Ue, traballa l’accordo sul clima

di Redazione Commenta

Non siamo prossimi alla rottura, ma non manca molto. Il rischio che l’accordo salti per tutti c’è, e il Governo italiano pare non esserne affatto dispiaciuto, anzi. Ciò che la nostra nazione voleva è stato ottenuto, e cioè mettere zizzania tra i vari Paesi europei coinvolti nel pacchetto clima. Si parte dalle lamentele che il nostro Paese presentò nei confronti del pacchetto, considerato inadeguato e penalizzante per la nostra Economia in un momento così critico.

Di pochi giorni fa la richiesta di esonerare il comparto manufatturiero dall’insieme di quelle industrie che dovevano rivedere i loro piani di produzione per diminuire l’impatto climatico della loro attività. Non appena si sono intravisti segnali di apertura verso la concessione da parte della Comunità Europea, ecco che il nostro Governo ci va giù pesante, tentando di “salvare” dal pacchetto anche il settore termoelettrico.

Siamo sicuri che, una volta trovato l’accordo anche su questo settore, si tenterà di togliere dalla lista delle aziende inquinanti anche qualche altro comparto, rendendo ridicolo il trattato. Intanto però, dicevamo, l’Italia ha ottenuto l’effetto sperato. Infatti la Germania e i Paesi dell’Est sono stati contagiati dall’italianite e hanno cominciato ad avanzare le loro pretese. La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto di esonerare l’industria pesante del suo Paese dagli accordi sul clima (stiamo parlando della maggior parte delle aziende che aumentano il tasso di CO2 nell’atmosfera), con l’obiettivo di salvaguardare i posti di lavoro.

A lei si è aggiunta la Polonia, che in rappresentanza degli altri Paesi dell’est Europa entrati nella Ue hanno chiesto aiuti comunitari nel riconvertire le loro industrie elettriche a carbone in impianti più moderni o diversi. La Francia come al solito ha detto di sì (ormai lo dice a tutti), ma ad opporsi è stata la Gran Bretagna, più intransigente dal punto di vista ambientale. C’è il rischio di far saltare tutto quindi, e nel frattempo l’Italia un primo vantaggio l’ha ottenuto. Anzichè portare al 20% la produzione di energia rinnovabile entro il 2020, ha ottenuto che entro quella data la percentuale sia fissata al 17% (dato che oggi si parte da un misero 5%, meno della metà degli altri Paesi sviluppati). Inoltre il Ministro Frattini ha ottenuto che nel 2014 ci fosse un controllo sullo stato di cose dei Paesi sotto osservazione, come l’Italia, i quali, nel caso in cui non fossero a buon punto con l’ammodernamento, vedrebbero ridiscussi i loro parametri, probabilmente al ribasso. Insomma, ancora una volta il Governo italiano la fa franca, e a pagarne è come al solito l’ambiente. E tutti noi di conseguenza.

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