Summit di Copenaghen: riassunto del secondo giorno

di Redazione Commenta

Barroso a Copenhagen

Dopo 24 ore le speranze del mondo sul summit di Copenaghen ricominciano a vacillare. All’apertura dei lavori c’erano state molte parole ottimistiche e diverse iniziative da parte dei Paesi poveri. Nel secondo giorno pare che qualcuno lo faccia apposta a smorzare i facili ottimismi. A prendere la parola è il presidente della Commissione Europea Josè Barroso, il quale ha immediatamente abbassato i toni. Parlando di un trattato vincolante, si è così espresso:

Non è possibile, non è stato preparato, ci sono alcuni dei nostri partner che non sono preparati. Invece dobbiamo raggiungere un accordo sulla riduzione delle emissioni dei gas nocivi. Lo dobbiamo ai nostri giovani.

I partner che non sono preparati, a cui Barroso fa riferimento, sono in special modo Cina e Stati Uniti, i primi perché sono in una situazione particolare, in cui il boom economico verrebbe soffocato; i secondi perché, limitati dalle lobby inquinanti, hanno difficoltà a fare leggi che taglino le emissioni. Ma intanto la giornata continua tra buone e cattive notizie.

La buona è che l’Europa ha fatto sentire la sua voce, e attraverso il Premier inglese Gordon Brown, il quale ha chiesto di aumentare i tagli delle emissioni. Secondo il Primo Ministro britannico, l’Europa dice di pesare molto sullo scenario internazionale, e allora questo è il momento in cui deve far valere questo suo peso. Non va bene il limite iniziale del taglio delle emissioni al 20% entro il 2020, ma questo va portato, una volta per tutte e non con qualche limitazione, al 30%.

Non è sufficiente dire “posso fare questo, potrei fare questo, forse farò questo”

dice Brown da Londra, chiaro segnale a quei Paesi, come l’Italia, che promettono la luna, mettendoci però la postilla del “Solo Se…”. Su questo Brown viene supportato dal Governo danese, che ha chiesto almeno di fissare il picco delle emissioni, dal quale in poi si comincerà a diminuirle, entro il 2020, e porre un obiettivo minimo, e cioè almeno ridurre i gas serra al 50% rispetto al 1990 entro il 2050.

La cattiva notizia arriva dalla Russia, dove il rapporto presentato ieri dai Paesi del G77 ha fatto arrabbiare il Governo di Mosca. Ieri avevamo riferito di un accordo tra Cina, India e Brasile, rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo, per prendere provvedimenti seri e fare “gioco di squadra” in un trattato che vincolasse il mondo nella riduzione delle emissioni. I tre Paesi hanno parlato a nome di tutti quelli in via di sviluppo, ma pare che questa mossa non sia stata gradita a Medvedev e al suo staff, in quanto non essendo stati consultati, ora potrebbero recedere da quest’accordo. E se si sottrae un grande Paese come la Russia, tutto diventa più difficile.

Alla fine della giornata, tirando le somme, l’unico obiettivo su cui più o meno tutti convergono è di dover tagliare le emissioni. Non si fanno ancora numeri certi, nè si parla di altri obiettivi, come i finanziamenti, stimoli alle rinnovabili e quant’altro, ma dopotutto, da una giornata così negativa, è sempre uno spiraglio di luce.

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