L’attualità climatica è dominata dalla Cop30, la Conferenza globale sul clima in corso a Belém, Brasile, dove la comunità internazionale sta analizzando con crescente preoccupazione dossier e dati che confermano un allarme ambientale a livello globale. L’obiettivo primario di questa e di tutte le future conferenze sul clima rimane assolutamente inevitabile, ossia puntare a raggiungere una drastica riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) per mitigare gli effetti del riscaldamento terrestre.

Ulteriori considerazioni sull’allarme ambientale a livello globale di fine 2025
La discussione su questo tema cruciale richiede di analizzare in profondità quali siano i Paesi con il maggiore impatto inquinante, tenendo conto di diverse prospettive temporali e metriche. Identificare i maggiori responsabili dell’inquinamento non è semplice, poiché i risultati variano a seconda del criterio di misurazione adottato. Se si considera, ad esempio, il volume complessivo di CO2 immesso in atmosfera dal 1990 a oggi, la Cina si posiziona in testa alla classifica.
Seguono gli Stati Uniti, l’Unione Europea (le cui emissioni sono attualmente in calo) e l’India, che al contrario sta registrando una forte crescita. Senza dubbio un criterio più equo è quello che fraziona il dato totale per il numero di abitanti, offrendo una misura delle emissioni per singolo cittadino. Su questa base, che evidenzia lo stile di vita e i modelli di consumo di una nazione, la classifica del 2024 vede al primo posto gli USA, seguiti da Cina, Giappone, UE e India.
Questo dato riflette una pressione ambientale storicamente più elevata da parte dei Paesi industrializzati e ad alto reddito. Per una valutazione completa, è fondamentale considerare l’arco temporale più ampio che va dall’inizio dell’industrializzazione (circa 1750) a oggi. Questa prospettiva svela il debito climatico storico dei Paesi che hanno costruito la loro ricchezza sfruttando intensivamente i combustibili fossili. In questo caso, sono gli USA e l’UE a guidare la classifica dei maggiori inquinatori, avendo contribuito in modo sproporzionato all’accumulo di gas serra nell’atmosfera nel corso dei secoli.
Mentre l’Occidente si sforza di guidare la transizione ecologica, l’Europa si trova in una situazione di notevole dipendenza dalle tecnologie green cinesi, settore in cui Pechino ha sviluppato un dominio globale quasi incontrastato. Questa leadership è particolarmente evidente nel campo del fotovoltaico (pannelli solari).
Le proiezioni per il 2030 evidenziano un marcato squilibrio: la capacità produttiva cinese di energia solare è stimata raggiungere i 1.255 GW (Gigawatt), superando abbondantemente il fabbisogno globale stimato, che si attesta a 761 GW. Questo divario pone una sfida strategica per l’UE, che deve bilanciare la necessità di accelerare la transizione energetica con l’esigenza di ridurre la sua vulnerabilità geopolitica ed economica nei confronti del Made in China nel settore cruciale delle energie rinnovabili.