Summit di Copenaghen: riassunto del sesto giorno

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proteste cop15

Come si temeva, la notizia di oggi è il gran numero di arresti dovuto alla confusione dei no global, e specialmente dei black bloc, che mescolati tra la folla pacifica, hanno approfittato per distruggere tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Tra auto incendiate e vetrine rotte, il bilancio finale è di due feriti (uno tra i poliziotti) e oltre 900 arresti, anche se poi in nottata sono stati quasi tutti liberati. Ma nonostante i media di tutto il mondo si siano soffermati solo su quest’aspetto, la sesta giornata del summit di Copenaghen non è stata solo questo.

Dal punto di vista scientifico, c’è stato un intervento molto importante di Rank Raes, capo dell’Unità cambiamenti climatici del Centro di ricerca della Commissione europea, il quale ha ammesso che va bene fissare un limite a 2 gradi per l’innalzamento delle temperature, ma vista la lentezza della politica, sembra proprio che questo sia più che ottimistico:

Sarebbe bello, ci metterei dieci firme, non una. Peccato sia irrealistico: i 2 gradi sono un traguardo che non è più alla nostra portata. Dirlo è un atto di onestà. Così come è un atto di onestà aggiungere che se non ci muoviamo subito, se non chiudiamo nel giro di pochissimi anni il rubinetto dei gas serra, non riusciremo neppure a fermarci a 3 gradi.

Ma allora meglio abbandonare tutto e affidarci alla Divina Provvidenza? Secondo Raes nulla è perduto, anche se la situazione non è delle migliori. Per lui è ancora possibile rimanere sotto i due gradi, ma

È tecnicamente fattibile ma richiederebbe una volontà politica di cui oggi non si scorge traccia: dovremmo tagliare in maniera draconiana tutte le emissioni di gas serra e azzerare la deforestazione. Uno scenario già considerato buono invece è un taglio robusto delle emissioni dei Paesi industrializzati e una crescita ridotta delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo. Ma anche così i gas serra continueranno a crescere ed è molto difficile che si fermeranno prima che si raggiunga un aumento medio di 3 gradi. Poi, dopo qualche decennio, quando il motore della nuova economia avrà ingranato, le emissioni scenderanno.

Purtroppo pare che Raes abbia ragione. Dopo che l’Europa ha compiuto uno sforzo notevole, nella giornata di ieri, per stabilire l’entità della somma da stanziare per aiutare i Paesi poveri, questi anziché ringraziare hanno attaccato, spiegando che tale somma è ridicola, e per evitare disastri ce ne vuole almeno 5 volte tanto. Secondo il G77 il fondo dei Paesi ricchi è “insignificante“, e l’India è tornata a ribadire di non voler fissare alcun paletto.

In tutto questo conflitto, una notizia positiva c’è, e cioè il Messico, che di certo non è uno dei Paesi più inquinanti al mondo, ha proposto una riduzione volontaria delle emissioni, per non aspettare un accordo che probabilmente non avverrà mai. Il presidente Felipe Calderon ha promesso di cominciare il programma per la riduzione delle emissioni tra due anni, il tempo di dotarsi della tecnologia necessaria, per ridurre le emissioni del proprio Paese di 50 milioni di tonnellate di Co2 all’anno, fino ad arrivare a tagliarle del 30% entro il 2020. Oggi intanto sono attesi i Ministri dell’Ambiente dei Paesi più industrializzati, e da domani cominceranno le audizioni. Una dichiarazione di intenti che indirizzerà il congresso verso il successo o il fallimento.

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