Alimentazione, con la crisi si mangia cibo scaduto

di Redazione Commenta

Cari amici di Ecologiae, il nostro consueto appuntamento del fine settimana con l’alimentazione sostenibile vogliamo dedicarlo a quella che è un’alimentazione insostenibile, che mette a repentaglio la salute di noi consumatori con l’alibi della crisi economica. Ci arriva notizia dalla Coldiretti di una decisione del Governo britannico che risale ai giorni scorsi, alquanto discutibile in materia di sicurezza alimentare: posticipare la data di scadenza dei cibi o comunque inserire la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” piuttosto che solo “entro e non oltre” per prolungare la presenza dei prodotti sugli scaffali ed arginare in tal modo gli sprechi alimentari.

Piuttosto che investire nella riduzione della filiera, accorciando la permanenza in strada ed in deposito dei cibi, si preferisce optare per misure rischiose per i cittadini o comunque che privano i prodotti delle loro proprietà minando la qualità dei cibi e dei nutrienti. E’ così che si fa fronte alla crisi?  La Coldiretti mette in guardia dal rischio di simili misure e che si crei un precedente, ammonendo che è in gioco la salute.

La crisi non deve essere l’alibi per mantenere sul mercato prodotti alimentari invecchiati che mettono a rischio la salute, giocando sulla data di scadenza.

Tra le altre cose, questo è il nostro pensiero, per ridurre gli sprechi forse bisognerebbe intervenire, oltre che sulla filiera, anche sulle porzioni che non tengono conto della presenza di molte persone che vivono da sole e che spesso acquistano formati famiglia perché più convenienti dei monodose che non sono mai in offerta. La Coldiretti spiega che

 L’etichetta sui prodotti alimentari in Inghilterra avrà solo la dicitura “best by” (meglio entro) al posto di “sell by” (vendere entro). La sicurezza alimentare è una dei principali preoccupazioni dei consumatori al momento dell’acquisto e gli italiani si tutelano proprio nel 90 per cento dei casi attraverso la lettura della data di scadenza, secondo un sondaggio Ipr marketing. La necessità di ridurre gli sprechi che interessano in Italia circa il 30 per cento dei prodotti acquistati per un totale di circa dieci milioni di tonnellate non deve significare maggiori rischi per la salute, ma occorre lavorare sulle perdite di prodotto che si verificano nel passaggio degli alimenti dal campo alla tavola.

Evidentemente però, c’è chi preferisce un percorso più facile, ritoccare una semplice etichetta a scapito dei consumatori.

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