Tonno Rio Mare responsabile? Per Greenpeace solo per metà

di Redazione Commenta

Se in questi giorni vi è capitato di vedere una pubblicità della Rio Mare o di acquistare qualche scatoletta al supermercato, vi sarete accorti che il nuovo slogan della casa è “Qualità Responsabile”. La paura per le aziende che vendono tonno è che con l’allarme estinzione che circola da tempo nessuno più acquisti questo pesce. Per questo l’azienda leader delle vendite in Italia afferma di utilizzare pratiche sostenibili per produrre le proprie scatolette. Purtroppo, come spesso accade, non è esattamente così.

Secondo l’ultima rilevazione di Greenpeace pare che il tonno Rio Mare sia sostenibile solo a metà. Infatti il principale problema nell’allevamento sono i FAD, degli enormi galleggianti che in teoria dovrebbero attirare i tonni, ma in realtà attirano anche altri animali come squali, tartarughe o mante, ed anche quando attira i tonni, non sempre fa bene visto che tra quelli che rischiano di essere pescati ci sono anche quelli giovani che così non fanno in tempo a riprodursi. Inoltre appena il 45% del tonno pescato verrà coperto da metodi sostenibili, mentre il restante 55% resta ancora legato a metodi distruttivi.

Per questo Greenpeace ha avviato, al fianco della sua campagna sulla pesca sostenibile, anche una petizione per chiedere all’azienda di utilizzare pratiche davvero responsabili, e non solo per modo di dire, per quanto riguarda l’allevamento dei tonni. E’ ancora possibile parteciparvi direttamente attraverso il sito tonnointrappola.it, in cui si chiede a tutte le aziende, dunque non solo alla Rio Mare, di attuare pratiche sostenibili.

Qualche risultato lo si è già ottenuto. L’Asdomar è quella che ha risposto meglio, adottando pratiche di pesca a canna che non rischiano di colpire animali diversi dal tonno, anche se non tutta la produzione è effettuata in questo modo. Anche Mareblu ha reagito annunciando di voler passare a metodi di pesca sostenibili gradualmente fino a raggiungere il 100% entro il 2016, mentre Rio Mare ha accolto solo a metà l’invito di Greenpeace. Su 14 aziende coinvolte, tre inseriranno sull’etichetta il metodo di pesca e 10 si sono impegnate ad indicare la specie di tonno e l’area in cui è stato pescato. Purtroppo Maruzzella, MareAperto Star e Nostromo non hanno voluto prendere alcun provvedimento e restano in fondo alla classifica delle aziende più sostenibili del settore.

Photo Credits | Thinkstock

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.