Gasdotto Adriatica, il Grande Tubo che non s’ha da fare

di Redazione 4

Il Grande Tubo ti scava, dalla Puglia all’Emilia Romagna, toccando dieci regioni e varcando i confini di tre parchi nazionali. Ne parla Jenner Meletti sulle pagine di Repubblica, di Rete Adriatica, il gasdotto progettato nel 2005 dalla Snam rete gas spa in partnership con la British Gas e che dovrebbe portare il gas che proviene dall’Algeria e dalla Libia, da Massafra (Taranto) fino a Minebio (Bologna), dal Sud al Nord passando per un centro di polemiche che si snodano lungo quei 687 chilometri che andranno ad intaccare gran parte del crinale dell’Appennino, ad oggi quasi miracolosamente intatto.

Si sono prontamente costituiti dei comitati No Tubo. I dubbi sono tanti e scorrono su e giù per l’Italia come nelle condutture del gas. I promotori si chiedono come mai un condotto di un diametro di 1,2 metri che va posizionato in una sorta di trincea da scavarsi cinque metri sotto terra debba passare sul crinale appenninico piuttosto che sulla più sicura costa adriatica dove già esiste un gasdotto.

La protesta contro il progetto si è concretizzata in un esposto all’Unione Europea. Tanti i ricorsi, anche quello del capoluogo abruzzese devastato dal sisma nell’aprile del 2009. Pensate che ad appena due giorni dal terremoto all’Aquila è arrivata la comunicazione della costruzione del gasdotto negli uffici comunali, la non risposta equivaleva all’assenso-consenso, ma in quel momento così devastante per la comunità aquilana certo il documento è passato nel dimenticatoio.
Vengono i brividi a pensare che il gasdotto seguirà la faglia del terremoto in Abruzzo e quella del sisma del 1997 in Umbria.

Per non parlare dei parchi nazionali: basti pensare che la centrale di decompressione dovrebbe essere situata a Sulmona, area di forte rischio sismico nonché del Parco nazionale della Maiella.
Il Grande Tubo andrà a deturpare l’area dei monti Sibillini e del Gran Sasso, habitat di lupi ed orsi, il parco nazionale del Velino-Sirente e numerose meraviglie naturali, più o meno conosciute e riconosciute, alcune a protezione speciale.
La speranza, per i cittadini e le associazioni ambientaliste unite nella battaglia, è di riuscire a salvare perle naturali come il lago di Capaciotti, i boschi di Pietralunga, Macchia Buia, Alpe di Luna, belli solo a nominarli.
La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) per l’opera a tutt’oggi manca e le autorizzazioni ricevute finora sono parziali e lacunose. Speriamo dunque che questa speranza si concretizzi presto in un divieto formale che porti i costruttori all’abbandono del progetto e/o ad un cambio percorso.

[Fonte: Repubblica]

Commenti (4)

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