Sprechi alimentari, il 20% basterebbe a sfamare otto milioni di italiani poveri

di Redazione 3

I dati provenienti dalla Caritas negli ultimi giorni hanno messo in evidenza le condizioni di povertà, spesso nascoste persino alle statistiche Istat, in cui si ritrovano a vivere milioni di italiani, giovani e meno giovani, ma anche tanti immigrati che non dispongono nemmeno dei beni alimentari di prima necessità. Se uniamo questi dati a quelli sugli sprechi alimentari nel nostro Paese che ogni giorno ammontano a tonnellate e tonnellate di cibo ancora commestibile, avremo davanti due problemi l’uno soluzione dell’altro.

Spiega la Coldiretti che sarebbe sufficiente il 20% del cibo che ogni giorno va sprecato per sfamare quegli otto milioni di italiani poveri pari al 13,8% della popolazione. Gli sprechi di cibo nel nostro Paese non sono solo avanzi e prodotti acquistati in quantità eccessive che vengono buttati nella pattumiera. Il problema più serio riguarda la filiera, troppo lunga, che mette a rischio la corretta conservazione dei cibi ed il loro arrivare integri sugli scaffali e sulle tavole. Spiega infatti la Coldiretti:

In Italia a causa degli sprechi dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre dieci milioni di tonnellate che equivale ad un valore annuale di ben 37 miliardi di euro in grado di garantire l’alimentazione a ben 44 milioni di persone. Con il diminuire del livello di reddito aumenta notevolmente l’incidenza della spesa alimentare che raggiunge il valore pù elevato proprio nelle famiglie più povere per le quali rappresenta spesso la prima voce di spesa. Una razionalizzazione della filiera alimentare con un taglio agli sprechi potrebbe contribuire in modo determinante a risollevare molte famiglie dalla povertà come dimostrano le numerose iniziative adottate negli ultimi anni. Si stima infatti che almeno quindici milioni di pasti saranno distribuiti gratuitamente nel 2011 dalla chiesa attraverso le diverse iniziative di solidarietà dei fedeli, per contribuire ad affrontare le nuove povertà nell’anno della crisi.

Filiera più corta, riduzione degli sprechi e magari anche ripensare quel sistema delle offerte/scorta che spinge a comprare (e poi a buttare) più del necessario.

Commenti (3)

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