La Groenlandia si scioglie. E rapidamente

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La Groenlandia sempre più in pericolo. I suoi bianchissimi ghiacci si assottigliano, e lo fanno sempre più rapidamente. Più di quanto si immaginasse, e ad una velocità sempre più elevata che di anno in anno aumenta anziché arrestarsi. Non è certamente una bella notizia quella che emerge da uno studio della Utrecht University e pubblicata sulla rivista Science.

Lo studio coinvolge un arco di tempo che va dal 2000 all’anno scorso, il 2008. I ricercatori hanno osservato che scioglimento dei ghiacci in Groenlandia ha provocato un innalzamento del livello dei mari pari a quasi 0,46 millimetri ogni 12 mesi. E si sono perse 273 miliardi di tonnellate di ghiaccio. La situazione è precipitata in particolar modo dal 2006 in avanti, con un aumento medio di 0,75 millimetri in un solo anno.

Lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe avere dei lati positivi

antartica revealed

Il British Antarctic Survey (BAS), ha studiato a lungo i ghiacciai in Antartide, e ha guardato la superficie della loro riduzione. Con il ritiro dei ghiacciai, una maggiore quantità d’acqua è esposta, e l’autore principale dello studio, il professor Lloyd Peck, ha constatato che grandi quantità di piccole piante marine chiamate fitoplancton fioriscono nelle zone in cui l’acqua dolce è maggiormente esposta a causa della fusione.

Questa colonizzazione sta avendo un notevole impatto positivo sul cambiamento climatico. La clorofilla e altri pigmenti sono usati dal fitoplancton per assorbire la luce solare per la fotosintesi, e quando le piante crescono in gran numero, cambiano il modo in cui la superficie dell’oceano riflette la luce del sole. Essi sono inoltre alla base della catena alimentare dell’oceano. Animali come spugne e coralli consumano fitoplancton. Possono vivere per decenni o centinaia di anni e quando muoiono si depositano sul fondo del mare dove sono sepolti e possono così stoccare il carbonio per migliaia o milioni di anni sotto la superficie del mare.

L’innalzamento delle acque è già realtà in Gran Bretagna

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Un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università di Southampton ha scoperto che il livello del mare è aumentato in tutta la costa meridionale dell’Inghilterra nel secolo scorso, aumentando notevolmente il rischio di inondazioni durante le tempeste. Il team ha condotto un’importante operazione di raccolta dei dati, che riunisce record informatici e cartacei provenienti da tutto il Sud dell’Inghilterra, dalle isole Scilly fino a Sheerness, per formare un unico insieme di dati del livello del mare della costa Sud attraverso gli anni.

Il loro lavoro ha preso in considerazione circa 150 anni di dati storici per poter valutare l’attuale variazione del livello del mare inglese ed estendere i dati lungo la costa meridionale. I loro risultati sono stati pubblicati nell’ultima edizione della rivista Continental Shelf Research.

Le temperature artiche oggi sono le più calde degli ultimi 2000 anni

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Le temperature dell’aria artica negli anni ’90 sono state le più calde degli ultimi 2.000 anni e sono il risultato di livelli crescenti di gas a effetto serra. I risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science suggeriscono anche che se non fosse per gli inquinanti artificiali, le temperature in tutto il Polo Nord si starebbero in realtà raffreddando a causa di motivi climatici naturali.

Questo risultato è particolarmente importante perché l’Artico, forse più di ogni altra regione della Terra, si trova ad affrontare l’impatto drammatico dal cambiamento climatico. Questo studio ci fornisce una registrazione a lungo termine che rivela come i gas a effetto serra causati dalle attività umane stanno schiacciando il sistema del clima naturale nell’Artico

ha spiegato un membro del team, David Schneider del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica (NCAR). I ricercatori hanno scoperto questa tendenza mascherata al raffreddamento ricostruendo le temperature artiche nel corso degli ultimi due millenni, con dati provenienti da sedimenti del lago artico, ghiacciai e dagli anelli degli alberi, ciascuno dei quali fornisce documentazione dei cambiamenti nelle temperature fino a quel momento.

Terza conferenza mondiale sul clima, Ban Ki-moon: ci dirigiamo verso l’abisso

Ban-Ki-MoonCambiamenti climatici, conseguenze del riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai: questi alcuni dei temi toccati nel corso della Terza Conferenza mondiale sul clima, in corso a Ginevra. Ban Ki-moon, il segretario generale dell’Onu, ammonisce:

Abbiamo il piede sull’acceleratore e ci stiamo dirigendo verso l’abisso. Abbiamo scatenato forze potenti ed imprevedibili, il cui impatto è  già visibile. L’ho osservato con i miei occhi.

Il riferimento è alla recente visita compiuta da Ban Ki-moon al Polo per testare personalmente lo stato in cui versano i ghiacciai e portare una testimonianza ancora più vivida ed efficace alla Conferenza sul clima. Il segretario generale dell’Onu si è recato a  Ny-Aalesund, la località più settentrionale al mondo, localizzata a soli 1.231 chilometri dal polo nord. E’ la prima volta che un segretario generale dell’Onu visita Ny-Aalesund.

Scioglimento del permafrost, l’ultima bomba per il riscaldamento climatico rischia di scoppiare

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Il terreno del Nord Slope dell’Alaska non è calpestabile, e così Andrew Jacobson ha ancora difficoltà ad effettuare escursioni lungo la tundra spugnosa, che è piena di rocce e maschera le moltitudini di zanzare. Jacobson, un professore di scienze della terra e planetarie della Northwestern University, ha estratto campioni del suolo e delle acque in cerca di indizi di uno dei più grandi rischi per il riscaldamento globale: lo scioglimento del permafrost.

Il permafrost, o terreno congelato, copre circa il 20-25% della superficie terrestre nell’emisfero settentrionale, ed è stimato che contenga fino a 1600 gigatonnellate di carbonio, principalmente sotto forma di materia organica (un gigatone è equivalente ad un miliardo di tonnellate). In confronto, l’atmosfera contiene oggi circa 825 gigatonnellate di biossido di carbonio, circa la metà.

Gli elefanti marini si spostano a causa dei cambiamenti climatici

elefanti-marini-cambiamenti-climaticiGli elefanti marini si spostano sulla scia dei repentini cambiamenti climatici in corso, modificando velocemente abitudini e luoghi di riproduzione proprio sulla base degli attuali stravolgimenti ambientali.
Una recente ricerca ha individuato uno spostamento di decine di chilometri delle colonie di elefanti marini, riconducibile alle esigenze di adeguarsi al ritiro dei ghiacciai.

Un team internazionale di ricerca, tra cui il Dott. Marco de Bruyn e studiosi provenienti da Stati Uniti, Sud Africa e Italia, guidato dal professor Rus Hoelzel dell’Università di Durham, ha scoperto che quando il ghiaccio antartico del Mare di Ross si ritirò nel periodo Olocene 8.000 anni fa, gli elefanti marini (Mirounga Leonina), adottarono un nuovo habitat stabilendo una nuova colonia che prosperò abbastanza velocemente.

Con lo scioglimento dei ghiacciai l’Artico potrebbe diventare la “mensa” degli animali

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“Pieno di vita” non può essere la descrizione che scaturisce alla mente quando si pensa al Mare Glaciale Artico, ma potrebbe presto cambiarlo se il peso del riscaldamento globale fosse rimosso delle regioni ghiacciate.

Uno studio di ciò che l’Artico sembrava fino a poco prima che i dinosauri fossero cancellati dal pianeta ha fornito un assaggio di ciò che potrebbe essere quello di che potrebbe ridiventare tra qualche decennio. Alan Kemp del Centro nazionale di Oceanografia e i suoi colleghi di Southampton hanno utilizzato potenti microscopi per ispezionare i carotaggi di fango estratti dal fondo del Mare Glaciale Artico. Hanno trovato strati successivi di piccole alghe chiamate diatomee. Il modello dei livelli e la distribuzione delle diatomee fornisce una prova evidente che l’Artico è stato privo di ghiaccio durante l’estate e, al contrario di recenti studi, spesso oggetto di glaciazioni durante l’inverno.

Anno 2050: i ghiacciai delle Alpi non esisteranno quasi più

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I ghiacciai di tutto il mondo si stanno sciogliendo, e questo lo si sapeva da tempo. Ma finché queste cose accadono alle grandi catene montuose asiatiche o sudamericane, la politica italiana fa finta di nulla. Se però questo fenomeno comincia ad accadere anche in Italia, e specialmente nelle zone a maggiore attrazione turistica come le Alpi, allora forse qualcosa è destinato a muoversi.

A lanciare l’allarme è il WWF che in occasione dell’inaugurazione di una nuova stazione di monitoraggio della flora alpina sulle cime delle Alpi Orobie, Lombardia, ha fatto il punto della situazione, snocciolando dati alquanto spaventosi. Pare infatti che tra il 1850 ed il 1980 i ghiacciai delle Alpi abbiano perso un terzo della loro massa. Dal 1980 al 2009 si è perso circa il 20-30%. In parole povere il surriscaldamento globale ha fatto sì che negli ultimi 30 anni si sia sciolto tanto ghiaccio quanto se ne è perso nei 130 anni precedenti.

Innalzamento del livello del mare: troppo tardi per fermarlo

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In tutto il mondo i Governi si stanno attrezzando per tentare di fermare l’inquinamento che, tra le sue conseguenze, ha l’innalzamento dei livelli del mare. Un innalzamento catastrofico perché spazzerebbe intere città costiere, e che già in alcuni Paesi ha fatto vedere ciò che è capace di fare, sommergendo definitivamente alcuni villaggi e isole.

Secondo i dati elaborati dal Centro nazionale di oceanografia di Southampton (Nocs), e dell’Università di Tubinga, in Germania, abbiamo raggiunto un livello di concentrazioni di CO2 nell’atmosfera per cui il livello del mare è destinato a salire di 25 metri entro i prossimi 2000 anni, molto di più di quanto previsto inizialmente dagli scienziati di mezzo mondo, le cui previsioni parlavano di non più di 7 metri. E se già 7 metri sarebbero bastati per far sparire città come Venezia, figuriamoci cosa potranno fare i 25 prospettati da questi scienziati.

La Groenlandia si sta sciogliendo, New York è destinata a sparire

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New York, Boston, Halifax e altre città nel nord-est degli Stati Uniti e del Canada potrebbero essere sotto la minaccia di un maggiore aumento del livello del mare a causa dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia entro questo secolo.

La Groenlandia è l’isola più grande del mondo. Essa copre una superficie superiore a 7 volte l’Italia ed è coperta per l’84% dal ghiaccio. Il problema è che oggi molti ghiacciai lentamente si stanno sciogliendo, o rischiano di sciogliersi nel giro di pochi decenni.

Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, ritiene che se il ghiaccio della Groenlandia si scioglie a moderata velocità e che, mantenendo questo tasso, entro il 2100 avrà innalzato il livello del mare tanto da minacciare la costa nord-orientale del Nord America, crescendo di circa 30-50 centimetri più che in altre zone costiere.

Iceberg di Wilkins, secondo distacco in due anni

La situazione dello scioglimento dei ghiacciai sta peggiorando a vista d’occhio, e sono in pochi a rendersene conto. Il Polo Sud, il serbatoio del 91% del ghiaccio del pianeta, si sta lentamente (e nemmeno tanto lentamente) sciogliendo, mettendo in serio pericolo l’uomo a causa dell’innalzamento delle acque e migliaia di specie animali che vedono distruggere il proprio habitat.

Un anno fa di questi tempi, era il 28 marzo 2008, il primo distacco di un iceberg dalla Wilkins Ice Shelf, una delle più grandi montagne di ghiaccio al mondo, che dopo millenni perse un primo pezzo della grandezza di 40 km di lunghezza per 500 metri di larghezza. Oggi, ad un anno di distanza, con il nuovo innalzamento delle temperature, arriva la notizia di un nuovo distacco. Ma stavolta ben più grave. La lunghezza dell’iceberg che pian piano si allontana dal Polo Sud è quasi uguale, 41 km, ma è molto più largo, circa 2,5 km, praticamente quanto l’intera Giamaica.

Innalzamento del livello del mare riscriverà le mappe delle zone abitate

L’innalzamento del livello del mare causato consequenzialmente dal riscaldamento climatico e dallo scioglimento dei ghiacciai porterà ad una vera e propria riscrittura della mappa delle zone abitate e ad una migrazione delle popolazioni interessate in primo luogo dal fenomeno verso territori interni. Un cambiamento che non sarà solo locale ma interesserà e sarà avvertito a livello globale, perchè andrà ad intaccare e a modificare senza vie di ritorno l’economia delle popolazioni costiere, costrette ad abbandonare le terre sommerse.

L’unica via di scampo sembra quella di affidare ai modelli matematici un calcolo approssimativo di dove, quando e come alcune aree costiere ora densamente popolate andranno a scomparire, con l’intento di arginare sin da ora i danni, essere preparati ad ogni evenienza e garantire alle popolazioni interessate un futuro.
Un primo approccio matematico al problema è stato tentato da un gruppo internazionale di scienziati: Sajjad Zahir della University of Lethbridge, Alberta, Canada, Ruhul Sarker della University of New South Wales, Canberra, Australia e Ziaul Mahmud del Lethbridge Community Network. Gli studiosi hanno elaborato un algoritmo matematico per affrontare il problema della delocalizzazione della popolazione.

Lo scioglimento dei ghiacciai modifica il confine tra Italia e Svizzera

Lo scioglimento dei ghiacciai non è, come abbiamo visto, soltanto un problema ambientale, ma è anche economico, sociale, e da oggi anche politico. Il danno che l’uomo sta facendo alla natura, con l’inquinamento che ha come ultima conseguenza l’innalzamento delle temperature e lo scioglimento dei ghiacciai, sta presentando sempre più spesso il suo conto da pagare.

La novità sulla vita umana è rappresentata dallo scioglimento dei ghiacciai delle Alpi che ci separano dalla Svizzera. Finora infatti le convenzioni tra i due Paesi tenevano conto del fatto che d’estate i ghiacciai regredivano, mentre d’inverno avanzavano, così da ristabilire più o meno sempre gli stessi confini politico-naturali. Ma questa “altalena” è finita in quanto, anno dopo anno, al ritiro dei ghiacciai non conseguiva di nuovo l’avanzamento invernale, nemmeno quest’anno in cui le temperature sono state più rigide.