I diluenti per eliminare il gasolio dal mare sono più dannosi del gasolio stesso

Un nuovo studio della Queen’s University dimostra che i detergenti usati per ripulire gli sversamenti di gasolio nel mare in realtà aumentano la tossicità per i pesci, il che li rende più nocivi. Spiega il professore di biologia Peter Hodson:

I detergenti possono essere il modo migliore per trattare i versamenti a lungo termine, perché la dispersione del gasolio viene diluita e degradata. Ma a breve termine, aumentano la biodisponibilità e la tossicità del combustibile fino a 100 volte.

I detergenti sono disperdenti del petrolio che diminuisce la tensione superficiale tra olio e acqua, e permette di mescolare il petrolio galleggiante con l’acqua in piccole goccioline. Il dr. Hodson ed il suo team hanno rilevato che la dispersione riduce l’impatto potenziale del gasolio sulla superficie abitata dagli animali, mentre questo dovrebbe migliorare la biodegradazione, creando anche una maggiore riserva di petrolio nella colonna d’acqua.

Le Maldive diventano la prima nazione ad emissioni zero

Non sono soltanto un Paradiso in Terra per la bellezza dei paesaggi. Le Maldive stanno per diventare un Paradiso anche per i principi dell’ecologia. Questo Paese, formato da 1.200 atolli e 380.000 persone, è destinato a diventare al 100% a zero emissioni entro dieci anni. Il nuovo (primo) presidente democraticamente eletto, Mohamed Nasheed ha fatto dell’ambiente la sua priorità assoluta, perché l’aumento del livello del mare minaccia di inondare la sua terra stessa.

L’anno scorso, il Presidente ha annunciato che stava cercando di acquistare un altro territorio per “traslocare” la sua popolazione in un’altra terra, a causa delle sue paure sugli effetti del cambiamento climatico. Il Paese ha già speso 30 milioni di dollari per i lavori fatti per contrastare i danni delle alluvioni attorno alla capitale, Malè. Ma l’emergenza comprende non solo quella zona, ma ben l’80% delle isole che sono soltanto ad un metro sopra il livello del mare. Ora il presidente ha annunciato piani per eliminare l’uso dei carburanti fossili, sulle isole. Il programma comprende

una nuova generazione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili ed infrastrutture di trasmissione, con 155 grandi centrali eoliche, mezzo chilometro quadrato di pannelli solari sui tetti, ed un impianto a biomassa che brucia anche le bucce di cocco.

I rumori umani causano la morte di migliaia di animali marini

I suoni generati dagli esseri umani hanno le potenzialità per incidere in misura significativa sulla vita degli animali acquatici. Finora questo era risaputo per quanto riguardava i delfini e le balene, i quali confusi dai rumori, finivano col perdersi e molto spesso spiaggiarsi. Secondo una nuova ricerca pare che questo però avvenga anche in specie ben diverse da quelle più grandi e che meglio conosciamo.

L’incisività da parte dell’uomo sui singoli animali è in larga misura sul loro benessere, fino alla riproduzione, la migrazione e mette in pericolo persino la sopravvivenza della specie stessa. Secondo questo studio, gli animali marini potrebbero subire effetti negativi che vanno dalla perdita dell’udito ad una maggiore influenza nella propria vita a causa dei rumori ambientali, in modo non dissimile per gli esseri umani e per gli animali terrestri. Come se il vostro vicino decidesse di utilizzare per tutto il giorno un martello pneumatico per tutta la vita. Voi come vi sentireste?

Microsoft tenta di abbattere di un terzo le sue emissioni entro il 2012

Microsoft sta tentando di cavalcare, come il resto del mondo, l’onda ecologica, e tenta di concentrarsi sulla riduzione delle proprie emissioni. Già in precedenza si sapeva che l’impegno iniziale si era basato sul tentativo di aumentare l’efficienza energetica dei data center, ma la società sta cercando di fare di più per abbattere la propria impronta ambientale.

La società ha fissato come obiettivo il ridurre le emissioni di carbonio per unità di reddito del 30% rispetto ai livelli del 2007 entro il 2012, in pratica portare le emissioni dagli 880 milioni di tonnellate di CO2 all’anno fino a non più di 600. Questo è un obiettivo molto importante, che Microsoft cerca di ottenere per dare un buon esempio a tutta la società, dato che chiunque è in grado di farlo, o almeno di provarci. Ma come farà il colosso americano a raggiungere il suo obiettivo?

L’Unione Europea? Una bomba al carbonio

Che nel sottosuolo ci fosse una gran quantità di carbonio, questo lo si sapeva, ma che soltanto sotto i piedi degli abitanti dell’Unione Europea ci fossero 75 miliardi di tonnellate di carbonio, pari al consumo di circa 700 miliardi di automobili, è una novità. Una novità che scotta e fa paura.

A lanciare l’allarme è Stavros Dimas, commissario europeo all’ambiente, il quale ha annunciato che da recenti calcoli si è arrivati alla conclusione che siamo seduti su una potenziale bomba che, se gestita male, potrebbe portare a conseguenze gravissime. Secondo il commissario portoghese infatti se soltanto lo 0,1% di quanto è presente nel nostro sottosuolo dovesse fuoriuscire, ci ritroveremmo ad avere un inquinamento pari a 10 milioni di automobili con il gas di scarico a tutto spiano in più.

Inquinamento cinese? Colpa dell’Occidente

Sulla scia della visita incentrata sul clima di Hillary Clinton a Pechino, una nuova relazione dettagliata dimostra quanta CO2 l’Occidente “provoca” alla Cina, quando acquista il “made in China”. Circa il 9% del totale delle emissioni cinesi sono il risultato della produzione delle merci per gli Stati Uniti, mentre il 6% proviene dalla produzione di merci per l’Europa. Ma chi è responsabile, e come si può ovviare a questa situazione?

Il dato del 15% totale delle emissioni prima dimostrate dev’essere almeno raddoppiato se consideriamo i costi di trasporto, effettuati nella quasi totalità da imbarcazioni cinesi perché meno costose, e dallo smaltimento dei residui della lavorazione per i prodotti Occidentali. Da questo si evince che almeno un terzo delle emissioni cinesi sono di responsabilità europea e americana. La nuova ricerca, che sarà pubblicata questo mese sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, mostra che circa un terzo di tutte le emissioni di carbonio cinese tra il 2002 e il 2005 sono ampiamente dimostrabili di provenienza Occidentale. Ovviamente non si può pensare che dal 2005 ad oggi la situazione sia cambiata di molto.

La febbre del pianeta sale e diciamo addio al vecchio termometro al mercurio

Finalmente una buona notizia. Hanno scoperto che il mercurio inquina. Buongiorno Europa, verrebbe da dire. In realtà lo sapevamo e lo sapevano tutti da anni, ma finalmente gli oggetti a base di questo metallo altamente tossico sono stati banditi. Anche il caro, buono (mica tanto) vecchio termometro.

Ce lo ricordiamo tutti. Chi non lo ha mai messo vicino alla lampadina per simulare una febbre da cavallo e non andare a scuola? Ebbene, ora non potrà più essere fabbricato e commercializzato, in quanto dal prossimo 3 aprile entra in vigore in Italia il decreto ministeriale dello scorso 30 luglio, che aveva accolto le direttive europee. Già nel 2007, infatti, in Europa, dopo una battaglia durata dieci anni (dal 1997) si era giunti a bandire il metallo pesante, in quanto altamente inquinante. E così anche tutti gli oggetti che contenevano mercurio.

Giornali on-line vs. cartacei. Chi vincerà la sfida ambientale?

Sì, lo so che siamo di parte, facendo i blogger. Ma oggettivamente ci sono, come in tutte le cose della vita, gli aspetti positivi e quelli negativi, sia per quanto riguarda i giornali on-line, che per quelli cartacei. Ad effettuare questa ricerca però non siamo stati noi direttamente, ma un organo terzo, il Centro per lo sviluppo sostenibile KTH comunicazioni di Stoccolma. Si tratta di uno studio di valutazione ambientale del ciclo di vita della stampa, web based, del giornale di carta e dell’e-giornale, ed i risultati sono piuttosto sorprendenti. Noi proviamo ad analizzare qui soltanto quelli che riguardano l’ecologia. Ecco l’iter per ognuno dei due mezzi di comunicazione:

Stampa: lavoro editoriale, produzione di carta da giornale, trasporto di carta per la stampante, lavoro di prestampa, stampa della carta, distribuzione, riciclaggio, smaltimento.

On-line: il lavoro editoriale stabilisce la carta “virtuale” da utilizzare, la produzione di un computer utilizzato per leggere, scaricare le news, l’energia utilizzata durante la lettura delle notizie, le emissioni per la produzione di energia elettrica. Per l’e-reader: scegliere le notizie che gli interessano, ricercarle, la produzione del dispositivo, il download, la lettura, le emissioni.

Calcola l’impatto ambientale di ciò che mangi

Tre studenti danesi dell’Interaction Design Institute di Copenaghen hanno sperimentato, in rappresentazioni fisiche, gli impatti ambientali dei prodotti alimentari. Il loro progetto, intitolato “incontra il cibo che mangi” misura le emissioni di CO2 derivanti dal trasporto degli alimenti e l’importo delle compensazioni necessarie per rimpiazzarle, nel corso di un anno, attraverso altri prodotti alimentari.

Destinato  ad un pubblico vasto e concentrata su un controverso settore di un ciclo di vita della produzione alimentare, questo progetto è stato pensato per far riflettere le persone di tutto il mondo, ma non per dare dati scientifici che sarebbero troppo complicati da calcolare. I ricercatori hanno specificato sul loro sito che:

Questa scala solleva interrogativi sul cibo che si acquista, da dove proviene e come è trasportato. Con un argomento così complesso come le emissioni di anidride carbonica e l’economia globale del cibo, la nostra bilancia è solo un punto di ingresso ed è destinato a sollevare più domande che risposte.

Ma come funziona?

La miniera di São Domingos inquina ancora dopo 40 anni dalla chiusura

Nonostante sia stata chiusa nel lontano 1966, 43 anni fa, la miniera di São Domingos, in Portogallo, situata a cinque chilometri dal confine spagnolo, continua a contaminare le acque del fiume che sfocia nella diga di Chanza, il più grande serbatoio di acqua potabile nella provincia di Huelva. La foto sopra fa alquanto rabbrividire.
Secondo uno studio condotto da un gruppo di scienziati dell’Università di Huelva, pare infatti che l’ossidazione e la dissoluzione di solfuri sono processi che non si sono mai arrestati in quella miniera, attivi ancora oggi, dopo molti anni.

La miniera portoghese di São Domingos si trova insieme ad altre miniere situate sul lato spagnolo, come Rio Tinto o Almagrera. La miniera abbonda di rifiuti altamente contaminanti. Attiva tra 1857 e 1966, nel corso del tempo ha generato sostanze acide a causa dell’ossidazione dei rifiuti solforici.
Secondo Antonio M. Álvarez-Valero, autore dello studio pubblicato recentemente sulla rivista Environmental Geology e attualmente ricercatore presso l’Istituto andaluso di Scienze della Terra (Università di Granada – CSIC):

La preoccupazione è giustificata dal punto di vista ambientale. I rifiuti da cui deriva questa ossidazione generano l’acidificazione delle acque, contaminando il bacino.
E l’acido di scarico di São Domingos colpisce la diga di Chanza,, il più grande serbatoio di acqua potabile che serve Huelva, in quanto le sostanze inquinanti sono sottoposte ad una “relativa attenuazione”.

Valle del Sacco: da disastro ambientale a distretto agroenergetico

La Valle del Sacco è un territorio situato nel Lazio meridionale, tra la provincia di Roma e quella di Frosinone, ed attraversato dal fiume Sacco. Valle fertile e ricca di risorse, dal 2005 si è trasformata in un inferno. Il fiume Sacco, inquinato per anni da sostanze chimiche ed industriali derivanti soprattutto dalle discariche di rifiuti tossici di Colleferro, ha, infatti, contaminato l’intera valle. Nel maggio del 2005 sono state rinvenute sulle sponde del fiume, nel fieno, nel mais e nel latte dei bovini quantità elevate di una sostanza tossica per l’uomo e vietata in Italia dal 2001. Si tratta del beta-esaclorocicloesano, una sostanza oleosa derivante dal pericoloso pesticida lindano. Da allora il governo ha bloccato l’attività di numerose aziende del luogo, l’uso dei foraggi, la produzione di latte e carne ed è ha dichiarato lo stato d’emergenza per i comuni di Colleferro; Gavignano; Segni; Paliano; Anagni; Sgurgola; Morolo; Supino, Ferentino.
Nonostante la difficilissima situazione in cui verte la Valle del Sacco si sta, da diversi anni, lavorando al suo recupero.

Italia diffidata dall’Ue: troppo inquinamento

L’Italia fa la cattiva e l’Unione Europea la mette in punizione. Dopo mesi di rilevazioni in tutta la Comunità, ben poche sono risultate le nazioni che hanno preso i provvedimenti adatti alle direttive ambientali imposte dai precedenti trattati, e quindi saranno in molte a dover rispondere delle loro azioni (o meglio, delle loro non-azioni).

Ma questo non ci deve essere di sollievo in quanto, se pure gli altri Paesi non sono stati così attenti, l’Italia risulta sempre il Paese peggiore, tanto da essere l’unico ad aver subito la diffida che, se non risolta in breve tempo, porterà all’inasprimento della procedura d’infrazione per il nostro Paese, che significa l’ennesima multa che dobbiamo pagare a causa della nostra cattiva politica.

La Provincia di Modena compra un pezzo di Costarica (illegalmente)

Come si dice in Italia, fatta la legge, trovato l’inganno. Un’idea molto apprezzabile della Provincia di Modena si è trasformata in un tentativo di raggiro (non si sa quanto in buona fede) della legge, con conseguenti ammende ai poveri cittadini ignari di quello che stava accadendo.

Tutto è cominciato quando, due anni fa, i dirigenti della Provincia hanno deciso di iniziare delle azioni umanitarie in Costarica e Nicaragua, per tentare di salvare alcuni pezzi delle foreste tropicali. L’idea di base era duplice: acquistare pezzo per pezzo interi ettari di alberi per preservarli dalla distruzione, e nel contempo istruire la popolazione locale alla salvaguardia ambientale. Tutte opere lecite ed apprezzabili, fino a quando qualcuno ha deciso di rovinare tutto facendole comparire nei bilanci della Provincia nel tentativo di sfruttarle per ottenere “crediti ecologici” come prevede il Protocollo di Kyoto. In pratica l’opera di beneficenza si è tradotta in un’opera di sfruttamento. Ovviamente tutto è stato bloccato.

Dall’Arabia Saudita arrivano le pietre che assorbono l’inquinamento

Il principe Abdulrahman Bandar Al-Saud, nipote del re dell’Arabia Saudita, ha fatto una scoperta che, se confermata, potrebbe essere una delle soluzioni per il problema inquinamento. Durante il suo dottorato di ricerca presso l’Università britannica Queen’s University Belfast’s School of Chemistry and Chemical Engineering, il principe Abdulrahman ha scoperto che esistono alcune rocce, molto comuni nel suo Paese, in grado di assorbire l’inquinamento atmosferico ed idrico.

Secondo la sua scoperta, le pietre antiche sono in grado di formare un elemento chiamato “carbone attivo” che, se lavorato, diventa estremamente poroso. Questa porosità gli consente di assorbire altro materiale, che potrebbe essere proprio il carbonio diffuso nell’aria, ma anche gli agenti chimici che inquinano le acque, in maniera tale da ridurli, inglobandoli in sè.