ILVA, l’Aia non piace a nessuno e potrebbe saltare

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L’Aia 2012, che secondo le previsioni dovrebbe essere firmata tra oggi e domani dal Ministro Clini ed entrare in vigore nell’arco di pochi giorni, non piace a nessuno. Non piace alla Procura perché ritenuta troppo leggera; non piace alle associazioni che vorrebbero che l’Ilva spegnesse gli impianti e li riaccendesse soltanto dopo che le emissioni saranno tenute sotto controllo; ma non piace nemmeno all’azienda che così si sente discriminata.

Sì perché l’ultima novità proviene proprio da Bruno Ferrante, il presidente dell’impianto, che ha spiegato di avere delle “riserve” in merito a questa autorizzazione in quanto

così come è stata configurata, ci rende meno competitivi perchè l’Ilva applicherà da subito prescrizioni che i suoi competitori applicheranno nel 2016. Dobbiamo poi verificare se il tetto produttivo di 8 milioni di tonnellate d’acciaio l’anno, è coerente con l’impegno finanziario che ci viene chiesto.

La difesa che il Ministro dell’Ambiente fa del testo licenziato dal suo Ministero è legata alla straordinarietà della situazione. Si rende conto infatti che quelle regole verranno estese a tutto il comparto produttivo solo tra quattro anni, ma la scelta è stata voluta proprio perché gli impianti dell’Ilva sono stati costruiti negli anni ’50 e la situazione nella città di Taranto è da considerarsi straordinaria.

In tutta questa confusione si inseriscono anche i Verdi, attivissimi in questo periodo, che hanno annunciato una denuncia alla Procura di Roma contro il Governo in quanto, supportati dai pareri di Legambiente, Peacelink, Altamarea ed alcune associazioni di medici, ritengono non sufficienti i provvedimenti licenziati dal Ministero dell’Aia 2012, sono state rilevate criticità ed in sostanza questa autorizzazione non consente di risolvere il problema che sta alla base della questione, e cioè che i tarantini continuano a morire per i fumi dell’ILVA. Per salvare capre e cavoli infatti, si finirà con il continuare a far ammalare i cittadini, riducendo però gli utili dell’azienda che, con tutti gli interventi che dovrà sostenere, rischia forse persino il fallimento. Facendo morire la capra e facendo marcire i cavoli.

Photo Credits | Getty Images

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