africani che pensano (probabilmente a ragione) che se i Paesi ricchi non sono vincolati giuridicamente a rispettare alcuni trattati, non li rispetteranno mai. Ed in effetti è esattamente ciò che pensa l’Europa stessa con Connie Hedegaard che non è affatto soddisfatta dell’accordo, ma d’altra parte non si poteva fare di più.

Ed infatti l’Europa ha comunque affermato di voler dare il buon esempio ed ha deciso di prolungare autonomamente il Protocollo di Kyoto. Alla sua scadenza naturale, il 2012, l’UE continuerà a mettere in pratica i suoi obiettivi iniziali (taglio del 20% delle emissioni entro il 2020), e con lei potrà farlo chiunque ci starà. Tra i vari Paesi che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto sembra che tutti siano d’accordo, tranne Giappone, Canada e Russia. Una mezza vittoria però l’Europa l’ha ottenuta, e cioè far avvicinare la posizione di Cina e India a quella dei Paesi industrializzati, tanto che il capo negoziatore cinese ha chiesto che sin da subito si avviino i colloqui per trovare un accordo e fare in modo che il trattato del 2015 non venga ancora una volta disatteso.

[Fonte: The Guardian]

Photo Credits | Getty Images

Commenti (3)

  1. Non è una buona notizia:
    La UE continuerà a rastrellare soldi ai poveri cristi dei suoi sudditi, su questa bugia del riscldamento trasformata in truffa.
    La buona notizia è che potremo delocalizzare aziende vessate da questa eco-follia anche in Giappone, Canada e Russia non più solo in Cina.

    La verità è che la green economy e le relative fallimentari quanto inutili e demenziali energie alternative mostrano il vero volto, così come la consapevolezza sempre più condivisa di una temperatura INCHIODATA dal 1995, sebene vari scienziati interessati si affannano a catastrofiche quanto ridicole previsioni.

    Apparentemente limitati i danni di questo Durban.
    Permette nella UE, la sopravvivenza di aziende nate cavalcando la truffa della lotta alla CO2.

    In realtà insistere in questa eco-follia avrà effetti devastanti sulle economie dei paesi UE.
    Resteranno le aziende saprofite delle tasse dei cittadini.
    Dovranno delocalizzare le poche rimaste produttive.

    Ma è già un risultato sapere dove poter scappare.

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