Il 73% della popolazione mondiale ritiene che il riscaldamento globale sia la priorità della politica del futuro

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La maggior parte della gente di tutto il mondo vuole che i propri Governi mettano al primo posto dell’agenda politica il problema del cambiamento climatico, secondo un nuovo sondaggio di livello mondiale che ha coinvolto 18.578 persone in 19 Paesi. Purtroppo per Barack Obama, che ha messo la riforma dell’energia tra le priorità della Casa Bianca, gli americani non sono tra questi.

Solo il 44% degli americani pensa che il cambiamento climatico debba essere una delle principali preoccupazioni per l’amministrazione Obama. Gli unici altri due Paesi a cui non interessa che i propri Governi si impegnino nella lotta contro i cambiamenti climatici sono l’Iraq e i territori palestinesi. In altri 15 paesi se vi è stato un forte sostegno ad affrontare il cambiamento climatico.

Scioglimento del permafrost, l’ultima bomba per il riscaldamento climatico rischia di scoppiare

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Il terreno del Nord Slope dell’Alaska non è calpestabile, e così Andrew Jacobson ha ancora difficoltà ad effettuare escursioni lungo la tundra spugnosa, che è piena di rocce e maschera le moltitudini di zanzare. Jacobson, un professore di scienze della terra e planetarie della Northwestern University, ha estratto campioni del suolo e delle acque in cerca di indizi di uno dei più grandi rischi per il riscaldamento globale: lo scioglimento del permafrost.

Il permafrost, o terreno congelato, copre circa il 20-25% della superficie terrestre nell’emisfero settentrionale, ed è stimato che contenga fino a 1600 gigatonnellate di carbonio, principalmente sotto forma di materia organica (un gigatone è equivalente ad un miliardo di tonnellate). In confronto, l’atmosfera contiene oggi circa 825 gigatonnellate di biossido di carbonio, circa la metà.

La denuncia del Bangladesh: “per salvarci abbiamo bisogno di oltre 4 miliardi di dollari”

bangladesh-alluvioneLa città di Dhaka, in Bangladesh, ha appena registrato più pioggia in un solo giorno rispetto a quanto ha visto in oltre mezzo secolo (33 centimetri caduti in 12 ore). Questo evento ha fatto sembrare ancora più opportuno quello che il Ministro dell’Ambiente Mustafizur Rahman ha appena richiesto: 4,35 miliardi di dollari per i progetti contro il cambiamento climatico, per far adattare la nazione e renderla al passo con i tempi.

Se sarà in grado di ottenere i fondi, i progetti, illustrati dal Gulf Times saranno spesi per costruire e rafforzare gli argini e le strade, per la costruzione di migliaia di ricoveri, per il dragaggio dei fiumi principali, per l’impianto di alberi lungo la fascia costiera, la bonifica del territorio e del mare.

Per quanto riguarda il modo per finanziare tutto questo, ha spiegato il Ministro Rahman, il Bangladesh ha bisogno dell’aiuto della Banca Mondiale, della Asian Development Bank e di un finanziamento da parte delle nazioni ricche del mondo.

Usa: Bush censurava le foto dello scioglimento dei ghiacciai, ecco la verità

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Uno scandalo rischia di scuotere l’America. Nel Paese della libertà di stampa e di parola, è stato appena smascherato uno dei più grandi imbrogli da quando il riscaldamento globale sta cominciando a preoccupare gli scienziati di tutto il mondo. La precedente amministrazione americana, quella guidata dal petroliere George W. Bush, aveva secretato tutti i documenti che dal 2004 al 2009 provavano gli effetti dei cambiamenti climatici.

Per fortuna oggi arriva la notizia che alcuni di essi, ed in special modo le foto dei satelliti NASA, sono miracolosamente spuntati fuori dai cassetti, e tutto lascia intendere che ciò sia avvenuto perché il nuovo presidente, Barack Obama, ha una visione del mondo diametralmente opposta rispetto al suo predecessore.

Tuvalu: la nazione che rischia di sparire diventerà 100% ecologica entro 10 anni

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Tuvalu, la quarta più piccola nazione del pianeta, ha annunciato che mira ad essere completamente alimentata da fonti energetiche rinnovabili entro il 2020. Situato tra le Hawaii e l’Australia, la piccola nazione del Pacifico è uno dei pochi Paesi a fare qualcosa di concreto per combattere i cambiamenti climatici, forse perché è una di quelle che rischiano di sparire a causa degli effetti negativi dell’aumento del livello del mare.

La massima altezza sul livello del mare che l’isola raggiunge è soli 4,5 metri, e così le maree sono diventate sempre più dannose nel corso degli ultimi 10 anni, minacciando le abitazioni e il tenore di vita dei suoi 12.000 abitanti. Il governo di Tuvalu lavora con l’E8, un consorzio di 10 aziende di energia delle nazioni del G8 istituito dopo il Vertice della Terra di Rio 1992, come organizzazione no-profit. Il Governo di Tuvalu stima che ci vorranno circa 20 milioni di dollari in investimenti per raggiungere l’obiettivo del 100% di energia pulita entro il 2020.

10 miliardi di dollari, un buon inizio per aiutare il Terzo mondo nella lotta al riscaldamento globale

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Molti dei Paesi più poveri del mondo sono quelli che sentono maggiormente gli effetti del cambiamento climatico. Tre mesi fa questi Governi hanno chiesto alle nazioni più ricche di promettere maggiori impegni finanziari per aiutarli ad adattarsi al riscaldamento globale. Considerando le circostanze storiche che si allineano in questa situazione, direttamente legate alla industrializzazione, non è un’iniziativa sbagliata. A questo punto l’alto funzionario al clima delle Nazioni Unite, Yvo de Boer, ha quantificato la somma che i Paesi ricchi dovranno stanziare. De Boer, secondo la BBC, ha definito che 10 miliardi di dollari (circa 7 miliardi di euro) sono un “buon inizio”. Così ha dichiarato alla televisione britannica:

Questo denaro,  permetterà ai Paesi in via di sviluppo di iniziare la preparazione dei piani nazionali per limitare le proprie emissioni, e per adattarsi ai cambiamenti climatici.

Considerato che la Cina, l’India e il Sud Africa hanno bisogno di circa 200 miliardi di dollari l’anno per la lotta contro i cambiamenti climatici, e che questa sarebbe solo una piccola percentuale del PIL dei Paesi ricchi del mondo, la più bassa cifra di 10 miliardi di dollari, è dunque solo un inizio.

Hawaii: la popolazione marina rischia di estinguersi

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Le barriere coralline sono in grave pericolo. Stanno cominciando a cambiare e, se non si interviene ora, non ci saranno più barriere coralline entro il prossimo secolo

spiega Ku’ulei Rodgers, Assistente Ricercatore presso l’Istituto di Biologia Marina di Honolulu, Hawaii. Rodgers dal 1998 ha contribuito allo sforzo di tutto lo stato delle Hawaii di monitorare le barriere coralline in un progetto chiamato Hawaii Coral Reef Assessment & Monitoring Program (CRAMP).

La ricerca si basa sull’interazione tra il riscaldamento del pianeta e quello del mare che crea problemi al mondo delle barriere coralline. Esse servono come un rifugio per la vita degli oceani, tanto che alcuni li chiamano le “foreste pluviali del mare” per descrivere la grande varietà della vita che pullula in queste scogliere.

Attività solare più riscaldamento globale aumentano le possibilità di fenomeni come El Niño

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Quando il sole è più caldo, può avere un impatto sul clima della Terra in modo simile ad eventi come El Niño e La Niña, secondo un nuovo studio effettuato in Colorado. Il sole effettua un ciclo di circa 11 anni, durante il quale l’attività sulla sua superficie si intensifica o si dissipa. Si tratta di un segnale facile da osservare osservando il numero di macchie solari che punteggiano la sua superficie. La portata totale di energia della Terra dal sole varia in base al solo 0,1% di tutto il ciclo solare.

Gli scienziati hanno cercato per decenni di collegare questi alti e bassi al naturale clima della Terra e alle variazioni climatiche, e per distinguere i suoi sottili effetti dal più grande modello di surriscaldamento globale causato dall’uomo. Ma questo legame si è dimostrato difficile da trovare.

Gli scienziati del National Center for Atmospheric Research (NCAR) a Boulder, Colorado, hanno utilizzato modelli climatici di più di un secolo di temperaturature oceaniche record per trovare una connessione tra loro. Spiega Gerald Meehl, leader dello studio:

Abbiamo precisato gli effetti di un nuovo meccanismo per capire cosa accade nel Pacifico tropicale, quando vi è un massimo di attività solare. Quando c’è un picco di sole, avviene un forte impatto sulle zone tropicali e sulle precipitazioni atmosferiche di tutto il mondo.

I risultati del modello, pubblicati sul Journal of Climate, hanno dimostrato che quando il sole raggiunge il massimo di attività, si riscaldano le parti senza nubi dell’Oceano Pacifico sufficientemente per aumentare l’evaporazione, la pioggia tropicale ed intensificare gli alisei, raffreddando il lato orientale del Pacifico tropicale.

Italiani sempre più preoccupati dai cambiamenti climatici

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Nonostante il Governo italiano stia prendendo meno provvedimenti, rispetto agli altri Paesi Occidentali, per contrastare i cambiamenti climatici, gli italiani sembrano sempre più preoccupati di ciò che potrà accadere in futuro. A spiegarlo è stato un sondaggio commissionato da Bruxelles all’Eurobarometro, da cui è risultato un dato sorprendente: se gli europei sono preoccupati dei cambiamenti climatici, gli italiani lo sono ancora di più.

Infatti la media europea, su un totale di 30 mila persone intervistate, sulla percezione del pericolo dei mutamenti climatici afferma che per il 2% il riscaldamento globale non è una priorità e non è da annoverare nemmeno tra i problemi più urgenti. In Italia invece è solo l’1% a pensarla così, segnale che si tratta di un problema molto sentito, e che pare essere avvertito più dalle donne che dagli uomini.

Un altro grande fiume rischia di sparire: il Colorado

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C’è una chance su due che l’acqua dei serbatoi del Colorado River sarà completamente prosciugata entro il 2050 se le pratiche di gestione delle risorse idriche rimarranno invariate in un mondo in cui la temperatura si sta sempre più elevando. Circa 30 milioni di persone (soprattutto in Arizona e California del Sud) dipendono dal fiume Colorado per bere ed irrigare i campi.

Il sistema del fiume Colorado “festeggia” in questi giorni il decimo anno di siccità, con la riserva idrica che attualmente è al 59%. Studi precedenti hanno messo in guardia verso la potenziale scarsità d’acqua risultante dai cambiamenti climatici. La crescita della popolazione della regione continua ad esercitare pressioni sulle risorse idriche del deserto occidentale, aggravando ulteriormente la situazione.

Per l’ecologismo del futuro c’è bisogno di un nuovo programma Apollo

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In questi giorni si sta celebrando in tutto il mondo il 40° anniversario della “conquista del suolo lunare” portata a termine da Neil Armstrong e Buzz Aldrin in una serata estiva che è passata alla storia. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, il progetto che è stato avviato, durato 8 anni, era chiamato “Programma Apollo“. Oggi la Terra si appresta ad affrontare un nuovo progetto altrettanto ambizioso, per il quale ci sarà bisogno probabilmente di un altro programma Apollo per affrontare il cambiamento climatico. Dopotutto, come si stanno chiedendo molte associazioni ambientaliste negli ultimi tempi: “se siamo riusciti ad arrivare sulla luna, perché non possiamo risolvere i nostri problemi energetici?”

Nel 1961, quando la NASA stava cercando di capire come raggiungere la luna, i due principali approcci presi in considerazione furono il volo diretto, in cui un gigantesco razzo sarebbe dovuto andare dritto verso la luna, oppure agganciare il satellite attraverso l’orbita terrestre. Ma per il trasporto di carburante sufficiente a decollare, sbarcare sulla luna e ritornare, c’è stato bisogno di un grosso veicolo spaziale.

Il fallimento dell’AIG colpisce anche gli impegni sul cambiamento climatico

AIG

L’incredibile caduta di AIG ha lasciato un certo numero di problematiche sulla sua scia: miliardi di dollari volatilizzati, grandi domande sul regolamento federale degli investimenti, e, naturalmente, licenziamenti. Ma l’ultimo obiettivo fallito che potrebbe essere il più sorprendente di tutti è stato perdere un forte alleato contro il cambiamento climatico globale.

AIG, prima di fallire, aveva lanciato un nuovo ambizioso programma progettato specificamente per far fronte a tutto ciò che riguarda il cambiamento climatico. Secondo Climate Wire, la controversa decisione di AIG di entrare nel business dei cambiamenti climatici, dopo aver sostenuto alcune società petrolifere, stava per portare la società in un progressivo e piuttosto ambizioso terreno.

La società stava accelerando verso i suoi nuovi obiettivi per invertire le sue emissioni di gas a effetto serra, stava sviluppando polizze assicurative per i fornitori di energia rinnovabile, e stava studiando gli strumenti finanziari che avrebbero potuto aiutare le innovazioni nel mondo dell’ecologia. AIG è stato incoronato leader nella lotta al cambiamento climatico.

Gli elefanti marini si spostano a causa dei cambiamenti climatici

elefanti-marini-cambiamenti-climaticiGli elefanti marini si spostano sulla scia dei repentini cambiamenti climatici in corso, modificando velocemente abitudini e luoghi di riproduzione proprio sulla base degli attuali stravolgimenti ambientali.
Una recente ricerca ha individuato uno spostamento di decine di chilometri delle colonie di elefanti marini, riconducibile alle esigenze di adeguarsi al ritiro dei ghiacciai.

Un team internazionale di ricerca, tra cui il Dott. Marco de Bruyn e studiosi provenienti da Stati Uniti, Sud Africa e Italia, guidato dal professor Rus Hoelzel dell’Università di Durham, ha scoperto che quando il ghiaccio antartico del Mare di Ross si ritirò nel periodo Olocene 8.000 anni fa, gli elefanti marini (Mirounga Leonina), adottarono un nuovo habitat stabilendo una nuova colonia che prosperò abbastanza velocemente.

Rallentare il riscaldamento globale mangiando carne è possibile

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Mangiare più carne bovina può rallentare il riscaldamento globale? Sembra un controsenso, ma può essere così. I bovini potrebbe essere una parte dell’intera equazione ecologica per risolvere i cambiamenti climatici e il ripristino della biodiversità degli ecosistemi. Le mucche possono alleggerire il danno umano se sono allevate in modo sostenibile.

Quando si tratta di riscaldamento globale, un numero crescente di persone punta il dito contro il consumo di carne. Questa prospettiva viene spiegata dal Dott. Rajendra Pachauri, presidente del Gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che ha riferito all’Observer:

La dieta è un’importante causa delle enormi emissioni di gas serra e di altri problemi ambientali, come la distruzione degli habitat, associata alll’allevamento di bovini e altri animali. La produzione di carne rappresenta quasi un quinto delle emissioni globali di gas serra. Queste vengono generate durante la produzione di mangimi per animali, per esempio, mentre i ruminanti, in particolare per le vacche, emettono metano, che è 23 volte più efficace come agente di riscaldamento globale dell’anidride carbonica.

Poiché il metano è un gas a effetto serra denso di CO2, ha un maggiore effetto negativo complessivo sulla Terra. Ma eliminare del tutto dalle diete i ruminanti sconvolgerebbe profondamente la nostra capacità di recuperare CO2 e produrre acqua per i campi.