Samsung presenta Blue Earth, il primo cellulare solare

Come per i notebook, anche per quanto riguarda i cellulari si è scatenata una corsa al prodotto ecologico, anche se con gravi ritardi rispetto ai computer. Finalmente abbiamo un vincitore. A tagliare il traguardo per primo è Samsung, con il suo Blue Earth, il primo cellulare 100% ecologico, o quasi.

La caratteristica principale di questo telefono è che si ricarica con la luce solare. Durante la sua presentazione avvenuta ieri al congresso mondiale sui cellulari tenutasi a Barcellona, si è fatto un piccolo riferimento ad una batteria da ricaricare in maniera classica, il che fa capire che servirà come supporto per quando la carica solare non basta. Assicurano i produttori comunque che con una ricarica di 90 minuti al sole (sul dorso è installato un mini pannello solare) sarà possibile effettuare una conversazione di un’ora. Non è tantissimo, ma è un buon inizio.

La biodiversità esiste anche ai Poli ed è maggiore che da noi

L’incredibile scoperta è stata fatta recentemente studiando le rotte dei pesci che transitavano dal Polo Nord e Sud, ma anche durante lo studio diverse specie animali che, quasi per caso, venivano scoperte una dopo l’altra. Se diciamo “biodiversità“, l’immagine che subito ci viene in mente è quella delle varie foreste del mondo, da quella Amazzonica a quelle equatoriali, in cui migliaia di specie viventi si dividono centinaia di migliaia di ettari di terreno.

E proprio questa abbondanza di vegetazione ci ha sempre fatto immaginare che la biodiversità fosse una prerogativa delle zone calde, e che nell’Artide ed Antartide non ci fossero che poche specie animali. Ed invece è esattamente il contrario. A dare la possibilità di una ricca abbondanza di vita è come sempre l’acqua, che permette ai due Poli opposti del nostro Pianeta di possedere addirittura 235 specie marine identiche ad 11 mila km di distanza.

La miniera di São Domingos inquina ancora dopo 40 anni dalla chiusura

Nonostante sia stata chiusa nel lontano 1966, 43 anni fa, la miniera di São Domingos, in Portogallo, situata a cinque chilometri dal confine spagnolo, continua a contaminare le acque del fiume che sfocia nella diga di Chanza, il più grande serbatoio di acqua potabile nella provincia di Huelva. La foto sopra fa alquanto rabbrividire.
Secondo uno studio condotto da un gruppo di scienziati dell’Università di Huelva, pare infatti che l’ossidazione e la dissoluzione di solfuri sono processi che non si sono mai arrestati in quella miniera, attivi ancora oggi, dopo molti anni.

La miniera portoghese di São Domingos si trova insieme ad altre miniere situate sul lato spagnolo, come Rio Tinto o Almagrera. La miniera abbonda di rifiuti altamente contaminanti. Attiva tra 1857 e 1966, nel corso del tempo ha generato sostanze acide a causa dell’ossidazione dei rifiuti solforici.
Secondo Antonio M. Álvarez-Valero, autore dello studio pubblicato recentemente sulla rivista Environmental Geology e attualmente ricercatore presso l’Istituto andaluso di Scienze della Terra (Università di Granada – CSIC):

La preoccupazione è giustificata dal punto di vista ambientale. I rifiuti da cui deriva questa ossidazione generano l’acidificazione delle acque, contaminando il bacino.
E l’acido di scarico di São Domingos colpisce la diga di Chanza,, il più grande serbatoio di acqua potabile che serve Huelva, in quanto le sostanze inquinanti sono sottoposte ad una “relativa attenuazione”.

Come vivere ecologico anche se ti chiami Leonardo di Caprio

E’ sicuramente l’hollywoodiano verde per eccellenza. Per tutte le altre stelle, l’ecologia è spesso motivo di pubblicità per farsi notare come sensibili ai problemi ambientali, ma non per lui, che ha fatto del vivere ecologico una filosofia di vita.

Certo, se poi si prendono tante “precauzioni verdi”, si finisce inevitabilmente sulle pagine dei giornali. E così diventa famosa la sua ultima impresa, quella del documentario ambientalista in stile Al GoreL’Undicesima Ora“, da lui prodotto e narrato, ma soprattutto di grande successo. E così, andando a scavare nella sua vita privata, veniamo a sapere che non sono solo chiacchiere quelle che diffonde in mezzo mondo attraverso il suo film, ma lui nell’ecologia ci crede veramente. Specialmente nella bio-edilizia.

3 mila pannelli solari per la nuova stazione Porta Susa

Procedono i lavori per la costruzione della nuova stazione internazionale di Torino Porta Susa. Lo scorso 13 dicembre sono stati inaugurati i primi 2 binari dei 6 previsti nella nuova stazione che sarà completata nel 2011 in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Tra le caratteristiche della nuova stazione Porta Susa che la renderanno unica nel suo genere, c’è ne è una che ci interessa maggiormente. Si tratta dell’autosufficienza energetica della stazione che sarà alimentata interamente ad energia solare. Saranno oltre 3 mila, infatti, i pannelli solari che andranno a rivestire la galleria superficiale della stazione, lunga 385 metri.

Valle del Sacco: da disastro ambientale a distretto agroenergetico

La Valle del Sacco è un territorio situato nel Lazio meridionale, tra la provincia di Roma e quella di Frosinone, ed attraversato dal fiume Sacco. Valle fertile e ricca di risorse, dal 2005 si è trasformata in un inferno. Il fiume Sacco, inquinato per anni da sostanze chimiche ed industriali derivanti soprattutto dalle discariche di rifiuti tossici di Colleferro, ha, infatti, contaminato l’intera valle. Nel maggio del 2005 sono state rinvenute sulle sponde del fiume, nel fieno, nel mais e nel latte dei bovini quantità elevate di una sostanza tossica per l’uomo e vietata in Italia dal 2001. Si tratta del beta-esaclorocicloesano, una sostanza oleosa derivante dal pericoloso pesticida lindano. Da allora il governo ha bloccato l’attività di numerose aziende del luogo, l’uso dei foraggi, la produzione di latte e carne ed è ha dichiarato lo stato d’emergenza per i comuni di Colleferro; Gavignano; Segni; Paliano; Anagni; Sgurgola; Morolo; Supino, Ferentino.
Nonostante la difficilissima situazione in cui verte la Valle del Sacco si sta, da diversi anni, lavorando al suo recupero.

Il Green Market per uscire dalla crisi

Secondo una recente ricerca pubblicata da Green Seal, un organizzazione no-profit di certificazione dei prodotti, marketing sociale ed EnviroMedia, quattro persone su cinque hanno ammesso di acquistare prodotti e servizi verdi oggi, anche nel bel mezzo di uno dei periodi di recessione peggiori della storia.

Anche se questi prodotti, che affermano di essere rispettosi dell’ambiente, sono a volte più costosi, la metà delle 1000 persone intervistate ha ammesso di averli acquistati come se la crisi economica fosse un problema che non li riguarda. Inoltre, il 19% dice di acquistare i prodotti più ecologici possibile, mentre solo il 14% li acquista di meno rispetto a prima. Questi dati ci fanno capire che forse il mezzo per uscire dalla crisi è l’ecologia: cibo biologico, prodotti a basso consumo energetico e quant’altro. Su questi pare che la gente non voglia risparmiare.

Acidificazione degli oceani, nuovo appello di 150 scienziati

Più di 150 scienziati di 26 Paesi di tutto il mondo si sono uniti per chiedere un’azione immediata da parte dei governi per ridurre drasticamente le emissioni di CO2 in modo da evitare danni gravi e diffusi per gli ecosistemi marini derivanti dall’acidificazione degli oceani.

Gli scienziati hanno rilasciato questo avvertimento lo scorso 30 gennaio a Monaco, sulla base della relazione stilata ad ottobre 2008 nel corso del secondo simposio internazionale sul tema The Ocean in a High-CO2 World.
Il professor Andrew Dickson, un chimico marino dello Scripps Institution of Oceanography, UC San Diego e la professoressa Victoria Fabry sono stati tra i primi firmatari della dichiarazione.

Colombia: scoperte 10 nuove specie di anfibi

Gli animalisti esulteranno a questa notizia. Come da titolo, oltre al fatto che nello Stato sudamericano sono state trovate 10 specie di anfibi mai viste prima, le buone notizie non finiscono qui. Infatti nelle foreste colombiane sono stati ritrovati 20 rettili e 120 specie di uccelli che qui non c’erano mai state. O almeno così credevano gli scienziati. Ciò significa che anziché estinguersi, questi animali hanno trovato il modo di salvarsi, almeno per adesso, andando a nidificare lì dove, per adesso, le foreste reggono e nessuno li può cacciar via.

Ma tornando agli anfibi, la scoperta è di importanza storica. Lo è per la scienza, che così può schedare nuove specie animali come le tre rane velenose della famiglia delle Dendrobatidae, tre dalla pelle trasparente dei generi Nymphargus, Cochranella e Centrolene; una rana arlecchino del genere Atelopus, due appartenenti al genere delle Pristimantis e una salamandra Bolitoglossa. Lo è per le popolazioni locali che, grazie al fatto che queste si cibano di insetti, tengono a bada questa enorme comunità di portatori di malaria e di febbre dengue. Ma lo è anche e soprattutto per scienziati e ambientalisti, i quali possono valutare lo stato di salute dell’ecosistema in cui esse vivono attraverso l’analisi della salute delle rane.

Le staminali no, le torture alle scimmie si, gli orrori della scienza

Questo è davvero troppo. Conferenze stampa, comunicati, discussioni, querele. Per difendere embrioni che verranno buttati via, la vita. Che potrebbero invece essere utili per salvarne milioni di vite. Per la Chiesa, per i moralisti (falsi, tra l’altro) tutto è peccato. Persino la masturbazione, perchè spreca gli spermatozoi, la vita. Ebbene, ma Dio non ha creato certo le scimmie perchè venissero torturate dagli uomini per curare le malattie che l’uomo stesso ha creato con la sua forza distruttrice. Non è vita, non sono esseri viventi anche questi? Più di una cellula o dello sperma?

Quello che avviene nei laboratori sperimentali è vergognoso. Sono crimini orrendi contro creature indifese. E la maggior parte delle volte si tratta di esperimenti inutili, perchè l’uomo non ha le stesse reazioni dei primati ai farmaci e alle terapie, e quindi una sperimentazione sull’uomo è comunque necessaria prima di accertare la validità del farmaco. A che serve allora torturare prima le scimmie? Giudicate voi da queste immagini, registrare a Covance, negli Stati Uniti, da un infiltrato della Peta Tv, che si è fatto assumere come tecnico dalla società per poi registrare dall’interno questi orrori e documentare quello che accade alle cavie.

Scienziati italiani simulano il primo “motore a batteri”

Sentir parlare di batteri nella produzione di energia non appare più tanto strano: celle combustibili alimentate da batteri e biocombustibili ottenuti da svariati microrganismi non sono più una novità. Oggi parliamo di un’altra applicazione dei batteri in campo energetico: il motore batterico. Si tratta di un motore, a cui vengono applicate le nanotecnologie più avanzate, in grado di produrre energia attraverso l’attività di piccoli batteri. L’idea non è nuova e la sua fattibilità era stata già dimostrata da alcuni ricercatori giapponesi nel 2006, ma a sperimentare e simulare il funzionamento del motore a batteri sono stati alcuni scienziati italiani. Luca Angelani, Roberto di Leonardo e Giancarlo Ruocco, ricercatori dell’Istituto nazionale per la fisica della materia (Infm) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), sono riusciti ad individuare un metodo per sfruttare il movimento dei batteri.

Anche Barack Obama si dà al biologico

Lo dicevamo già da qualche tempo, uno dei metodi per uscire dalla crisi ambientale ed economica era produrre localmente prodotti biologici, in maniera tale da ridurre enormemente l’impatto ambientale e creare nuovi posti di lavoro ecologici.

Il nostro appello (e quello di numerose organizzazioni ambientaliste) non poteva non essere accolto dal neopresidente degli Stati Uniti Barack Obama. Appena insediatosi alla Casa Bianca, ha voluto come chef Sam Kass, cuoco che conosce molto bene, visto che è di Chicago, famoso per la sua cosiddetta “coscienza alimentare“. Dalle sue parti è famoso per:

Tentare di cambiare il mondo da un punto di vista alimentare

assicura Paul Kahan, suo ex capo al ristorante Avec.

Masdar: la prima città 100% eco, grazie anche all’Italia

I progettisti di Masdar City, una città del complesso di Abu Dhabi, l’hanno soprannominata “la nuova città post-petrolio”. Essa non è vincolata dalla solita serie di norme, il denaro non è davvero un problema e la leadership politica è sempre disposta a sperimentare idee innovative che il resto del mondo ritiene troppo fantasiose per dargli una chance.

Una di queste è PRT, transito rapido personale, un sistema di trasporto compatto, formato da strade completamente libere da automobili, ma popolate soltanto da una fitta rete di taxi elettrici che forniranno trasporto pulito e silenzioso per i residenti della città, ma anche per i pendolari. La prima progettazione è in previsione entro la fine di quest’anno. Ma alla base di un progetto così ambizioso non poteva non esserci, come in quasi tutti gli altri al mondo, un cervello italiano. Luca Guala è il pianificatore del trasporto con Systematica, l’impresa che ha redatto i piani per il sistema PRT. Secondo Guala, Systematica e Foster e partners, stanno pianificando l’architettura della città per integrare le soluzioni di trasporto più sostenibili, disponibili attualmente.

Allarme WWF: zone umide a rischio estinzione

Oggi, lunedi 2 febbraio, è la Giornata Mondiale delle Zone Umide, istituita dal WWF per riconfermare l’adesione italiana alla Convenzione Internazionale di Ramsar. Oggi in tutta Italia sarà possibile visitare gratuitamente le oasi del WWF. In occasione di questa importante iniziativa, il WWF ha pubblicato un rapporto sulle cosiddette zone umide, tra cui paludi, lagune, stagni, acquitrini, specchi d’acqua e torbiere, che delinea un inquietante scenario. Secondo i dati del WWF, infatti, le zone umide stanno scomparendo dal nostro Pianeta. Oltre il 60% del patrimono mondiale è scomparso nell’ultimo secolo e addirittura il 90% solo in Europa. La situazione appare drammatica anche in Italia: dei 3 milioni di ettari originari di zone umide, nel 1991 ne restavano appena 300 mila. Oggi, invece, è rimasto intatto solo lo 0,2%.