L’Asian Pulp & Paper (APP), colosso della carta sino-asiatico appartenente al gruppo Sinar Mas, per troppa avidità smentisce sé stesso. Accettando di non convertire in arboricoltura da carta alcuni ettari di bosco in Sumatra intasca un lauto pagamento per le quote carbonio risparmiate. Facendo ciò ammette pubblicamente, e addirittura quantifica, il danno ambientale che la conversione della foresta pluviale primaria in boschi monospecifici di acacie produce, conversione che l’azienda porta avanti da anni dichiarandola una pratica a impatto ambientale quasi nullo.
Lo scorso luglio una lettera sottoscritta da 40 associazioni ambientaliste e rimbalzata poi nella rete da Wwf, Terra! e Greenpeace, richiedeva alle industrie della carta di non acquistare più dall’Asian Pulp & Paper. Tempo dopo Burger king, Kraft, Nestlè ed altre aziende hanno rescisso pubblicamente gli accordi per le forniture di olio di palma dal gruppo Sinar Mas a causa delle
“fondate preoccupazioni su alcune delle pratiche di sostenibilità nella produzione di olio di palma e sul loro impatto sulla foresta pluviale”.

Questo è il costo che noi europei paghiamo ogni anno per la perdita di specie animali e vegetali, estinte a causa dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici. Il monito arriva dall’Europa dopo l’esito del vertice di Copenaghen dello scorso dicembre e rilancia la biodiversità e la difesa del patrimonio ambientale perché, come ha dichiarato il tedesco Jo Leinen,Presidente della Commissione ambiente dell’Europarlamento
